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Il malizioso criceto mi sussurra all’orecchio di commentare il ‘fatto’ per eccellenza avvenuto in Parlamento il 25 giugno. Esito, mi schermisco, ma il mio spirito dantesco prende il sopravvento e decido di rifarmi agli anni gloriosi in cui per tre giorni alla settimana mi lanciavo nell’esegesi del sommo poeta.
Il IV canto dell’Inferno si apre con questa ambientazione: una valle nella quale si erge un nobile castello. Ci troviamo nel luogo che ribadisce la condanna spirituale del maestro di Dante, Virgilio, in quella valle del Limbo ove s’erge il castello degli Spiriti Magni. Un luogo nobile dunque che Dante così descrive:

Di lungi n’eravamo ancora un poco,
ma non sì ch’io non discernessi in parte
ch’orrevol gente possedea quel loco.

La gente onorevole potrebbe frequentare il Parlamento? Certamente. Qui infatti:

Genti v’eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne’ lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi.

Come si sa nei luoghi del potere e soprattutto alla Camera si discute con garbati modi; mai s’alza la voce e, Parlando cose che il tacere è bello, si opera per il bene della Patria! Sono loro, gli “Spiriti Magni”, a cui è stato affidato la conduzione dello Stato che, nell’alternarsi delle diatribe, riescono a regolare e ad approvare le difficili leggi della politica. Talvolta però s’alzano cartelli irridenti, si mangia appetitosa mortadella, ci si azzuffa, si strepita. Ma solo per il bene della Nazione.

Certo, chi come nel caso dell’onorevole di cui si parla,  nel suo modus operandi è investito dalla nobile causa per cui, possedendo un eloquio superiore e volendo far prevalere le sue tesi deve e può, con evidente funesta ira, o minaccioso richiamo alle regole della somma auctoritas, arrivare a trascendere. Ecco allora l’arringa si fa urlo. Il guardiano, anzi in questo caso la guardiana, del loco minaccia, strepita, ammonisce. Nulla da fare, finché in un impeto di punizione si arriva all’estremo castigo e l’oratore è trascinato da quattro commessi a braccia fuori dai ‘bank(s)y’. [La boutade ovviamente non è mia]. Così si conclude la dantesca vicenda, anche se le conseguenze ancora palpitano nei commenti, nei social, nelle discussioni a viso aperto cioè senza l’invisa mascherina.

Resta un interrogativo senza risposta (per ora): Quali cose si saranno detti tra loro i reggitori dello stato, qui alla Camera, o in Senato, o nella delizia della palazzina della Algardi a Villa Pamphili, il Bel Respiro. Cose di cui il tacere è bello?
Il criceto mi lancia un’occhiata di cautelosa approvazione e si ritira nel suo angolo pronunziando parole gaudiose, dove riesco a sentire un continuum di frasi che ripetevano in continuazione un solo nome: Parigi.
E sì! perché, mentre lentamente s’apre l’estate portatrice di gioia e mentre conto i giorni che mi separano dalla partenza per Vipiteno, arriva la notizia inattesa. Parigi mi aspetta. Mi vuole nell’autunno, si spera non più funestato dal covid. A lui, al mio Cesarito si dedica una giornata di festa europea, a cui sono chiamato a partecipare: Parigi e Pavese. Che si vuole di più?

Allora, dopo essermi consultato con il mio Saint-Laurent sulla necessità di riparare ancora una volta il capriccioso e vetusto portatile, ne compro uno nuovo in cui riversare le mie noterelle estive e attendo fiducioso di partire per noti lidi (anzi montagne).
Buone vacanze ai miei 5 lettori!!!

 

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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