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Ancora semi addormentato, mi arrivano i giornali e l’umore improvvisamente sbalza dalla piacevole convinzione che ancora un bel giorno mi aspetta in questo novembre solatìo, che ricorda il bel film di Mauro Bolognini e l’omonimo romanzo di Ercole Patti titolato “Un bellissimo novembre”, alla cupa convinzione che ormai, signora la marchesa, tutto va male.
In ordine:
1) Venezia allo sfascio e il tremendo sindaco Brugnaro che minaccia di vendere le opere d’arte della città;
2) Roma e la mafia capitale;
3) Messina senz’acqua;
4) Firenze e i clan dei pellai che hanno invaso il centro storico e l’uso improprio, gastronomico-modaiolo dei monumenti più celebri a cominciare dal David e dal Ponte Vecchio;
5) Napoli e Palermo al solito. Non parliamo di Reggio Calabria e dello sfascio del territorio, ma naturalmente si pensa come panacea al ponte sullo stretto.
Arrivano le cronache locali:
1) Palazzo degli Specchi e questione migranti;
2) Incendio del Castello e spostamento mostra Boldini e de Pisis;
3) Ossessioni turistiche a cui si deve piegare qualsiasi ‘evento’: dalle sagre alle mostre;
4) Ronde e politici pistoleri;
5) Tristezza assicurata nel leggere le lettere di congedo delle due ormai ex direttrici della Pinacoteca Nazionale Anna Stanzani e del Museo greco-etrusco di Spina Caterina Cornelio.
Convinzione, mentre metto i piedi giù dal letto:
“No, cari ITAGLIANI, smettetela di dare la colpa ai politici. Noi/ Voi siamo fatti della stessa pasta e… dunque!”
Così scrivevo due giorni fa in un post sulla mia pagina Facebook, ma oggi l’interesse per queste notizie e per il comportamento degli ‘Itagliani’ viene sollecitato dalla presentazione di un libro scritto dal sottosegretario di Stato americano Richard Stengel il cui titolo niente lascia all’immaginazione: “Il manuale del leccaculo”, opera che ha già ricevuto innumerevoli consensi dovunque sia stato pubblicato. E in primis dagli stessi attori di così nobile arte che con termine più raffinato viene nominata piaggeria. Ma come al solito chi ha detto una parola definitiva sull’arte della cortigianeria è sempre lui, l’amatissimo Dante, sceso sulla groppa di Gerione nell’ottavo cerchio che, come tutti ricorderanno è diviso in bolge (sacche o borse). Nella seconda di queste i due pellegrini, Dante e Virgilio, incontrano i ruffiani e gli adulatori immersi nello sterco: “Le ripe eran grommate d’una muffa,/per l’alito di giù che vi s’appasta,/ che con li occhi e col naso facean zuffa”. Dante vien sgridato da un peccatore che non sopporta di essere così insistentemente riguardato: è Alessio Interminelli di Lucca, lì punito perché “ Qua giù m’hanno somerso le lusinghe/ond’io non ebbi mai la lingua stucca”.
Non male come punizione, a cui dovrebbero pensare coloro che non si stancano di adulare, specie in politica quando, con una metafora ormai banale per il troppo uso, saltano sul carro del vincitore. C’è un modo assai interessante di scoprirli costoro, come ricorda Alberto Statera nell’articolo dal titolo “Ahi serva Italia di ruffiani ostello…” sul “Venerdì di Repubblica”, Ennio Flaiano così lo definiva: “A furia di leccare qualcosa sulla lingua rimane sempre”.
Per capire questa tendenza, questa propensione, questo carattere degli ‘Itagliani’ tuttavia c’è un altro metodo se l’adulazione viene fotografata o filmata. Osservare l’occhio di chi adula, specchio verosimile e infallibile del suo comportamento. Occhio vacuo, servile, duro, spaventato, vergognoso. Insomma una cartina di tornasole.

Allora si potrebbe pensare che qualsiasi forma di lode verso un potente sia sempre e solo adulazione. Non credo. Può essere anche segno di una vera convinzione. Si prenda il caso del vescovo di Ferrara Negri e del suo ormai celebre commento all’azione di Putin. E’ adulazione o convincimento? In questo caso l’esplorazione degli occhi del vescovo nulla rivela e quindi ci domandiamo dove stia la verità, se un termine così impegnativo può essere usato per questo caso.
Un’altra forma di piaggeria consiste paradossalmente nel far finta che la persona adulata non susciti interesse. Molto usata, l’ho notato, specie nella nostra città. Ostentare indifferenza in modo da risvegliare l’interesse di chi è oggetto di questa raffinata strategia. Perfetto il commento di Renzi riportato dall’articolo di Statera: “I giornalisti che vengono a intervistarmi prima di cominciare mi sussurrano all’orecchio: oh Matteo io sono sempre stato dalla tua parte eh. Il bello è che io non li avevo mai visti prima.”
La strategia dell’indifferenza è dei giornalisti o di Renzi?
Comunque sia, come esprimono il titolo del libro di Stengel e le situazioni descritte da Dante e da Flaiano, l’adulazione ha proprio un saporaccio.
Un peccato leggero, se si pensa alla massima infamia perpetrata in questi giorni nel nostro Paese e che comunque ha avuto così poca eco nella stampa e nell’indignazione pubblica: l’incendio doloso di una scuola materna a Palermo. Questa azione sì che fa proprio schifo e ribrezzo.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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