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Niente di più azzeccato della scelta del coraggio come fil rouge del decimo festival di Internazionale. In questo lo staff dell’ormai celebre kermesse che nei giorni scorsi ha riempito le strade della nostra città è senz’altro da lodare. Il coraggio viene invocato quando ci troviamo in presenza della paura. E infatti basta mettere il naso fuori di casa per saggiare i miasmi pestilenziali di questo atroce nemico che serpeggia in tutta Italia. Il drago della paura.

Una creatura ancestrale, che esiste fin dai tempi dei tempi e che oggi ha assunto volti nuovi. Nei suoi occhi si scorge quel misto di sfiducia e di futilità esistenziale che sta ammorbando il Paese, e insieme a questo, Ferrara. Si potrebbero citare le difficoltà economiche, le incertezze lavorative, gli allarmi ambientali, le liste di attesa per le prestazioni sanitarie, gli asili nido intasati, l’incapacità di figliare (non certo -o non solo- per problemi di orologio biologico, come qualche ministra vorrebbe farci credere). Inutile fare esempi: ognuno ha già impressi nella mente i suoi casi quotidiani. Quali che siano i motivi, l’aria è questa. C’è poco da dire. Ed è così più o meno in tutto il complesso (e perplesso) lembo di terra che va dalle Alpi alla Sicilia.

Il ferrarese doc però pare sicurissimo: a Ferrara la situazione è ‘più’. Siamo più fermi. Più poveri. Più vecchi. Più confusionari. Più vittime dello spaccio. Più vittime della polizia. Più vittime del malgoverno. Più vittime degli immigrati. Più vittime della svalutazione degli immobili. Più pestati dalla storia. Più…
Di fronte a questa visione dei tempi, la risposta in voga in città è una sola: “è sempre andata così”. Si tratta di un condensato concettuale che viene generalmente espresso con il suo corollario di spallucce, scotimenti di capo ed espressioni di saccente scetticismo.

Attenzione però: il mantra sopraindicato si coniuga in due forme di pensiero ben distinte e massimamente diffuse.
Versione numero uno: “è sempre andata (bene) così”. Chi segue questa particolare filosofia avvertirà, al primo barlume di novità, come una certa scomodità esistenziale, un fastidio, un pizzicore. Quindi rifletterà: “Si è sempre andati bene così!”. Dunque perché cambiare? Questo filone del pensiero pubblico è positivo quando è basato sul buon senso, quando si traduce in rispetto delle tradizioni e conservazione delle specificità territoriali. È altamente dannoso invece quando diventa immobilismo. È un pensiero da usare con cautela.

Versione numero due: “è andata sempre così e così andrà nei secoli dei secoli amen”. Certo nei fatti umani la ciclicità è elemento imprescindibile. D’accordo, ma anche qui la moderazione e la temperanza devono guidare. Se si cade nel disfattismo è finita. Come dire: dato che la malattia esiste da sempre, è inutile ora mettersi a cerca una cura. Di qualche cosa si dovrà pur morire, no?

Ad entrambe queste tendenze filosofiche si risponde con il coraggio. Il drago Ferrara se lo è trovato davanti fin dalla sua fondazione, ma ha sempre saputo sperare, attendere un nuovo san Giorgio. Così dice il mito. Ma san Giorgio siamo noi, è la nostra reazione all’impaludamento depressivo. Ognuno di noi può essere oggi il san Giorgio che serve alla città, magari partendo dal suo piccolo.

Noi di Ferraraitalia faremo la nostra parte. Reinvestiremo, ci rimetteremo in discussione. Per noi è tempo di nuove partenze, a quasi tre anni dalla nostra venuta al mondo… virtuale. È vero che per molti versi “andava già bene così”, ma non ci basta. Sto parlando di riorganizzazione dei contenuti, di una nuova redazione, di un’ampliata offerta giornalistica, sempre qualitativamente elevata. Verranno mantenute le penne che hanno fatto grande questo giornale: i professori, gli studiosi, i ricercatori, gli esperti. Non possiamo prescindere da loro: sono la nostra anima perché quello che a noi interessa maggiormente inizia quando l’attenzione degli altri giornali scema. Dopo la scorpacciata di scandali e scoop, e finito il frastuono delle bagarre politiche, noi scegliamo di metterci a guardare dall’alto per scorgere meglio le connessioni, le implicazioni, la reale dimensione degli eventi. A questo stile inconfondibile, vogliamo aggiungere, anche se sarà un’ardua sfida, un gruppo di giovani a cui offrire formazione in campo e da cui speriamo di trarre tutte le energie e le idee che ci servono.

Ferraraitalia continuerà a riservare uno spazio al quotidiano, con notizie, interviste, inchieste, storie, opinioni, ma non solo. C’è il settimanale, con i vari dossier dei nostri esperti sugli argomenti più vari: società, salute, ambiente, cultura, economia. E ancora: partirà un mensile monotematico per fare luce su una problematica o un aspetto sentiti come particolarmente rilevanti. Alcune innovazioni saranno pronte a breve, altre ci impiegheranno più tempo. E una trasformazione che avverrà in corso d’opera. Per il resto si continua con gli appuntamenti fissi delle nostre rubriche, delle stanze (che sono l’originale spazio libero e personale di alcuni autori) e tanto altro. Le visualizzazioni e gli apprezzamenti non solo dall’Italia, ma anche da altre città del mondo, ci rassicurano del lavoro fatto finora.

Ai naviganti della grande rete, ai corsari dell’informazione e a tutti i cacciatori di nuove visioni offriamo un porto sicuro.

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Daniele Modica

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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