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A poco più di un mese dal Buskers Festival, esce un libro che racconta la sua storia e quella del suo ideatore. L’intervista ai protagonisti e l’anteprima esclusiva dell’evento.

Dopo 27 anni di convivenza si tende a dare una relazione per scontata, si pensa che non possa più riservare sorprese. Che starà sempre lì, immutabile. Le cose straordinarie che si hanno davanti non si vedono più.
Però per fortuna a volte accade qualcosa che ci ricorda che quel che si ha accanto va amato e custodito perché è raro e prezioso e non è dovuto, ma va costruito ogni giorno.
Questo è il merito del libro di Leonardo Rosa, “Una strada lastricata di sogni. La vita straordinaria dell’uomo che ha inventato il Ferrara Buskers Festival”, da poco uscito per Pendragon.
Se si è ferraresi, si rischia di avere reazioni stanche al festival, quando non infastidite per la pacifica invasione che comporta. Non si pensa più a che incontro incredibile sia stato quasi trent’anni fa, quello tra una città allora povera di eventi culturali come Ferrara, un fabbro musicista visionario, e l’arte di strada. Così la biografia romanzata di Stefano Bottoni, ricostruita dal giornalista ferrarese, finisce con l’essere un monito savonaroliano a rinnovare l’amore per l’appuntamento musicale che ha reso la città estense famosa in tutta il mondo.
Se vi avventurate tra le pagine con la diffidenza tipica dei ferraresi che leggono di altri ferraresi, sarete presto costretti ad abbandonare ogni resistenza, perché la prosa è agile, vivace e acuta.
Rosa ripercorre la vita di Bottoni partendo dall’oggi, con l’espediente di una visita al museo dei tombini, l’ultima delle sue follie. Da lì inizia il racconto in flashback della Ferrara anni ’60, con le band di adolescenti che scoprivano il rock’n’roll nei garage tra le biciclette accatastate, e chiamavano il loro gruppo “Rovine cadenti” emulando i Rolling Stones. Ci sono i primi passi di Stefano nel mondo della musica, quando inizia a suonare la chitarra e comporre versi, tra le frequentazioni parrocchiali, guidato dalla figura di don Patruno e la rivoluzione del ’68, che gli ispira il brano “Fabbrica astrale”, portato alla ribalta dal suo gruppo Folk Studio. Poi ci sono gli anni ’70 con l’attività di fabbro nell’officina padre, e il fondamentale incontro con la futura moglie Enrichetta, da allora sempre al suo fianco nell’organizzazione del Festival. E si arriva al momento cruciale nel 1987, quando in un paio di occasioni Bottoni assiste alle estemporanee e suggestive esibizioni di musicisti nelle vie del centro e inizia a sognare di creare un evento tutto per loro in quel palcoscenico naturale che è la città. La spregiudicatezza e la disponibilità economica dell’amministrazione Soffritti, l’appoggio dell’allora esordiente consigliere d’opposizione oggi ministro Dario Franceschini, hanno creato la tempesta perfetta per far partire lo stesso anno il primo Buskers Festival di Ferrara, benedetto l’anno dopo dall’esibizione a sorpresa di Lucio Dalla.
Stefano Bottoni è un nostrano Steve Jobs, suggerisce lo speaker radiofonico Maurizio di Maggio nella prefazione al libro, anche lui partendo da un garage è riuscito a realizzare un sogno, con passione e tenacia.
Proprio questa visionarietà ha convinto Leonardo a scrivere la storia di Bottoni.

L’AUTORE: LEONARDO ROSA

“L’idea è nata quasi per caso, circa due anni fa – ci ha raccontato l’autore – conosco Stefano Bottoni dal ’96, anno in cui ho iniziato a collaborare col il Ferrara Buskers Festival, accompagnando gli artisti alle loro postazioni musicali. Da allora non ci siamo mai persi di vista. Lo considero una persona “visionaria”, che sa scorgere oltre l’apparenza delle cose e al contempo riesce a essere decisamente testardo e pragmatico nel realizzare i suoi progetti. D’altronde credo sia totalmente fuori dal comune un personaggio che è al tempo stesso musicista, compositore, scultore, ideatore di alcuni importanti festival artistici, collezionista di oltre 150 tombini… Quando un giorno, dopo l’ennesimo aneddoto, mi disse: “Sulla mia vita ci si potrebbe scrivere un film”, io gli risposi: “Prima però occorre scriverne la storia”, incontrando di fatto il mio desiderio di scrivere un libro.

Quanto tempo ci è voluto per raccogliere le memorie che sono confluite nel libro?
“All’incirca due anni, non è stato un lavoro fluido, più che altro perché, dovendo seguire vari progetti lavorativi, ho dovuto relegare il libro al tempo libero. Poi c’è voluto un paziente lavoro di ricostruzione, dovendo intervistare, oltre il protagonista, anche tanti altri personaggi e andando a recuperare parecchi giornali per una storia che copre un arco temporale di circa 50 anni.

Quante persone sono state intervistate? Tutti disponibili?
“Ho contato una trentina di interviste a persone diverse, devo dire che son stati tutti gentili e disponibili con me, compreso l’attuale ministro Dario Franceschini che ha rivestito un ruolo importante per la nascita del Ferrara Buskers Festival. Non è stato ovviamente semplice contattare persone che risiedono il altre città, ma alla fine sono molto contento del risultato, con un solo rimpianto. Purtroppo non ho fatto in tempo a intervistare Lucio Dalla, dopo aver contattato la sua segreteria”.

