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Da: MLB Gallery

Anche quest’anno abbiamo partecipato all’ART Week di Miami Beach in una delle principali collaterali della grande Miami Art Basel , che è ormai considerata la piazza più vivace dell’arte contemporanea. Come ogni grande fiera, Miami Art Basel ha varie collaterali (addirittura una ventina!) che propongono giovani artisti, nuove sperimentazioni ed offrono ai collezionisti un ampio territorio da esplorare alla ricerca di nuove suggestioni e buoni investimenti. Quella da noi scelta è una delle più frequentate e variegate: gallerie da tutto il mondo presentano un ampio panorama di artisti.

Quest’anno sapevamo già come muoverci e come organizzarci, e questo ci ha permesso di avere più tempo per guardarci attorno e vedere quanta energia era presente. Come molti ritengono, il mercato dell’arte è un indicatore dell’umore diffuso e quest’anno in tanti segnalavano una diffusa sensazione di incertezza che ha scoraggiato i grandi investimenti, incentivando invece la ricerca delle giovani promesse. Per questo, rispetto allo scorso anno, abbiamo avuto occasione di incontrare più art advisor e curatori di musei e collezioni…e vi assicuro che quando la mail che lasciano finiscono per @moma.org, viene un certo tremore!

Stesso tremore, quasi un mancamento, quello che abbiamo provato quando si è aperta una certa porta: ricapitoliamo riportando solo i nomi dei personaggi coinvolti. Antonio ed Annamaria, due collezionisti che abbiamo la fortuna di conoscere, ci hanno invitato ad un aperitivo nella loro casa di Miami, quindi, finita la fiera, ci diamo una sistemata e ci facciamo portare in questo complesso residenziale. La security all’ingresso ci fa entrare senza problema e quindi, ringalluzziti, saliamo con un ascensore tutto specchi, e, giunti alla porta, entriamo baldanzosi del nostro essere galleristi.

E improvvisamente ci sentiamo come in un sogno, come in quel particolare sogno che fanno tutti, quello di accorgersi di essere in mutande davanti al pubblico. All’aperitivo erano stati invitati altri quattro galleristi: Alfonso Francesca Lia Raffaella tutti insieme vicini senza nemmeno la virgola, praticamente la metà delle più importanti gallerie d’Italia …e noi! Per fortuna era presente il nostro amico Paolo, capace di farti sentire a tuo agio appunto anche in mutande, che ci ha fornito un bicchiere cui aggrapparci e noi, preso coraggio, abbiamo trascorso una delle serate più belle, ascoltando, imparando, confrontando e prendendo nota dell’enorme quantità di esperienze concentrata in quella casa.

La fiera SCOPE dura ben 6 giorni, che sono un sacco quando devi stare in piedi a parlare di continuo per undici ore di fila, ma noi abbiamo sempre la fortuna di trovare delle persone disposte ad aiutarci con una grinta incredibile e così quest’anno siamo stati affiancati da Maurizio, Romina e Isabella e tutti siamo stati impegnati a presentare senza sosta i nostri artisti alle numerose persone che passavano nel nostro stand… ed i nostri sforzi hanno dato i giusti risultati.

Alla sera però ci gratificavamo con laute cene: in fiera non si pranza, ed ogni volta era una appassionante caccia ad un nuovo locale. Abbiamo così mangiato nel buon ristorante di amici italiani, nel falafel kosher, nel burger diner alla Hopper, nel ristorante turco, nel fusion koreano, nel tipico fried chicken degli Stati del Sud: tutti con porzioni così americane da farci stramazzare a letto, soddisfatti.

Alla fine della fiera, quando si deve disallestire, viene sempre il magone, ma quest’anno siamo riusciti a scacciarlo con un po’ di shopping e un bel bagno in mare il 6 di dicembre!

Ecco il breve riassunto dell’avventura chiamata ‘Miami Beach 2016’: nel video potete vedere alcune immagini di ciò che abbiamo vissuto. Spero che vi sia piaciuto al punto da farvi venire voglia di venire con noi il prossimo anno: ne vale assolutamente la pena!

Nel frattempo però vi aspettiamo a fine gennaio a Bologna ad Artefiera 2017 dove ci troverete nella sezione ‘Fotografia’.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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