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Dalle statistiche attuali, l’Islam è sicuramente una delle religioni più professata al mondo. Se ne parla tanto ma non si evidenziano abbastanza i suoi insegnamenti positivi.
E ora che anche papa Francesco ha toccato il tema, perché non guardare anche da un’altra parte, per capire come, in fondo, tutte le religioni abbiano a cuore lo stesso bene comune.
Ci pareva, pertanto, interessante capire un po’ di più il legame fra Islam e Natura, che ricopre un ruolo sempre di maggior rilievo, per crescita e sviluppo. Nella visione dell’Islam, il termine ambiente non si riferisce solo alla definizione ‘popolare’ del termine, come insieme di organismi viventi e fenomeni naturali, ma comprende anche gli esseri umani. Non vi è, infatti, alcuna ragione per escludere questi ultimi, essendo essi non solo parte integrante dell’ambiente ma anche uno dei suoi elementi principali. Il benessere dell’ambiente dipende dal benessere spirituale dell’essere umano e la sua degradazione costituisce la diretta conseguenza dell’incapacità dell’uomo di coltivare la propria componente spirituale, intellettuale e fisica. Dio ha conferito piena fiducia all’essere umano assegnandogli la missione di prendersi cura, in Sua vece, dell’umanità stessa oltre che delle Sue creature. Se l’Uomo ha, quindi, il diritto di godere della terra e delle sue risorse (Corano 45:13 e 6:142), natura e animali, in quanto dono di Dio, vanno tuttavia rispettati e preservati, senza sfruttare gli altri o le generazioni future. L’universo è un bellissimo, variopinto e ricco libro aperto da rispettare nel leggerlo e sfogliarlo. Dio ha nominato e indicato all’umanità di agire come suo rappresentante e guardiano dei diritti universali (“E quando disse il tuo Signore: Io porrò sulla terra un mio vicario”, Corano II:30). La dimensione spirituale dell’ambiente è davvero forte.
La visione islamica di come sviluppare ecologicamente il mondo può essere articolata su due diversi, ma inter-relazionati, livelli. Il primo riguarda la visione che descrive la relazione tra Uomo, mondo e Dio. Il secondo è rappresentato dal quadro legale che regola la relazione fra Uomo e ambiente, da un lato, e fra Uomo e Creatore, dall’altro.
Partendo da tali elementi, proviamo a esaminare alcune regole islamiche dettate per “come lavorare con gli altri al fine di mantenere un ambiente sano condiviso”. Amare il Creato come pura espressione dell’amore divino è, e deve restare, la prima regola di ogni essere umano. I disastri ecologici sono il frutto della disobbedienza alle leggi di Dio e colpiscono tutti gli uomini senza distinzioni.

La missione dell’uomo come vicario divino: diritti e doveri verso l’ambiente
La responsabilità principale dell’Uomo resta quella di prendersi cura dell’universo e di mantenerlo, come parte integrante di esso. Il fatto che il mondo sia stato messo a disposizione dell’Uomo per avvantaggiarsene comporta anche, e soprattutto, la necessità di collaborazione fra gli esseri umani, perché a tutti è riconosciuto il diritto di sussistenza, in dignità e rispetto reciproci. L’essere umano ha l’obbligo di conservare l’universo tanto quantitativamente che qualitativamente.
Il diritto islamico indirizza la relazione tra essere umani e ambiente sullo stesso binario di diritti e doveri. Così come obbliga a conservare l’ambiente e a condividerlo con gli altri, garantisce a ognuno il diritto di risiedere in una zona pulita e bella dove vivere in pace e dignità. Ognuno resta libero di usare un ragionamento indipendente (ijtihad) per promuovere il benessere generale, basta seguire corretti principi ed applicarli nella vita quotidiana. Alcune indicazioni precise sono rivolte ad acqua, aria, terra e suolo, piante ed animali. “Ogni essere vivente proviene dall’acqua” (Corano 21:30): piante, animali ed essere umani dipendono da essa per la propria esistenza e la continuazione della loro vita. Dio ha creato la terra, ha mandato l’acqua giù dal cielo, per nutrire gli esseri umani, cosi come gli ha permesso di navigare mari e fiumi (Corano 14:32). Oltre ad una funzione vitale, l’acqua ha evidentemente anche un importante ruolo socio-religioso nella purificazione del corpo e del vestiario dalle impurità esterne. La conservazione della risorsa idrica, come elemento vitale, resta, senza dubbio, fondamentale per la preservazione e la continuazione della vita nelle sue varie forme, vegetale, animale ed umana. E’ quindi un obbligo, nel diritto islamico. Ogni azione che danneggi la funzione vitale, biologica e sociale, di tale elemento, va dunque condannata. Riconoscendo l’importanza dell’acqua come base della vita, Dio ne ha indicato l’uso come diritto comune di tutti gli esseri viventi. Un diritto inalienabile, irriconoscibile e libero.
L’elemento aria non è meno importante dell’acqua nella perpetuazione e preservazione della vita umana, animale e vegetale. Tutte le creature terrestri dipendono, infatti, dall’aria che respirano. Anche i venti hanno un ruolo fondamentale come “fertilizzanti”, nel loro ruolo nell’impollinazione (Corano 15:22). L’atmosfera pulita, in generale, occupa un posto di tutto rilievo nella conservazione della vita.
La terra ed il suolo, poi, sono essenziali per la sopravvivenza delle specie, creata per esse (Corano 55:10). Piante ed animali, infine, garantiscono la sopravvivenza. Piantare un albero e dare da mangiare attraverso i suoi frutti a un essere vivente è importante per un musulmano, poiché ridare vita alla natura significa valorizzare e proteggere ciò che Dio ci ha donato. Piantare un albero è considerata opera meritoria. Le piante, oltre a costituire fonte di nutrimento, contribuiscono all’arricchimento del suolo ed alla protezione dall’erosione di vento ed acqua. Hanno un valore immenso anche come medicinale, profumo, fibra e carburante. Gli animali contribuiscono a sussistenza di piante ed esseri umani. Contribuiscono all’atmosfera tramite il loro respiro, i loro movimenti migratori contribuiscono alla distribuzione delle piante, costituiscono cibo e forniscono all’uomo pelle, lana, carne, latte e miele. “Non vi sono bestie sulla terra né uccelli che volino con le ali nel cielo che non formino delle comunità come voi” (Corano 6:38).

