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Tra la Francia e l’Italia c’è sempre stata competizione ma per lo più hanno sempre vinto loro potendo godere di Istituzioni più solide delle nostre perché più antiche e quindi di più larga esperienza. Nella storia i francesi hanno cercato sempre di primeggiare sia in Europa che nel mondo, contendendo colonie e sfere di influenza all’Inghilterra.
Poi con l’arrivo degli americani sullo scacchiere internazionale hanno allentato la presa, come del resto l’Inghilterra, ma sono comunque riusciti a tenersi strette un bel po’ di “prerogative” in maniera forse più subdola di questi ultimi: in Africa, nel Medio Oriente e ovviamente nel mediterraneo. Incuranti, e tante volte in contrasto, con gli interessi italiani.
Sono nazionalisti e molto attenti alla difesa dei propri interessi, non seguono ma precedono. La Nato per averli ha dovuto inserire il francese come lingua ufficiale insieme a quella inglese ed infatti la Nato, per i francesi, si chiama Otan.
Si dice che l’euro sia stato pensato per ruotare intorno agli interessi di Germania e Francia e che quest’ultima abbia accettato proprio per contrastare il crescente potere economico tedesco. In ogni caso da fondatori di fatto e non di “carta”, possono permettersi ciò che altri possono solo chiedere e vedersi, per lo più, rifiutato.
Oggi, causa manifestazioni di piazza, la Francia ha bisogno di spendere e quindi di indebitarsi di più di quello che aveva previsto. Moscovici, Cottarelli e Repubblica sono concordi nell’affermare che può farlo a differenza dell’Italia che invece non può perché, dicono, ha dei fondamentali economici peggiori.
Proviamo a farci un’idea obiettiva della questione e cerchiamo di capire come sono effettivamente i conti e se la questione sia realmente … economica. Andiamo a guardare questi fondamentali.
Iniziamo dal deficit, la tabella di seguito è alquanto esplicita. Il punto interrogativo sul 2019 indica che si tratta, ovviamente, di una previsione. Per la Francia un 3,4% opzionato da Macron per placare le richieste dei gilet gialli e un 2,4% per l’Italia che Conte sta trasformando in un 2.04%.

La curiosità: la Francia nel periodo 2012 – 2014 si mantiene sulla media del deficit al 4%, in quel periodo era Ministro delle Finanze l’attuale Commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici. Quando invece raggiunse il record di deficit al 7,2% nel 2009 lo stesso Moscovici era Ministro degli Esteri, sempre presente nel Governo ma, diciamo così, meno “responsabile” dell’accaduto.
Per quanto riguarda il debito pubblico l’Italia cresce nel periodo 2007 – 2017 di ben 686 miliardi di euro. Una cifra enorme considerando che i Governi che si sono succeduti hanno imposto manovre “lacrime e sangue”, taglio di salari e pensioni, taglio delle assunzioni, degli investimenti e di qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani proprio nel tentativo di abbatterlo senza, evidentemente, riuscirci.
Una cifra enorme che però, se confrontata con i 1.025 miliardi di aumento del debito francese diventano poca cosa. Nel 2018, poi, aggiungerà altri 60 miliardi di euro, il doppio dell’Italia che dovrebbe fermarsi a 32 miliardi.
La Francia, nello stesso decennio, ha aumentato la spesa governativa di quasi 300 miliardi, circa tre volte in più dell’Italia che non è arrivata a 100 miliardi.
L’Italia spende però di più in interessi sul debito pubblico. Mediamente una spesa in debito pubblico superiore di 20 miliardi all’anno rispetto alla Francia, a dimostrazione del fatto che i nostri governi hanno prestato più attenzione alle esigenze dei mercati che a quelle dei cittadini.
Interessante, conseguentemente, il confronto sul piano del bilancio primario, ovvero la reale spesa dello Stato al netto degli interessi sul debito pubblico. Un modo per constatare effettivamente il livello di “consolidamento” dei bilanci, quanto realmente spende uno Stato per andare incontro ai bisogni dei cittadini e quanto per i mercati.

