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da: ufficio stampa Ferrara Art Festival

Dopo il grande successo della serata di apertura, sabato scorso, quando sul palcoscenico di Palazzo della Racchetta sono saliti Enrico Cipollini e Daniel Vezoja, torna la musica al Racket Festival.
Il festival collaterale al Ferrara Art Festival ospita in questo mercoledì musicale due band: i Ties and the lies e i Not the pilot.
Di carattere indie e new wave i The ties and the lies si sono esibiti su alcuni dei palcoscenici italiani più importanti della scena rock e non solo, come il Covo e l’Estragon di Bologna, il Vox di Nonantola, il Velvet di Rimini, il Viper di Firenze e il Wah Wah di Venezia.
Il successo è arrivato con la pubblicazione del loro primo “ep” dal titolo “Hello Tokio” nel 2007; un prodotto energico, profondo e a tratti addirittura dark che viene rapidamente paragonato al post punk degli Editors e alle atmosfere degli Interpol e che ottiene svariati passaggi radio non solo in Italia, ma anche in Belgio e Gran Bretagna. Durante il 2007 i TheTiesAndTheLies collezionano più di 50 esibizioni live, vincendo alcuni importanti concorsi e divenendo una delle realtà emergenti più interessanti del panorama italiano. Nel 2008 vengono contattati per partecipare alla prima edizione del WahWahFestival di fianco a band come The Horrors, These New Puritans, Kap Bambino e The Violets, mentre nell’aprile sono band di supporto per il tour italiano dei Delorentos, importante formazione indie/post punk irlandese. A “hello tokyo” segue nei primi mesi del 2009 “behind the barricade”.
Storia più recente quella dei Not the pilot che nascono nel 2010 dal duo Euge e Max i quali desideravano di percorrere insieme un tratto delle loro vicende artistiche e musicali.
Il loro carattere è un lo-fi di eco psichedelico in cui mettono insieme i tratti peculiari della loro essenza musicale e cantautorale.
A quasi cinque anni da quel primo loro incontro, Euge e Max continuano a suonare insieme con la coscienza di proporre una musica visionaria e coinvolgente che piace al pubblico e riscuote sempre più successo.
Una serata di grande impatto quella proposta dal Racket Festival nella straordinaria cornice di Palazzo della Racchetta.
Contemporaneamente è possibile visitare anche le quattro mostre internazionali allestite nelle grandi e scenografiche sale del Palazzo della Racchetta.
L’inizio è fissato per le 21.30. Ingresso con tessera (2 euro), doppia consumazione (5 euro) e buffet libero.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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