Protezione dell’ambiente dagli impatti umani
Abbiamo percorso rapidamente alcuni passaggi principali dei testi sacri islamici che evidenziano l’importanza dell’ambiente nella preservazione delle generazioni presenti e future, il suo ruolo vitale in generale. Vedremo ora quali principi l’Islam prevede per la protezione dell’ambiente e dell’uomo dagli impatti di fattori esterni quali prodotti chimici e rifiuti. Danni di ogni tipo e forma sono proibiti, come principio generale. Rifiuti e sostanze pericolose, risultanti da attività umane o industriali ordinarie, devono essere trattati o eliminati con massima attenzione e cura, per garantire protezione adeguata dell’ambiente e dell’uomo dagli effetti pericolosi. Ri-uso dei beni e riciclaggio di materiali e rifiuti vanno altresì incoraggiati. Stessi principi si applicano ai pesticidi, inclusi insetticidi ed erbicidi. Riduzione e minimizzazione dei rumori vanno altresì incoraggiati, così come la prevenzione volta a ridurre gli impatti delle catastrofi naturali, quali alluvioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, uragani, desertificazione, infestazioni ed epidemie. Si pensi solo che secondo la Carta delle nazioni islamiche del 1992, la proprietà è definita come “una funzione che può essere utilizzata solo per il bene e l’interesse della collettività” e che essa “non deve nuocere al prossimo”.

Principi, politiche e istituzioni di diritto islamico a garanzia della protezione ambientale
Se la responsabilità ultima di un’azione corretta verso la preservazione dell’ambiente risiede nel singolo individuo poiché ultimo responsabile della propria condotta di fronte a Dio, le autorità hanno evidentemente un ruolo fondamentale nell’assicurare il benessere comune e nel ridurre danni e impatti negativi sull’ambiente. Si tratta anzi di uno dei loro doveri principali. I limiti di tale interferenza sono stabiliti con precisione dal principio per cui la gestione degli affari è regolata dal bene comune. Tutte le azioni sono valutate in termini di conseguenze come beni sociali e benefici (masalih) o come danni sociali (mafasid). Pianificatori e amministratori devono sempre puntare al bene comune universale di tutti gli esseri viventi, cercando quindi di armonizzare gli interessi di tutti. Ove questo non sia possibile, e nella realtà è facile che sia così, il bene comune richiede una valutazione e una prioritizzazione che deriva dal pesare il benessere del maggior numero di persone, l’importanza e l’urgenza dei vari interessi coinvolti, la certezza o la probabilità del beneficio o del danno. Beni o interessi sociali vanno valutati secondo loro necessità ed urgenza. Vi sono necessità (daruriyat) che sono assolutamente indispensabili per preservare la religione, la vita, la posterità, la proprietà; bisogni (hajiyat) che se non assicurati comportano difficoltà e disagio, e bisogni supplementari (tahsiniyat) che coinvolgono il perfezionamento dell’etica. Nella conservazione dell’ambiente, le autorità governative devono essere impegnate nella prevenzione dei danni e nel loro rimedio.

Conclusioni
La conservazione dell’ambiente è un imperativo comandato nell’Islam. La legge divina considera la natura come un elemento fondamentale della vita umana e non. Si tratta d’indicazione morale ed etica imprescindibile e di valore assoluto. Un’indicazione forte. In tale prospettiva, va assicurata un’attenzione massima alle problematiche ambientali e al rispetto della natura, in un’ottica di vero e proprio sviluppo sostenibile. Purtroppo in numerosi paesi, anche perché colpiti da guerre e povertà molto impegno resta da assicurare e da condividere, per tutti.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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