Skip to main content
4 Novembre 2018

Diorama

Tempo di lettura: 5 minuti


di Francesco Minimo

Il presepio lo conoscono tutti, è quello il diorama tipo, il diorama per antonomasia. Andate a Napoli, non nelle chiese ma nelle case private, anche nelle più povere, per vedere come il presepio – costruirlo pezzetto per pezzetto – non sia solo tradizione o passione intima ma un’arte assoluta. Presepi e diorami in genere ci accompagnano da secoli; abbiamo bisogno di miniaturizzare il mondo: in scala ridotta ci pare meno complicato e doloroso, un meccanismo che funziona alla perfezione e che possiamo dominare: le ruote girano, le luci si accendono e si spengono, i personaggi ripetono con diligenza i movimenti previsti. C’è poi altro che ci incanta davanti a un diorama costruito a regola d’arte: quel mondo in scala ridotta rimpicciolisce anche chi lo osserva; la nostra infanzia ci raggiunge, senza preavviso, né possiamo opporci al suo ritorno dentro di noi. Anche questo, ma non è ancora tutto. C’è un elemento imponderabile, di cui ci sfuggono i connotati, che anzi non riusciamo proprio a vedere ma di cui avvertiamo la presenza. Da qui la fascinazione del diorama.
Negli ultimi decenni del secolo scorso, è stato il grande Hanshiro Miura a condurre il diorama fino al vertice della più apprezzata e discussa arte contemporanea, quella battuta nelle aste internazionali inseguendo record su record. Cha no yu – letteralmente ‘acqua calda per il tè’ – nota in occidente come ‘La cerimonia del tè’ è senza dubbio la sua opera più celebre. Al centro della scena vediamo Sen no Rikyu, Il monaco zen che nella seconda metà del XVI secolo codificò la cerimonia così come oggi la conosciamo. Attorno a lui, i suoi amici, i componenti del circolo eletto di Kyoto: il pittore e grande innovatore Tawaraya Sotatsu, il calligrafo e politore di spade Kon’ami Koetsu, il ceramista Chorijro creatore dello stile Raku e accanto a lui Futura Oribe, inventore e capostipite della ceramica che prese il suo nome. Un po’ più lontano, a formare un cerchio più ampio, stanno i samurai in pose plastiche, riccamente vestiti e armati. In questo diorama, il monaco Rikyu celebra il rito: il suo braccio regge la teiera e ne muta la posizione secondo le quattro stagioni. Una parvenza di fuoco arde sotto la teiera.
E’ però impossibile descrivere l’animata perfezione e gli innumerevoli particolari che compongono i diorami di Hanshiro Miura. Né può servire o comunque bastare rifarsi alla fonte di ispirazione di ogni singola opera: la tradizione e il rito (come appunto nella ‘La Cerimonia del tè’), o una celebre opera lirica (come nel diorama ‘Le sorelle di Turandot’), o la vasta filmografia del maestro Kurosawa (‘Appena dopo la battaglia’). I diorami di Miura sono inesauribili, non è cioè possibile traguardarli, comprenderli fino in fondo, riunirli nella memoria in una immagine esatta. La difficoltà non pare risiedere nel gran numero dei personaggi, delle situazioni e dei movimenti – l’esperienza del moderno ci ha abituato da tempo alla folla e al movimento – ma a un elemento di disturbo, a quell’invisibile presenza cui prima accennavo.
I diorami di Miura non sono solo belli, “i più belli di tutto il Giappone”. Non sono solo i più veritieri e verosimili, i più precisi, esatti in ogni proporzione, perfetti nei colori. In quel teatro portatile si affollano decine di figure immerse in una millimetrica ricostruzione degli ambienti e dei fondali, fino alla stupefacente e mutevole espressione incisa nei tratti dei volti. Ma oltre o sotto tutta questa perfezione, i diorami di Hanshiro Miura nascondono ed esibiscono senza pudore un’anima segreta. Non uso a caso la parola, è proprio l’epifania dell’anima a renderli straordinari, la ragione per la quale le mostre di Miura si trasformano puntualmente in un evento. È l’anima che attira come mosche decine di migliaia di visitatori.
Sotto il meticoloso, certosino, maniacale assemblaggio di oggetti inanimati – forse per una precisa intenzione dell’autore o per un puro prodigio – avvertiamo un’invisibile e inaspettata presenza. L’anima appunto. Proprio quell’anima che dovrebbe essere – e solo per i pochi che si attardano ancora a crederci – una peculiare ed esclusiva proprietà dei viventi, non già degli oggetti e delle cose inanimate. Eppure. in ogni diorama del maestro Miura – ma forse, almeno un poco, in tutti i diorami e in tutti i presepi – si nasconde quella dimenticata entità.
Mi sbaglio, l’anima dei diorami animati di Miura non è poi tanto nascosta. Dopo qualche minuto che li osservi, l’anima si mostra, salta fuori dal quadro, ti raggiunge, occupa il tuo campo visivo e la tua mente. Come un prigioniero che dal buio della materia rivede improvvisamente la luce. Né è possibile intendere da dove venga quell’anima, né dove si fosse celata fino ad allora.
Così i visitatori curiosi, prima incantati davanti a quelle miniature perfette, dopo pochi minuti, eccoli turbati, quasi disturbati. Tornano verso casa muti; e quel disturbo li accompagna ancora per molti giorni. Guardate la faccia di questa coppia di mezza età appena uscita dalla mostra, o i giovani volti di questo gruppetto di studenti. Sono facce spaventate.
Perché questa apparizione, questo svelamento, è un’esperienza che non si dimentica e che spaventa. Sempre, alla meraviglia davanti al “bello”, subentra un malessere cui non si riesce a dare un nome e una causa precisa, ma che presto vince ogni resistenza. Non è infatti cosa di tutti giorni trovarsi faccia a faccia con l’anima, quella ambigua entità che, se i più consideravano estinta, aveva comunque abbandonato da un paio di secoli l’umana esperienza del mondo.
I visitatori escono dalla grande sala, e per ore, per giorni, sembrano aver perso la favella, lo sguardo vuoto; si limitano ai gesti e alle poche parole che occorrono in famiglia o al lavoro.
Intanto, una lunghissima fila ordinata continua a sostare davanti alla biglietteria. La mostra del maestro miniaturista Hanshiro Miura è stata dapprima prorogata oltre il termine, quindi, a furor di popolo, è diventata un museo permanente. Chiunque voglia fare esperienza di quella cosa perduta, scomparsa dalla vita di ognuno, chiunque voglia incontrare l’anima, almeno per qualche attimo e almeno una volta nella vita, si mette in fila con gli altri. Con diligenza. Con molta pazienza. Ci sarà molto da aspettare, giorni, forse anni, ma alla fine arriverà il tuo turno

(Francesco Minimo – tutti i diritti riservati)
Anteprima in esclusiva per Ferraraitalia del racconto tratto da ‘Noi fantasmi’ di prossima uscita.

tag:

Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it