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L’Europa potrebbe riservarci qualcosa di nuovo nel prossimo anno. Christine Lagarde succederà a Mario Draghi alla presidenza della Bce ed ha annunciato di voler proseguire nelle politiche di alleggerimento quantitativo introdotte dal suo predecessore. Certo il quantitative easing (l’acquisto di titoli di debito pubblico da parte delle banche centrali) e i tassi zero stanno collezionando un bel po’ di critiche da parte dei banchieri centrali, le ultime pervenute dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann e dall’olandese Klaas Knot, apertamente contrari a questo tipo di politiche. Il punto, affermano questi ultimi, è che le politiche monetarie molto accomodanti sono state già ampiamente utilizzate e hanno dato i loro frutti.
I banchieri ritengono che continuare a inondare il mondo di liquidità porterebbe più problemi che soluzioni per cui i tecnici stanno pensando a soluzioni di compromesso come, ad esempio, rimandare il quantitative easing oppure limitarne gli acquisti da parte della Bce.
Sui tassi zero, invece, si discute dei danni che questi procurano agli Istituti di credito e, di riflesso, ai risparmiatori che si ritrovano a pagare per tenere i loro soldi in banca. In Germania si sta pensando di tutelare per legge i depositi fino a centomila euro proprio per evitare questi problemi e, contestualmente, lanciare un messaggio all’Istituto di Francoforte.
Ma fibrillazioni dei banchieri centrali a parte, il momento sembra essere propizio per importanti cambiamenti nelle regole di bilancio europee perché Lagarde ha parlato anche di condivisione dei rischi e quindi, in sostanza, di euro bond, sul modello dei T-Bond americani. Cioè mettere in comune i rischi legati ai debiti sovrani, il che allenterebbe le tensioni sui debiti pubblici e permetterebbe una maggiore concentrazione sulle politiche sociali e del lavoro, ovvero si potrebbe dare maggiore possibilità alle politiche espansive.
Il perché oggi sembra essere più semplice immaginare politiche monetarie accomodanti è presto detto. Mario Draghi lanciò il quantitative easing in ritardo rispetto agli Usa e al Giappone a causa dell’opposizione della Germania con il vento in poppa in economia grazie all’ottimo andamento delle esportazioni. Oggi invece è in difficoltà e un po’ tutti in Europa sono in recessione tecnica compresi i paesi centrali, tra cui appunto la Germania.
Come ha rilevato l’istituto federale di statistica tedesco, sono in calo gli ordini manifatturieri del 2,7% rispetto a quelli del mese precedente e del 5,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In calo anche la domanda estera del 4,2% rispetto al mese precedente dovuto soprattutto alla guerra dei dazi in corso e alla misure protezionistiche messe in atto dagli Usa che danneggiano il settore automobilistico.
Il Pil tedesco è visto in ribasso, la Bundesbank parla apertamente di recessione tecnica, ed ecco che oggi è possibile ciò che non era possibile quando a soffrire erano i paesi mediterranei. Di necessità virtù, altre soluzioni al momento non ci sono e quindi è bene incanalarsi nel solco del “cambiare da dentro” l’Europa del rigore e dei bilanci in ordine.
L’Italia con il cambio di maggioranza al governo va in questa direzione. Ritorna il Partito Democratico, da sempre sulla scia delle politiche di Bruxelles, e sparisce l’euroscetticismo confusionale della Lega. Operazione benedetta dai mercati che vedono il Ftse Mib lanciato verso i ventiduemila punti e lo spread scendere sotto i 150 punti. Ma apprezzata anche dagli italiani, visto che un recente sondaggio di Milano Finanza attribuisce oltre il 44% di consensi al Conte bis.
In ogni caso sarebbe da ricordare sempre che ciò che è buono per mercati e finanza non è necessariamente un bene per la gente comune ma, come dicevamo sopra, quello che potrebbe succedere nel prossimo anno è il meglio che la dirigenza politica europea ci può offrire. Un piccolo miglioramento, forse illusorio, perché c’è bisogno di alleviare le sofferenze ai grandi e quindi c’è speranza che qualcosa possa arrivare anche ai piccoli. Una specie di trickle down (gocciolamento verso il basso), come quando si sono dati soldi alle banche con la speranza che qualcosa arrivasse anche alle famiglie oppure come quando si vuole introdurre la flat tax sperando che i milioni risparmiati in tasse dai ricchi diventino investimenti e posti di lavoro per i meno fortunati.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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