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Quanto cibo buttiamo! Si potrebbe dare da mangiare a milioni (miliardi) di persone.
Quanta acqua perdiamo! si potrebbe dare da bere a milioni (miliardi) di persone.
Non fa più notizia, nonostante gli allarmi denunciati siano tanti. Forse siamo diventati indifferenti o insensibili. Il fatto è grave, ma l’effetto è quello di dare un cioccolatino a un orso.

A parlarcene ci hanno riprovato gli amici di Officina Dinamica, con il terzo incontro del ciclo “Avanziamo. Ristoranti a spreco zero”, un’interessante iniziativa rivolta ai ristoranti. Sì, perché anche loro sprecano. Mentre la vecchia e la nuova povertà hanno bisogno di cibo.
Alla Sala dell’Arengo del Palazzo municipale hanno portato la loro esperienza eccellente la Provincia autonoma di Trento con il progetto “Eco-ristorazione Trentino” e il ristorante “Le Giare” di Pozza di Fassa, e un’altra dell’Appenino parmense, il ristorante “da Claudia” di Corniglio.
E la ristorazione di Ferrara? Pochi i rappresentanti presenti. Tre: il ristorante “Di Cibo”, il circolo Arci-bolognesi e il gruppo Orsatti. Per fortuna c’era l’Ascom a cui competerà il compito di diffondere queste esperienze. Punto 3, società ferrarese di consulenza per progetti di sviluppo sostenibile, poi ha parlato delle iniziative sulla ristorazione a spreco zero e del marchio “Eco-ristorazione”.
L’analisi dello scarto e della riduzione del cibo è un percorso che Roberta Lazzarini e Sergio Rigolin di Officina Dinamica cercano di sviluppare da tempo, la prossima tappa del percorso sarà il 3 ottobre al Museo di Storia Naturale nell’ambito del festival di Internazionale. All’incontro ha partecipato anche l’assessore Vaccari, con deleghe al bilancio e all’economia solidale: è un segnale importante che il taglio dato dalla amministrazione comunale, che patrocinava l’evento, sia economico e sociale e non solo ambientale. Ho sempre pensato, infatti, che per proteggere l’ambiente sia più facile toccare il portafoglio che non la coscienza. Spero, dunque, che si possano trovare soluzioni di incentivazione economica (ad esempio riduzione della tariffa puntuale ai ristoranti virtuosi) e di certificazione.

Già che ci sono vorrei anche chiedere alle Istituzioni di favorire queste esperienze eccellenti, perché spesso le normative, o meglio le prescrizioni, rendono invece complessa la ridistribuzione del cibo che esce dal circuito commerciale (naturalmente non avariato). La redazione di una Carta di Ferrara per la definizione delle politiche anti-spreco deve favorire, non impedire.
La sensibilità dei cittadini sta aumentando, come dimostra il grande incremento di biologico e l’attenzione al Km zero. Perciò serve una crescente sensibilità delle strutture operative.
In fondo spesso ricordiamo le 4 R che richiamano principi di riduzione e riciclo, anche se poi abbiamo difficoltà a citarle. A mio avviso quelle R potrebbero significare anche ripensare, riorganizzare, rivedere, insomma r-innovare. Proviamo a pensarci seriamente: lo spreco alimentare costituisce un problema etico e di sostenibilità per il nostro futuro.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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