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Testo integrale dell’appello

Siamo persone di sinistra che hanno contribuito alla vittoria di Stefano Bonaccini nelle elezioni del 26 gennaio in Emilia Romagna. La destra, egemonizzata dall’aggressività di Matteo Salvini, è stata sconfitta. E’ un risultato importante che va considerato non un punto di arrivo, ma di partenza per innovare contenuti e personale politico e amministrativo. Se non si procede con coerenza su questa strada, si sarà trattato solo di un rinvio di una sconfitta più generale ad opera di una destra che resta forte e pericolosa nella nostra regione e nel Paese.
1Non siamo iscritti a nessun partito, ma guardiamo con interesse al cambiamento annunciato dall’attuale segretario del Pd Nicola Zingaretti che ha vinto le primarie con la parola d’ordine: dobbiamo cambiare tutto! Martedì 11 febbraio, in una iniziativa pubblica molto partecipata e appassionata, Gianni Cuperlo, uno dei massimi sostenitori del nuovo corso, ha ribadito che il cambiamento ha senso solo se aperto a chi è fuori e da fuori attende segnali per allargare il campo del centro-sinistra. Di conseguenza, sono indispensabili una chiarificazione valoriale e un’innovazione radicale nei metodi dell’azione politica per riconquistare la fiducia degli elettori e battere la destra.
2 – Un grande dirigente storico della sinistra italiana, Vittorio Foa, in uno dei suoi ultimi interventi all’inizio della lunga stagione negativa della sinistra italiana ed europea disse: “Se vogliamo che le cose migliorino dobbiamo pensare che possono migliorare: la scelta è fra un mondo di possibilità e un mondo di fallimenti”. E’ in momenti cruciali come l’attuale, per il presente e il futuro della sinistra, che è richiesto ad ognuno di concorrere ad uno sforzo di analisi e di proposta per passare dalle parole ai fatti. Con questa intenzione ci proponiamo di fornire qualche spunto di riflessione. Nella costruzione di un nuovo campo largo e plurale non hanno diritto di parola solo i soggetti organizzati, ma anche singole persone che vivono da anni immerse nel travaglio di una sinistra culturalmente subalterna, politicamente in difficoltà, impaurita dai cambiamenti.
3 – Siamo disgustati dallo stucchevole teatrino della politica in cui si alternano politici capaci solo di inseguire visibilità e ambizioni personali. Siamo stanchi di una sinistra che, limitandosi a criticare il pericoloso populismo della destra, ha finito con il distaccarsi dalla società reale fatta di persone che soffrono per la mancata risposta ai bisogni materiali (al primo posto il lavoro) e alle domande di ideali e valori praticati. La cosa peggiore per la sinistra non è perdere le elezioni, ma perdersi. Il Pd annuncia un congresso nazionale di cambiamento radicale. Cosa vuol dire? C’è la consapevolezza che alle spalle di questo proposito ambizioso c’è una lunga sequenza di sconfitte, delusioni, occasioni mancate? C’è la consapevolezza che questa volta bisogna fare sul serio se non si vuole seppellire per molto tempo nelle menti e nei cuori una ragionevole speranza di nuova vita a sinistra? Siamo convinti che le sconfitte della sinistra e la sua incapacità di governare in modo alternativo alla destra siano derivate da un deficit di conoscenza e partecipazione nelle decisioni. Da troppo tempo la sinistra non è riuscita a leggere e interpretare il presente. Un presente che rappresenta una cesura storica rispetto al secolo precedente. Per questo essenziale motivo siamo convinti che non basta più aggiornare i programmi. Essi sono destinati a restare lettera morta, se non c’è qualcosa che viene prima dei programmi. Ci riferiamo alla necessità di una grande visione capace di interpretare il mondo nuovo in cui viviamo. Qualcosa, ovviamente, di molto diverso dal pensiero con il quale la vecchia sinistra interpretò il Novecento, ma con la stessa ambizione e vastità di orizzonte che permise, nei suoi momenti migliori, di costruire un ‘sentire comune’ e di tradursi in messaggi chiari suscitando convinzioni, lotte, speranze. Il risultato fu la creazione di una vasta comunità di persone che realizzò conquiste sociali e di civiltà ancora oggi importanti da difendere e allargare in un’ottica inclusiva. In questi decenni ha trionfato un ‘pensiero unico’ che ha fatto credere che non esistono alternative ad uno sviluppo che produce disuguaglianze sociali crescenti, conseguenze ambientali devastanti e quello che Giacomo Leopardi chiamava il ‘pestifero egoismo’. Radicale è la sostanza del compito che ci sta davanti in Italia ed in Europa. E’ indispensabile mettere il Paese in condizioni di completare la sua ‘europeizzazione’ ed è necessario rilanciare un’Europa in cui la coesione sociale si regga sul rispetto dell’eguaglianza dei diritti e dei doveri, della solidarietà sociale e delle libertà delle persone. E per fare questo è prioritario riscoprire la politica come un’impresa collettiva che metta fine alla frustrazione delle solitudini di massa.
