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Un silenzio surreale avvolge le file degli ombrelloni mentre da lontano si staglia il palco ‘dell’evento’ jovanottiano su cui si erge un immenso pupazzo e delle sfere che ricordano palle di gelato. L’avvio è previsto per le 16 mentre il discorso delle dimissioni di Conte alle 15, ma il mormorio eccitato anticipa alle 14 il bagno di folla (e di qualcosa d’altro). ‘Lui’ non apparirà che in tarda serata, ma prima si potrà fare di tutto e di più; come del resto promettono i politici in aula per le dimissioni Conte. Del popolo ‘itagliano’ non emerge che questa individuazione del caos come sublimità della natura tatuata italiana. I due Mattei si danno battaglia, l’uno col Vangelo e le parole di un santo papa mentre l’altro, il Renzi, sacrifica le offese personali a un dio laico che lo riporti i cima all’onda su cui vuole restare. Mi prende un lieve sentimento di nausea. Al supermercato afferro un bottiglia di ottimo Lagrein che avrebbe dovuto accompagnare gli spaghetti aglio, olio. Illuso. La commessa che mi conosce da anni e che sa della mia sobrietà delicatamente mi sottrae la bottiglia. Impossibile venderla per evitare d’introdurre nella zona rossa alcolici. Siamo alla farsa. Il guitto si farà i milioni sfruttando l’ingenuità del popolo bue così come milioni di cittadini aspetteranno di votare il dio del Papeete o qualcuno di quegli individui che ci governano. Spontaneo mi sovviene il titolo di un passo tratto dalla celeberrima opera del grande Eduardo De Filippo ‘Napoli milionaria’. Eccola nel commento dello stesso De Filippo

“Le offre una tazzina di caffè. Amalia accetta volentieri e guarda il marito con occhi interrogativi nei quali si legge una domanda angosciosa: ‘Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?’. Gennaro intuisce e risponde con il suo tono di pronta saggezza: ‘S’ha da aspettà, Ama’. Ha da passà ‘a nuttata”.”

Ce la faremo? Come Eduardo lasciamoci una nota di speranza e assolviamo i 25 mila qui al ‘Laido’ e i milioni di italiani che attendono.

La serata sta per chiudersi. Ho cenato al Bagno Onda Blu e da lontano, quasi un sussurro, arrivava ad ondate la musica del Giovanotto cosi come con la bocca ‘a cul de poule’ dei politici che uscivano dal Senato appariva, imbarazzo, timore, dispetto e ira. ‘A nuttata sta per passare. Che accadrà? Fra due giorni ci sveglieremo giallo-rossi? O no?

Impassibili i ‘pet’ assistono alle evoluzioni degli umani. Talvolta mi piacerebbe svegliarmi col pelo. Ma è un sogno: forse triste, naturalmente irrealizzabile.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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