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Il Mediterraneo: e’ questa la mia identità culturale profonda. E finché il Mediterraneo sarà pieno di cadaveri che arrivano dall’Africa, dal Maghreb, dalla Siria, dalla Palestina, la nostra civiltà occidentale non avrà speranze. (Chiara Mezzalama, Voglio essere Charlie)

imageLa libertà e’ indivisibile e va sostenuta, concretamente, con il darle voce, la capacità e la volontà di generare dubbi e di spingere a riflettere. Insomma, in poche parole, con lo scrivere, con il disegnare, con il fare libri. Questo il messaggio di Chiara Mezzalama, scrittrice italiana trasferitasi a Parigi, nelle sue cinquanta pagine di “Voglio essere Charlie”. Un piccolo pamphlet, scritto fra il 7 e il 16 gennaio 2015, in una Ville Lumiere ferita, perché coinvolta e sconvolta dagli eventi di Charlie Hebdo. Tutte le pagine sono percorse dalla forza della scrittura, dall’importanza riconosciuta a penne e matite che disegnano quello che realmente vedono, a volte con disprezzo del pericolo o di un uomo che combatte in nome del nulla, di essere viventi che cercano di cancellare righe e libero pensiero, di efferatezze che vogliono bloccare la parola, ma che mai ci riusciranno, soprattutto in un paese come la Francia tanto fiero della sua libertà, fratellanza e uguaglianza.
Questo diario che percorre i boulevard parigini feriti, la place de la Republique e des Nations, attraversando un Marais impaurito, il quartiere degli ebrei all’epoca blindato, e’ un vero inno libero all’importanza della scrittura, quella che non lascia distogliere lo sguardo, che fa pensare e sentire. Non si può morire perché si disegna o si scrive, questo l’urlo da ascoltare, questa la riflessione che non lascia alcuno spazio al “certo che però se la sono un po’ cercata”. E poi, in questo libricino, vi è la memoria, quella di quei nomi che tanti ignorano, quelle penne cadute sul campo che anche noi vogliamo ricordare: Frederic Boisseau, Jean Cabut (detto Cabu), Georges Wolinski, Stephane Charbonnier (detto Charb), Bernard Verlhac (detto Tignous), Philippe Honore’ (detto Honore’), Mustapha Ourrad, Elsa Cayat, Michel Renaud, Bernard Maris, Franck Brinsolaro, Ahmed Merabet, Clarissa Jean-Philippe, Yoav Hattab, Yohan Cohen, Philippe Braham, Francois-Michel Saada. E il numero sale a 29. Un numero che porta a un sonno pesante, nero, buio e triste. Quello della ragione, di una ragione smarrita che sembra scomparsa nel nulla, di un uomo che fatica a riconoscersi, di giovani immigrati di seconda o terza generazione, che non hanno scelto quella Francia tiepida, un paese che li ha cresciuti come figli minori, di ragazzi che non hanno voluto cavalcare verso una meta in cerca di riscatto, lasciando i loro paesi d’origine, ma che li’ sono nati, loro malgrado.
Manca l’aria, si soffoca, il lutto avvolge, l’omaggio alle vittime e’ un dovere, ma la paura non deve cogliere, in quei giorni, bisogna ribadire che siamo vivi, liberi, orgogliosi di una libertà conquistata con la storia. E allora non resta che scrivere, scrivere, scrivere…
La letteratura serve a prendersi cura della nostra umanità.

imageChiara Mezzalama, Voglio essere Charlie, Edizioni Estemporanee, 2015, 55 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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