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Mi avvicino con cautela all’ombrellone in attesa del passaggio mattutino. Sfilano compatti nonni ciabattanti seguiti da figli/figlie annoiati, minuziosamente tatuati si suppone fin nei precordi e infine loro, i bimbi, spesso accompagnati da morbidissimi pets che, affascinati, tentano entrambi di intrufolarsi nei campi di volley dove l’istruttore – occhiali a specchio – seccamente dirige e comanda le cento palline ai giovanissimi allievi. Talvolta, quando difficilmente siamo ancora in spiaggia, arrivano i campioncini che tirano palle-mazzate tra il compiacimento degli astanti. Dal lontanissimo mare arrivano affannati i pronipoti occupati tra piscine e bagni. Matteo ha scritto una storia al computer, Marco aspetta con ansia il permesso di recarsi a Spina dagli amici, il dolcissimo Luca è stato fatto custode del tesoretto (un euro al giorno individuale, 2 euro cassa comune). Leggo libri straordinari e non mi accorgo dei cambiamenti radicali, promessi, ma non attuati per ora dal Sindaco di Comacchio che manda in campo rombanti e puzzolenti camion dal 20 luglio a rifar strade e marciapiedi. Il termine ‘follia’ è quello che più in questi giorni occupa le pagine dei ‘giornaloni’, come s’esprime il ministro Salvini, e anche dei giornalini come testimonia questa testata con cui sono orgoglioso di collaborare. E Follia ovvero ‘Folie’ era stata denominata dall’amico Cervellati il suo progetto quando lo realizzò nel 1993. Scrive il Comune di Comacchio: “È con il 1993 infatti che il Comune di Comacchio commissiona all’architetto bolognese Pier Luigi Cervellati il progetto per una nuova immagine di viale Carducci-Lido degli Estensi”. Uno spazio ormai riconosciuto come centralità.

Nella relazione generale del 10 luglio 1993 si legge: “La proposta è quella di creare una strada con un inizio e una fine. Un’entrata che è anche un’uscita e viceversa, un’uscita che è anche un’entrata. Un punto di arrivo che è un punto di partenza”. Una dichiarazione che ripeteva (forse) quel tema del post-moderno in quel decennio di gran moda. Basti pensare alla ristrutturazione delle sale nobili del Castello Estense di Ferrara eseguita da Gae Aulenti a cui ho preso parte che aveva un termine di 5 anni e che ancora trascina l’invecchiata proposta nelle sale sempre più banali della dimora estense. Ora le riunioni del sindaco di Comacchio affrontano il restilyng con queste dichiarazioni che si leggono sul sito del Comune.

1. I lidi ferraresi hanno da sempre avuto la vocazione di attrazione per le famiglie: in particolare il Lido degli Estensi è particolarmente frequentato da famiglie con bambini e ragazzi;
2. Analizzando nello specifico i rapporti socioeconomici che si svolgono sulla costa, appaiono evidenti le forti relazioni che si svolgono fra Portogaribaldi, Lido degli Estensi e Lido di Spina. Rappresentano un bacino unitario in termini di tipologia di utenza, di vicinanza e di flussi quasi a formare una piccola città lineare;
3. Appare molto evidente, transitando sui luoghi del viale, una situazione di scarsa qualità urbana e di degrado degli arredi e delle pavimentazioni. Solo la presenza dei pini marittimi superstiti allevia questa percezione;
4. La struttura del viale, così come è oggi, non tiene conto dei flussi, dei percorsi e delle polarità già presenti all’interno del luogo; è comunque necessario immaginare la fruizione estiva del viale dove nella maggior parte della giornata vige la zona traffico limitato e i fruitori sono liberi di vivere gli spazi in libertà con la possibilità senza vincoli fisici di attraversare la strada da un capo all’altro.

L’analisi dei fabbisogni ha portato alla definizione degli obiettivi di progetto:

1. Pensare ad un luogo che sia soprattutto un sistema di relazioni e che consenta ampia vivibilità attraverso la progettazione di vaste aree pedonali, ciclabili, di piazze e slarghi arricchite di panchine, sedute ed altri utili ed indispensabili elementi di arredo;
2. Dare forza e formalizzare i flussi e i collegamenti fra Portogaribaldi, Lido degli Estensi e Lido di Spina;
3. Proporre un progetto dove la qualità urbana è data anche dalla qualità degli arredi e dei materiali;
4. Abbandonare la totale indefinizione dell’attuale pavimentazione privilegiando l’uso di texture e colori diversi che possano, psicologicamente, definire a terra i flussi ciclopedonali, carrabili, di piazza, di viale, di sosta;
5. Mantenere, soprattutto in occasione di eventi, quando il viale si trasforma in una piazza estiva completamente pedonalizzata, la libertà di poter attraversare lo spazio senza barriere fisiche e senza ostacoli.

Che vuol dire? Forse meno di quello che a suo tempo significava la incongruente proposta di Cervellati, seppur in linea col proprio tempo.
Mi si permetta di analizzare la prosa terrificante in cui si descrive il nulla (almeno per chi scrive) della proposta. Lasciando da parte la ‘vocazione familiare’, come si dovrebbe intendere il dispiegarsi della ‘città lineare’? Al punto 2 problematico appare coniugare le ‘forti relazioni’ con “un bacino unitario in termini di tipologia di utenza, di vicinanza e di flussi”. Si può, inoltre spigare che, “ transitando sui luoghi del viale”, si può essere alleviati dal degrado. Da chi? La risposta: “Dai pini marittimi”. Come se ancora non ce ne fossero assai più fitti in altri luoghi del Lido! Un capolavoro poi è rappresentato dall’asserzione al punto 4: “La struttura del viale, così come è oggi, non tiene conto dei flussi, dei percorsi e delle polarità già presenti all’interno del luogo; è comunque necessario immaginare la fruizione estiva del viale dove nella maggior parte della giornata vige la zona traffico limitato e i fruitori sono liberi di vivere gli spazi in libertà con la possibilità senza vincoli fisici di attraversare la strada da un capo all’altro.” Uno sconnesso e arruffato discorso. Non è questa suppongo e mi auguro la modalità con cui si strutturerà il nuovo viale. Comunque un fatto è necessario sottolineare nonostante le possibili migliorie: la bruttezza di gran parte degli edifici che costeggiano il viale, salvo rari casi, che lo rendono un vero luogo commerciale quale un possibile supermercato all’aperto.

E questa non è colpa dell’attuale amministrazione ma delle tante che si sono susseguite dalla fondazione del paese. Cosa si potrebbe auspicare? Comodità, pulizia, servizi che funzionano e soprattutto avversare l’incuria che lo sta trascinando sulla via di un non ritorno.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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