Ebbene da questo grafico del Mef si ricava che per il periodo 2009 – 2016 l’Italia ha una media positiva del 2,8%, mentre la Francia ha invece una media negativa di circa 1,5%. Insomma mentre l’Italia consolida (riduce) la spesa e sta attenta a far quadrare i conti, la Francia spende più di quanto riceve dai cittadini ancor prima di spendere per gli interessi sul debito.
Passiamo alla bilancia commerciale e ai suoi saldi, un altro fattore da considerare per avere un quadro corretto della situazione economica di un Paese. Ebbene anche qui la Francia non si comporta granché bene ed infatti, come si vede dal grafico seguente…

la Francia è in deficit all’incirca dal 2006 mentre l’Italia dal 2012 sta avendo ottime performance e ha chiuso il 2017 con un surplus di 47,5 miliardi di euro.
In sintesi, la Francia ha una storia di deficit annuali ben superiori a quelli italiani e per i quali non è stata mai multata. Inoltre, ha un deficit “gemello” ovvero è in negativo sia sulla bilancia commerciale che sul settore pubblico. In quest’ultimo caso ho sottolineato che il settore pubblico si indebita sia sul bilancio primario (al netto degli interessi) che sul bilancio finale, cioè dopo aver introdotto in contabilità gli interessi sul debito pubblico.
L’Italia invece ha surplus sul bilancio primario da decenni, quindi restituisce ai cittadini meno di quello che da loro incassa. Contemporaneamente, esporta più di quello che importa a riprova che ha un’economia in grado di competere sui mercati internazionali secondo i canoni imperanti e liberisti.
Sul piano del debito dobbiamo aggiungere un grafico, anzi due. Il primo sul debito delle famiglie

E il secondo (dati: bloomberg.com) sul debito totale

Dati causa e pretesto, bisogna aggiungere che nonostante la Francia sia fuori quasi da tutti i parametri tanto cari all’eurozona, vede il suo Pil superare in crescita di circa 3 volte quello italiano nel periodo 2007 – 2017, il che copre la montagna di debito e di deficit da cui è sommerso e le permette di mantenere la forbice debito/pil sotto il 100%. A guardare la situazione francese verrebbe da pensare che in fondo uno Stato che spende non sia una tragedia, non sarà che a noi mancano proprio i suoi deficit?
A noi sognatori, stranamente, piace pensare che la matematica non sia un’opinione, che i grafici inseriti in quest’articolo abbiano un senso e quindi che la Francia sia migliore di noi per il fatto che fa Politica, decide cosa è meglio per i suoi cittadini e come un buon padre di famiglia che pensa prima ai suoi figli, i Governi francesi hanno pensato e continuano a pensare prima ai francesi, anche se devono dare giustificazioni all’Europa a volte ridicole come fa Moscovici (francese alla corte di Bruxelles).
E forse spendere di più fa bene anche all’occupazione, visto che loro hanno 3 punti percentuali di disoccupazione in meno rispetto all’Italia, hanno più servizi e quando scendono in piazza sanno farsi ascoltare. Noi abbiamo Monti, Fornero, Cottarelli e Boeri passando per Calenda, Renzi e la Boldrini. Tutti impegnati, insieme a Rai, Mediaset e grandi giornali nazionali, a elogiare qualsiasi cosa che sia contro l’Italia e gli italiani.
Quello che non reggiamo con la Francia non è il confronto con l’economia ma il fatto che la nostra politica non fa gli interessi nazionali, che i sindacati sono troppo impegnati a “concertare”, che l’informazione è troppo occupata a parlare male dell’Italia, in un sistema in cui di conseguenza i cittadini hanno finito per essere troppo confusi da decenni di cattiva politica, cattivo sindacato e cattiva informazione per cui continuano a cercare nelle ideologie la soluzione di problemi pratici.
Non essendoci visione, rappresentanza e verità si è realizzato il sistema perfetto che annulla da solo qualsiasi tentativo di miglioramento, insomma la realizzazione ultima della società gattopardesca.

in copertina elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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