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Tra fiori, piante e rulli di tamburi, Ferrara verde ha dimostrato di sapersi inventare formule culturali vincenti e non banali.
Giustamente esultanti, le cronache riferiscono sull’affluenza di pubblico; e non a caso in questo lunedì di passione (vera), che forse vedrà la nascita del nuovo governo, l’attenzione è tutta tesa ai destini non tanto dell’Italia, che sempre rimane terra di santi, poeti e navigatori, ma della Spal di cui si ammira la resistenza e la passione (si sa, i ‘ ragazzi soffrono’). Nascono così dalla passione titoli di una nuova lingua che è il ‘calcese’ molto simile ai linguaggi esoterici: “Il Toro ha matato la Spal. L’aquila la tiene in vita”. D’obbligo il rimando ai toreador di ‘A las cinco de la tarde’ e al lamento di Garcia Lorca con l’ingegnosa trovata Toro-toreador. Più difficile la metafora di un’aquila che la tiene in vita, ben presto spiegata dalla sconfitta della “pattuglia rosso-blu calabra” che riapre i giochi. Bisogna allora, parola di cronista, tener conto della sconfitta perché “Floccari è amareggiato “Ora resettiamo tutto”” e immagino lo sconcerto degli amici del bar della mia generazione di fronte al termine ‘resettare’. Se dunque l’Italia è terra di poeti, niente di straordinario di un revival linguistico così acuto. Addirittura anche il cinema viene evocato e così “Festa Juventus, ecco il settimo sigillo”, con il dottissimo rimando al favoloso film di Ingmar Bergman dallo stesso titolo. E anche se ai tifosi sfuggirà la portata di simile campionatura umilmente cerco di spiegarla con le mie poche forze e farmi perdonare la mia inesorabile assenza dalle partite.
In questa ricerca della parola nobilmente rara ho letto il desueto ‘ponte elevatoio’ contrapposto al più comune ‘ponte levatoio’. Ma non è un errore solo una rarità!

La giornata soleggiata, l’afflusso dei turisti, la curiosità, che è una delle molle principali della ferraresità, hanno decretato il successo di Interno verde la rassegna che spalanca per due giorni i portali chiusi dei giardini privati di Ferrara e non solo dei giardini, come è accaduto per l’orto curato dai detenuti nelle carceri della città che ha riscosso un meritatissimo successo. Mi affretto a recarmi al Centro Studi Bassaniani a Casa Minerbi dove la coda è cospicua. Faccio un breve racconto della nascita del Centro poi mi reco al Mercato Coperto di Santo Stefano dove ritrovo vecchi amici: la bancarella dove per decenni ho comprato frutta e verdura ancora in attività e il negozio di salumi e formaggi. Il generoso tentativo di ridar vita a un luogo così importante per la memoria collettiva non sembra ancora aver dato risultati positivi ma la speranza è l’ultima a morire. Esulto nel frattempo a sapere che le azalee contro il cancro sono state vendute tutte già alle 10 della mattina e di 950 piante rimane solo il ricordo. Poi lento pede e con la bicicletta a mano torno a casa mentre la gioventù del loco mira ed è mirata.
Il sabato partecipo a un importante convegno organizzato dalla Fidapa, la Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari sul tema delle vie d’acqua: ‘Conservazione del paesaggio urbano ed extraurbano attraverso il recupero e la valorizzazione del paesaggio’, con la prestigiosa organizzazione di Chicca Coccitto. Incontro amiche straordinarie con le quali ho lavorato per decenni al Ministero per il restauro dei giardini storici e per la creazione dei parchi e giardini letterari e ai Garden Club e con le quali possiamo ben dire d’avere riportato in Italia la cultura del giardino e del paesaggio. Margherita Azzi Visentini, Mapi Cunico e ancora Carla di Francesco, fresca di Ministero, e la straordinaria assessora Roberta Fusari che ci ha dato una limpidissima visuale dei progetti incorso sulla rigenerazione urbana.
Insomma, una festa dell’intelligenza e della qualità del lavoro dello studio al femminile.
Il venerdì la Ferrara che culturalmente conta e che ricorda si è riunita alla sala dell’Arengo per celebrare nel centenario della nascita uno dei suoi figli più conosciuti: Gaetano Tumiati.
Ho già scritto su di lui scrittore e giornalista egregio, che mi fu compagno nell’avventura straordinaria della pubblicazione dei 36 numeri della rivista della Fondazione Carife, ‘Ferrara. Voci di una città’. Un momento importante della cultura ferrarese; una dimostrazione tangibile delle risorse culturali sulle quali poteva contare la città estense. Purtroppo anche quella, come altre iniziative altrettanto valide, sono finite o sono bloccate in una via senza ritorno. E’ stato detto che se a Ferrara ci fossero state meno forze culturali e più economiche le cose politiche ed economiche avrebbero avuto un altro corso.
Mi permetto di dissentire perché se a Ferrara non ci fossero stati i Tumiati, i Ravenna, i Chiappini, i Franceschini, i Varese, i Caretti tanto per citarne quelli a me più vicini Ferrara non avrebbe avuto quella straordinaria capacità culturale che ha permesso l’arte di Bassani, Antonioni, De Pisis, Bacchelli.
E che se lo ricordino i futuri nostri amministratori: Ferrara E’ città d’arte e di cultura.

In copertina fotografia di Valerio Pazzi, scattata nel giardino di Palazzo Giglioli a Ferrara durante la manifestazione “Interno Verde”

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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