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Il tema dei rifiuti speciali spesso viene sottovalutato o addirittura non trattato. Proprio i rifiuti industriali, invece, rappresentano un problema ancora non risolto e una criticità ambientale di dimensione crescente, il cui volume supera quattro volte la dimensione dei rifiuti urbani.
La gestione dei rifiuti speciali è soggetta alle regole del libero mercato, la responsabilità del loro corretto recupero, trattamento e smaltimento è a carico del produttore/gestore stesso, nelle forme consentite dalla normativa. I rifiuti speciali prodotti ogni anno ammontano a oltre otto milioni di tonnellate e per il 90% sono costituiti da rifiuti non pericolosi.
La produzione dei rifiuti industriali per unità di valore aggiunto cresce con un andamento detto di “kusnets ambientale”, ovvero cresce molto nella prima fase per poi stabilizzarsi e talvolta decrescere all’aumento rilevante del valore aggiunto. Il problema si rileva maggiormente nei periodi in cui l’economia è debole o comunque quando ci sono difficoltà di mercato. Certo è che al crescere della produzione di questi rifiuti, cresce l’incapacità sia gestionale che di controllo da parte delle istituzioni; infatti mancano gli impianti di trattamento e mancano soluzioni sufficienti a livello operativo per affrontare questo grande problema.
Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, vogliamo evidenziare un dato rilevante, se confrontato con quello dei rifiuti urbani: i rifiuti speciali, ossia quelli che provengono dal settore produttivo, costituiscono il 73% di quelli complessivamente prodotti, pari a quasi tre volte la produzione dei rifiuti urbani. La produzione di rifiuti speciali risulta soprattutto concentrata nelle province di Modena, Ravenna e Bologna. Il sistema impiantistico dedicato alla gestione dei rifiuti indifferenziati residui è in grado di soddisfare completamente il fabbisogno di smaltimento in questa regione. Tale sistema è costituito da 5 impianti di trattamento meccanico-biologico, 4 impianti di trattamento meccanico, 8 inceneritori con recupero energetico, 17 discariche e 18 piattaforme di stoccaggio/trasbordo.
Per avere risposte concrete servirebbe una maggiore attenzione sul tema e una riflessione seria per capire i meccanismi e le dinamiche che producono tali criticità; oltretutto la normativa poco restrittiva di cui disponiamo, lascia ampi margini ad un mercato inaffidabile dal punto di vista ambientale.
Servono innanzitutto dati certi e censimenti severi, una rilevazione del fenomeno sia a livello quantitativo che economico. La dichiarazione dei produttori tramite il Mud (Comunicazione annuale dei rifiuti) non rappresenta certo una fonte concreta, anche perché alcune categorie di imprese sono esentate da questa stessa dichiarazione. A livello nazionale permane la grande differenza tra nord e sud, come emerge da uno specifico studio di Unioncamere che ha appunto analizzato la copertura del Mud rispetto al registro delle imprese per l’industria a livello provinciale ed in cui si evidenzia come nel nord–est vi sia la maggiore copertura; il problema comunque è criticamente diffuso su tutto il territorio.
A integrazione, si ritiene utile ricordare una importante norma spesso sottovalutata che riguarda la responsabilità del produttore (direttiva 2008/89/CE) art 8 comma 1: “Per rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e l’altro recupero dei rifiuti, gli Stati membri possono adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore. Tali misure possono includere l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l’utilizzo di tali prodotti, nonché la successiva gestione dei rifiuti e la responsabilità finanziaria per tali attività. Inoltre possono includere l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile”

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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