Skip to main content

[…] e Ulisse fu desto.
E si sedette: e in mente gli errarono questi pensieri:
«Povero me! Di che gente sarò capitato al paese?
Forse feroci selvaggi saranno, nemici del giusto,
od ospitali, e avranno l’ossequio dei Numi nel cuore?
Giunto all’orecchio m’è di femmine un grido: fanciulle
sembrano: son di certo vicino ad un luogo abitato…

[…] similmente Ulisse, fra tante leggiadre fanciulle
si presentò, cosí nudo com’era; ma farlo era d’uopo.
Orrido apparve ad esse, bruttato cosí di salmastro;
e sbigottite si sperser chi qua chi là per la spiaggia.
Sola rimase la figlia d’Alcinoo: ché Atena le membra
le preservò dal terrore, coraggio nell’alma le infuse.
Ferma gli stette dinanzi…

[…] E le rivolse queste parole soavi ed accorte:
«Io ti scongiuro, o signora. Sei forse una Diva? O una donna?
Ieri scampai, dopo venti giornate, dagli ebbri marosi;
mi trascinarono, tutto quel tempo, dall’isola Ogigia,
flutti d’irose procelle. Qui un dèmone adesso mi spinge,
perché nuove sciagure sopporti anche qui: ché non credo
siano finite; ma molte tuttor me ne serbano i Numi.
Abbi pietà. Signora, di me. Dopo tanti travagli
tu sei la prima che incontro, nessuno ho pur visto degli altri
abitatori di questa città, di questa contrada.
Mostrami, via, la città, dammi un cencio, ch’io possa coprirmi,
se, qui venendo, un panno recavi da involger le vesti.

[…] E gli rispose cosí Nausicaa dal candido braccio:
«O straniero, davvero né tristo tu sembri né stolto;
ma la felicità partisce fra gli uomini Giove
sire d’Olimpo, a chi piú gli piace; ora al buono, ora al tristo.
A te diede cordogli, cordogli tu devi patire.
Ma or che in questa terra, che in questa città sei pur giunto,
a te non mancheranno né vesti, né nulla di quanto
porger conviene ad un misero, oppresso dai mali, che prega.
Ti mostrerò la città, saprai quale nome han le genti.
Di questo suolo, di questa città son signori i Feaci;
e la figliuola io sono d’Alcinoo magnanimo cuore,
che dei gagliardi animosi Feaci le sorti governa».

Disse; e la voce levò per chiamare le ancelle vezzose:
«State un po’ ferme! Cosí fuggite alla vista d’un uomo?
Immaginate forse ch’ei nutra sinistri pensieri?
Non c’è, né sarà mai nel mondo quel tristo mortale
che della gente feacia pervenga alla terra, e minacci
l’impeto ostile: ché troppo siam cari ai Beati Celesti,
ed abitiamo lontani da tutto, ai confini del mondo,
tra l’estuare infinito dei flutti; e nessuno ci cerca.
Ma questo misero è giunto qui naufrago errante; e dobbiamo
prenderne cura adesso; perché forestieri e mendichi
tutti li manda Giove: ché poi si contentan di poco.
Presto, fanciulle, dunque, recategli cibo e bevande,
fategli un bagno sul greto del fiume, al riparo dei venti».
(Odissea, Canto VI, traduzione di Ettore Romagnoli, Zanichelli, 1923)

Omero, qui sopra nella versione del grande grecista Romagnoli, ci racconta un salvataggio: un naufrago raccolto sulla spiaggia, rivestito, rifocillato, accolto nella propria casa. Un fatterello di cronaca fantastica, per niente attuale, anzi, vecchio di circa tremila anni, anno più anno meno.
Non mi soffermo, per ovvie ragioni di spazio, su Omero e la sterminata Questione omerica. Ma una cosa va detta, perché su questa concordano ormai tutti i filologi e gli studiosi del mito, e cioè che l’Odissea rappresenta la sorgente, l’alba, la radice dell’Occidente. Del nostro modo di vivere, di conoscere, di pensare. Lo stratega e geniale costruttore del cavallo Ulisse, l’incallito viaggiatore Odisseo, l’astuto Nessuno che beffa Polifemo, sono sempre uno, e in quell’uno noi contemporanei ci specchiamo. Odisseo è in verità il nostro Adamo, “il primo di noi”, cioè il primo uomo dell’Occidente. Nel bene e nel male.
Ma Odisseo è anche il naufrago. Devo ai coraggiosi ragazzi di Lucera (Foggia) animatori del Festival della Letteratura Mediterranea giunta quest’anno alla XVI edizione, la mia personale riscoperta di questo brano dell’Odissea. Dopo il naufragio – uno dei tanti in cui si imbatte – Ulisse giace ignudo, quasi morto sulla spiaggia della terra dei Feaci. Lo soccorrerà una ragazza pura, disinibita, anticonformista:
“una fanciulla uguale, per indole e aspetto, a una Dea.
Era Nausicaa, la figlia d’Alcinoo magnanimo cuore”
Ecco, Omero ci racconta un salvataggio. E badate, non solo Odisseo è uno di noi, ma il mare dove avviene quell’antico naufragio è il mare nostrum, il medesimo mare dove annegano ogni giorno i profughi del terzo millennio. E l’isola del popolo felice dei Feaci? La maggioranza degli storici, geografi e filologi la identificano con l’isola di Ischia. Insomma, questa storia ci riguarda molto da vicino.
Incontrare “Nausicaa dal candido braccio” fa venir voglia di rileggere tutta l’Odissea. O di leggerla per la prima volta: non è vero che è difficile, anzi, è una emozionante avventura. Dal rinascimento ad oggi si contano decine di traduzioni in italiano e sono in commercio varie edizioni tra cui scegliere. Per chi volesse invece approfondire la figura del nostro progenitore Odisseo, consiglio un libro splendido: Piero Boitani, L’ombra di Ulisse. Figure di un mito, Bologna, il Mulino, 2012.

 

tag:

Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it