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Una bellissima foto del raduno dei grandi in Cornovaglia per la foto ufficiale [Qui], con in mezzo the Quenn Elizabeth dà la visione plastica dell’importanza dei partecipanti. A lato della sovrana sulla destra del riguardante Johnson e dopo di lui Biden. A sinistra Macron e accanto a lui la Merkel. In piedi tra questi due Ursula von der Leyen e alla sua destra il ministro giapponese Yoshihide Suga. Quasi dietro la regina l’altissimo Justin Trudeau per il Canada quindi Mario Draghi e infine per l’Ue Charles Michel. La regina si è lasciata andare a un bon mot tipico della tradizione inglese “dobbiamo fare finta di divertirci?” che molto ci dice sullo spirito inglese.

Quale è stata la scelta delle posizioni?

Probabilmente si tratta di una sottile strategia che dovrebbe mettere in luce in che modo il vertice si rapporta con i maggiori rappresentanti del raduno. E lo dimostra la posizione di Biden (invitato) che siede all’estrema destra della fila di seggiole. Ancora una volta la vista supporta il discorso non detto e i gesti assumono un carisma che probabilmente viene indotto dalla lettura che ne viene fatta.

Tuttavia non sono quelli i rappresentanti del potere, ma lo sono i fantocci che attraverso una serie conosciuta solo a coloro che frequentano il calcio conoscono e apprezzano gesti, sudori, puzze e strofinamenti oltre naturalmente il gioco con le sue regole. L’uomo e la donna di media levatura giù, giù a scendere, s’identificano con questi ragazzotti, il cui potere mediatico e ideologico ha superato ogni confine di dignità e di consapevolezza.

E che nell’ignobile deturpazione della facciata dell’antica chiesa di San Giacomo in via del Carbone a Ferrara si legga “Maradona vive” ce la dice lunga sulla grandezza italiota. Se è vero – ma la leggenda fa parte della verità – che uno qualsiasi di loro abbia fatto una festa a Skorpios, lasciando 30 mila euro di mancia, ci rendiamo conto dove batte il cuore degli sportivi e non solo.

Così tra gesti scaramantici, ululi, asciugamenti di faccia, abbracci, saltelli tutti insieme appassionatamente, ecco dalle cronache sportive riappare il verbo magico: ‘soffrire’. Non appariva nemmeno nelle cronache dei peggiori momenti della pandemia; ma oggi un giornale nazionale così titola la vittoria «Agli europei soffre, lotta e vince 2-1 con l’Austria nei supplementari. Una lezione per il paese che da domani torna alla normalità». E in grandissimo: «L’Italia che ci piace». Però! Il Corrierone scrive «Cuore e grinta» e ancora «Sofferenza e felicità».

Poi a qualche pagina di distanza una delle confessioni più straordinarie del mio carissimo amico Riccardo Muti, su cui tornerò in un prossimo Diario. Qui basti il titolo: «Muti: “Mi sono stancato della vita. I direttori gesticolano e studiano poco» [Qui]. E alla domanda se crede in Dio, ad Aldo Cazzullo che lo intervista, dà questa strepitosa risposta: «Sento che l’universo è attraversato da raggi sonori che arrivano fino a noi; ed è la ragione per cui abbiamo la musica. I raggi sonori che hanno attraversato Mozart sono infiniti». Altro che inseguire una palla e ‘soffrire’! Sono consapevole che queste note amare diminuiranno la stima dei miei cinque lettori. Ma come diceva un grande “Ad ognuno il suo”. Ed il mio non passa attraverso la sofferenza di una palla.

Notizie stimolanti ci arrivano frattanto dal Palazzo. Le lettere, i fatti, gli intrighi dell’odierno governo ferrarese lasciano un sapore di deja vu. Ascolto con interesse anche le proteste della parte avversa, quella che un tempo consideravo mia. Ma non mi convincono. Vedo anche con tristezza consumarsi il ruolo delle associazioni culturali sempre meno incisivo. E mi domando se quel poco o molto che ho fatto per questa città sia un rimprovero o una dimenticanza.

Per leggere gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
direttore responsabile


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