Ci sono elementi di finzione in mezzo alle ricostruzioni storiche?
“Tutti i fatti raccontati sono veri: dal coinvolgimento di vari personaggi famosi, ai tanti progetti che Stefano è riuscito a portare a termine. Ho inventato alcuni personaggi per esigenze di trama, oltre al fatto che alcuni reali protagonisti delle vicende sono scomparsi, quindi per correttezza non li ho citati con i loro veri nomi”.

Come sei arrivato a scegliere quali dei tanti momenti includere e quali no?
“Mentalmente conoscevo le tappe salienti della vita di Bottoni, vale a dire i traguardi importanti che il protagonista ha raggiunto. Il resto sono stati tanti aneddoti emersi, anche casualmente, nel corso delle interviste con Stefano. Ne cito uno su tutti: alla stazione di Ferrara, agli inizi degli anni 70, Bottoni si imbatte in un giovane Francesco Guccini e gli dà un passaggio fino a Vigarano Mainarda dove doveva suonare. Un surreale viaggio a bordo di una Mini Minor che pareva ancor più minuscola con a bordo un omone di un metro e novanta come Guccini!”.

Il lavoro di ascolto e di riscrittura è molto lungo, richiede molta pazienza, molto tempo. Hai mai dubitato di farcela?
“Stefano, da vero artista, si esprime in modo singolare, perdendosi in digressioni lunghissime. trovare la sintesi è stato il compito più difficile. La trama è venuta da se. Il momento trepidante per uno scrittore al suo primo esperimento letterario è quando il lavoro viene spedito ai vari editori. Un progetto su cui ci si crede tanto non è detto possa conquistare i destinatari e, in ogni caso, il responso può arrivare dopo mesi. Ho avuto la fortuna che nel giro di pochi giorni mi abbiano contattato tre case editrici. Quella che mi ha convinto maggiormente è stata Pendragon e ora eccoci qua!”.

Quali sono state le reazioni delle persone coinvolte quando hanno letto il romanzo?
“Sono molto attento ai pareri dei lettori, anche in virtù del fatto che è il mio primo libro.
Le reazioni per il momento sono state molto positive. L’obiettivo era quello di raccontare una storia vera in modo fluido e leggero. Se ci sono riuscito devo ringraziare un carissimo amico, coinvolto all’inizio di questo progetto: Alessandro Gelli. Lui mi suggerì di evitare una cronistoria, ricorrendo a un espediente tratto, anche in questo caso, dalla realtà: cinque ragazzi in visita al Museo delle Ghise di Bottoni, un luogo che, oltre ai tombini, contiene tantissimi ricordi della vita di Stefano. Locandine dei primi concerti, sculture in ferro, moltissime foto di luoghi esotici. Questi curiosi visitatori rivolgono molte domande al padrone di casa, fornendo il modo di suddividere la storia in sette capitoli tematici”.

Tu e l’editore non temete che sia una storia troppo ferrarese per avere mercato al di là della città?
Sia io che l’editore non lo riteniamo un limite, anzi. Sento tante persone che non abitano da queste parti, considerarsi innamorate di Ferrara. Non è un caso sia una delle città più sfruttate per ambientarvi film e fiction TV. Inoltre alcuni episodi della storia si svolgono all’esterno, come l’incontro tra Bottoni e Compay Segundo all’Havana, o l’individuazione del primo dei 150 tombini, avvenuta a Praga. Altre vicende coinvolgono personaggi di un certo calibro. Credo sia curioso, per esempio, leggere che Lucio Dalla nel 1987, all’apice della carriera dopo il successo internazionale di Caruso, un pomeriggio d’autunno bussi all’officina di uno sconosciuto fabbro ferrarese. Così come è singolare che, una volta che i due furono diventati amici, lo stesso Dalla chieda di suonare in incognito al neonato Ferrara Buskers Festival, e al tempo stesso, nel dietro le quinte, sia assolutamente impaurito prima di affrontare quest’avventura…”.

Qual è il tuo legame con il festival? Ci lavorerai anche quest’anno?
Sarò impegnato in prima persona nel presentare ‘Storie di Buskers’ un momento quotidiano di approfondimento dove un gruppo di invitati racconterà al pubblico le proprie esperienze, tra cui la scelta di diventare artisti di strada. Dopo aver letto le voluminose rassegne stampa sui primi anni del festival e aver raccolto le testimonianze di organizzatori e pubblico, è stato emozionante constatare la crescita esponenziale di questa manifestazione negli anni. I ferraresi, come noto, sono molto diffidenti. Vedere questi ‘forestieri’ invadere la città, per la prima edizione è stato qualcosa che generò subito estrema diffidenza, malgrado si esibissero anche musicisti di grande spessore. Nel corso di un’intervista il giornalista Rai Filippo Vendemmiati mi raccontò che, dopo aver girato il primo servizio sui Buskers per il Tg2, il giorno successivo alla messa in onda l’atteggiamento dei nostri concittadini cambiò radicalmente: i ferraresi si resero conto di avere in città un evento bello, originale e coinvolgente, testimoniato da centinaia di migliaia di turisti in arrivo.
Inoltre venerdì 29 agosto ore 18, Libreria IBS, Piazza Trento e Trieste ci sarà la presentazione del libro “Una strada lastricata di sogni”, con la partecipazione del Sindaco Tiziano Tagliani e di alcuni artisti del Ferrara Buskers Festival.

Infine una nota biografica, la dedica iniziale è per un nascituro e la sua mamma, tuo figlio?
Si! L’arrivo di Giacomo è previsto tra qualche giorno…

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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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