Skip to main content

Ce ne sono tante.
Quasi tutte tristi, alcune orride, pochissime fondamentali.
Cominciamo da quest’ultime, che si riassumono nella foto che fissa le lacrime di Emma Bonino all’approvazione del biotestamento. Rimarranno nella storia e nel cuore.

Alla rinfusa quelle orride, dalla cattura dell’assassino Igor alla decisione del Sindaco di Como, che proibisce di dare bevande ai poveri. Poiché disturba il Natale e lo shopping: “ogni mattina un gruppo informale di volontari porta un po’ di latte e pane ai senza dimora, che vivono sotto i portici dell’ex chiesa di San Francesco. Ma ora non possono più farlo, dopo che il sindaco di Centrodestra, Mario Landriscina, ha emesso un’ordinanza per la “tutela della vivibilità e del decoro del centro urbano””.
Le banche e i pasticci della femme fatale dal nome emblematico, Maria Elena. Si scatena la nuova Iliade. Non si tratta di conquistare Troia, ma Arezzo….
La guerra delle calotte. Siamo alla Batratomiomachia (per i non intendenti la “guerra tra i topi e le rane”) dove i topi ci stanno in quanto razzolano tra i rifiuti sparsi attorno ai monumenti della città delle 100 (facciamo mille dai!!!) meraviglie e al posto delle rane il servizio offerto da Hera.

Quelle tristi.
A cominciare dal fallimento della fabbrica dei cappelli Borsalino. Un mito che scompare non solo per l’abbigliamento ma per la cultura.
Insomma, in attesa di un orrido abbinamento (e qui il maestrino esibisce un perfetto aggettivo radical chic: teratologico…) tra i M5 stelle e Liberi e uguali con un Pd derenzizzato godiamoci il Natale oeconomicus tra sbandieramenti da bancarella e furtivi saldi nei negozi ‘su’ in attesa di concludere la festa con l’incendio del Castello, pratica orrida consumata tra le maledizioni della mia Lilla che in quell’occasione ripudia, la strada, il quartiere, la città.

L’altra sera, smesso i panni del casalingo, mi concedo il gusto d’andar al cinema da solo, come un tempo quando a Firenze barattavo il buono pasto della mensa a 50 lire in meno e me li spendevo al cinema. Naturalmente la scelta si rivolge all’ultimo Woody Allen, ‘La ruota delle meraviglie’. Un film bellissimo e disperato, come solo i geni sulla via del tramonto sanno fare, e naturalmente per nulla natalizio. Woody sta entrando nel film, sbaglia l’opera, ma dall’errore esce un capolavoro aiutato dalla strepitosa fotografia di Vittorio Storaro e dalla recitazione di Kate Winslet e Jim Belushi. Come è stato scritto: “Chissà da dove arriva questo equilibrio dell’ottanduenne regista, forse dalla dolorosa, – lui direbbe semplicemente “fastidiosa” – percezione che gli anni avanzano, la prospettiva si è accorciata e sì, si può ancora scherzare, ma qualche indicazione diversa, profonda, è bene darla, a sé stesso e agli altri”?
Un avvertimento che chi scrive ed è così vicino d’età al grande regista riesce a capire in tutta la sua complessità e letterarietà. Si sono sprecati i nomi di Tenessee Williams, perfino di Jane Austen, esplicitamente citata nel colloquio del bagnino con il collega filosofo a proposito di ‘Ragione e sentimento’, per arrivare a Shakespeare, tappa finale di una contemplazione dell’esistenza non più recitata o sperimentata nelle stanze del potere o del lusso, bensì in un rifugio da topi di fronte alla ruota delle meraviglie sulla spiaggia di Coney Island. Chi scende dalla ruota delle meraviglie sembra aver perduto la chance di essere per un momento veri e si ritrova in un mondo alienato che con la durezza e la disperazione tipica della american way life il cui perno ora si attesta sul suo presidente Trump e che inesorabilmente lo conduce a condurre una vita dimezzata. E non a caso sempre più la vita di Ginny assomiglia a quella di Blanche di ‘Un tram chiamato desiderio’. Nella tarda età capisco l’angoscia di vivere nell’America dei miei sogni giovanili perché so che comunque qui in Europa quando si discenda dalla ruota delle meraviglie ci sono sempre Venezia, Parigi come l’anziano Woody ben sa.

Ripartiamo o perlomeno io ripartirò da letture bellissime come lo strepitoso ‘Keyla’ di Singer o ‘Il viaggio di Yash’ che mi attende. Arriverà con la posta il librone – 800 pagine – degli Atti su ‘Gli intellettuali/ scrittori ebrei e il dovere della testimonianza’, a cura di Anna Dolfi, ennesimo omaggio a Giorgio Bassani che verrà presentato a gennaio qui a Ferrara, ribadendo da parte del Centro Studi bassaniani l’amicizia e il rispetto per il Meis e la Biblioteca Ariostea, che rendono Ferrara degna capitale della cultura e della memoria storica.
Buone feste! Sparisco per un po’ ma spero di ritrovarvi alla ripresa dei giorni feriali.

tag:

Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it