4 – Sono stati compiuti errori gravi in questi anni a sinistra, ma capire gli errori compiuti non è sufficiente se questa comprensione resta passiva, ossia se non è accompagnata da una persuasione che si concretizzi in un rinnovato protagonismo creativo, fattivo, appassionato. In estrema sintesi la domanda che ci assilla è questa: come si rimotiva un impegno, una militanza politica e morale adeguata ai tempi nuovi in cui viviamo? Non certo ripetendo stancamente elenchi di obbiettivi e buone intenzioni. Una nuova politica della sinistra non si fa strada da sé, per pura autoevidenza. Ogni vera innovazione richiede la modificazione di tutti i termini e dei loro rapporti reciproci: progetto culturale e valoriale; programma politico e sociale; modello di organizzazione; formazione e selezione di un nuovo personale politico competente e credibile. Decisiva è la coscienza che tutto si tiene. Se l’intenzione manifestata dal Pd di aprirsi è sincera, bisogna sapere che non sarà un’operazione indolore per le nomenclature e gli apparati che nei territori sono stati responsabili in questi anni del distacco e della lontananza dalle questioni brucianti che hanno interessato larghi strati popolari e di ceto medio: il lavoro e i suoi diritti; la crescita e la sua sostenibilità; la sicurezza e la vivibilità delle città; l’inclusione e la giustizia sociale; il legame sociale e la solidarietà. In ultima analisi, bisogna costruire una comunità larga e plurale di persone dove la speranza vinca l’indifferenza, l’apatia e la sfiducia.
5 – A Ferrara il risultato delle regionali ha confermato una preoccupante supremazia della destra leghista. A fronte di un piccolo recupero in città, registriamo risultati catastrofici nella provincia. Per questo motivo, a Ferrara, è emergenza assoluta. Insieme alla elaborazione di un progetto politico e culturale alternativo alla destra è necessario preparare per tempo una nuova classe di dirigenti politici e di amministratori. Al confronto elettorale tra quattro anni bisogna presentarsi con volti nuovi e personalità capaci e autorevoli. A questo riguardo, dai risultati positivi delle elezioni del 26 gennaio nella nostra regione è scaturito un segnale di forte rilevanza politica e morale. Le oltre 22.000 preferenze raccolte da Elly Schlein sono la conferma di una domanda di cambiamento di idee e di persone. Teniamo presente questa lezione nella nostra città, per risalire dal baratro in cui è precipitata con la vittoria di una destra egemonizzata da figure arroganti e prepotenti. Bisogna assolutamente evitare di arrivare a ridosso della prossima scadenza elettorale senza aver preparato nuove soluzioni per poi sentirci dire che non si può fare altrimenti che accettare il meno peggio. Per una volta cerchiamo di prepararci al meglio e per il meglio.
Firme
1 – Alebbi Vanna
2 – Alessandrini Nicola
3 – Andreatti Giuliana
4 – Atik Adam
5 – Baratelli Fiorenzo
6 – Barbieri Roberta
7 – Bertone Annamaria
8 – Boari Francesca
9 – Bondi Loredana
10 – Bordini Maria
11 – Cappagli Daniela
12 – Carantoni Cinzia
13 – Carpeggiani Daniela
14 – Chiappini Alessandra
15 – Cuoghi Tito
16 – Dalloca Sergio
17 – Dall’Olio Roberto
18 – Faccini Giuseppe
19 – Faustini Corrado
20 – Fioravanti Giovanni
21 – Franchi Maura
22 – Gambi Silvano
23 – Grandi Enrico
24 – Grisanti Anna Maria
25 – Gessi Sergio
26 – Grossi Alessandro
27 – Guerrini Umberto
28 – Lupetti Sergio
29 – Magnani Gianpiero
30 – Mambriani Paola
31 – Mandini Stefania
32 – Marchetti Lucia
33 – Marzola Roberto
34 – Milani Mario
35 – Mori Antonella
36 – Orlandini Mauro
37 – Pancaldi Maurizio
38 – Passarotto Nicola
39 – Pedretti Daniele
40 – Piacentini Annalisa
41 – Piva Stefano
42 – Pusinanti Cinzia
43 – Seragnoli Daniele
44 – Soddu Sergio
45 – Stefani Piero
46 – Stefanini Milena
47 – Tassi Carlo
48 – Trondoli Adriana
49 – Turchi Marco
50 – Venturi Gianni
51 – Venturi Ivana
52 – Viel Clelia

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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