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Ho avuto il piacere di essere tenuta a battesimo da Eleonora Rossi: un battesimo giornalistico dato che con lei ho condotto la mia prima intervista. Le domande di rito hanno però presto lasciato spazio ad una conversazione libera da formalismi, dove il tema della morte e della rinascita, della poesia e della musica l’hanno fatta da padrona.
Eleonora Rossi, ferrarese, insegnante e giornalista, grazie alla poesia ‘Gli occhi non muoiono’ lo scorso 22 aprile, è arrivata prima al concorso ‘Scuola autori di Mogol’, organizzato da Aletti editore. L’autrice avrà l’opportunità di frequentare la scuola del maestro Mogol in Umbria grazie alla borsa di studio assegnata al vincitore.
Ed è proprio dal racconto di questa vittoria che prende avvio la nostra chiacchierata.

Come è iniziata l’avventura che ti ha portato a vincere il concorso ?
Sono felice. Mi sembra di aver vinto alla lotteria: avevo smesso di credere alle favole. Nel febbraio 2014 ho vinto un concorso di poesie indetto dalla casa editrice Aletti. Ad Aprile ho avuto notizia di essere tra i sessanta finalisti del concorso “ Scuola autori di Mogol”. Il 21 aprile abbiamo partecipato ad una maratona di poesia, durata oltre tre ore, durante la quale i nostri testi sono stati letti da attori. Il giorno dopo, noi dieci finalisti, abbiamo avuto la fortuna di conoscere Mogol e poter leggere noi stessi le nostre opere.

Sono curiosa: come è Mogol?
Un uomo gentile, naturale e spontaneo. Ci ha invitato ad essere semplici, ad essere noi stessi. “Le parole sono come il whisky, non vanno annacquate”, gli piaceva ripetere. Ero molto felice di aver avuto modo di leggere la mia poesia davanti a lui, mi bastava così.

E invece hai vinto. Come hai avuto notizia della vittoria?
Noi dieci finalisti avevamo dei componimenti molto vari: testi rap, poesie molto complesse ed elaborate. Mogol, al termine della serata, ci ha comunicato che gli serviva tempo per decidere, perciò sono tornata a casa convinta che l’avventura fosse terminata lì. Io ho partecipato al concorso con la poesia “ Gli occhi non muoiono”, dedicata a mio padre. In genere non uso il termine poesia, mi sembra troppo pretenzioso, preferisco parole. Non pensavo che un testo così semplice e diretto, potesse vincere su altri componimenti più elaborati. Invece il 30 aprile ricevo un messaggio di complimenti da parte di uno dei finalisti, poi la notizia è stata resa ufficiale dalla stessa casa editrice. Non riuscivo a crederci.

Mi hai detto che la poesia “Gli occhi non muoiono” è dedicata a tuo padre. Cosa ti ha ispirato?
Sembra incredibile da raccontare. Un fatto semplice di per sé, ma per me molto forte.
Un pomeriggio, mentre mio figlio era intento a disegnare, mi ha guardato ed in una frazione di secondo ho visto, nei suoi occhi, lo sguardo di mio padre, venuto a mancare alcuni anni prima. Siamo rimasti a guardarci per un tempo breve, che mi è sembrato lunghissimo, passato il quale sono rimasta stupita da quanto appena successo. Ecco spiegato il titolo. Mio figlio è nato esattamente un anno dopo la morte di mio padre, la rinascita della vita un anno dopo che si era celebrata la morte. Sono segni a cui credo.

Ti capisco. Io stessa sono molto sensibile al tema della rinascita, dei nuovi inizi dopo momenti di difficoltà…
Il mio libro “Le sette vite di Penelope”, da cui è tratta la poesia vincitrice, parla proprio di questo tema. Nella mia dedica iniziale infatti scrivo “Dedico queste parole a chi mi ha fatto nascere. E rinascere”.
Ci sono stati nella mia vita, come in quella di tutti, dei momenti difficili, ma la penna è sempre rimasta al mio fianco, mi ha aiutato come una luce nel buio.

Facciamo un passo indietro. Vorrei sapere come è nata questa tua passione per i libri e la poesia
Questa passione è nata in famiglia, coltivata da mia madre che ci leggeva sempre le poesie di Pascoli. Ho sempre amato scrivere e ricordo con affetto la mia maestra elementare che mi invogliava a coltivare questa mia passione. Ho iniziato ad insegnare molto giovane, e contemporaneamente mi sono laureata in Lettere Moderne a Bologna, ma ho voluto continuare a scrivere collaborando negli anni con il Resto del Carlino e svolgendo la professione di addetto stampa per una importante azienda ferrarese. Vinto il concorso da insegnante, ho scelto di dedicarmi completamente a questa professione, poi ho conosciuto Gianna Mancini, presidentessa dell’Associazione “Gruppo Scrittori Ferraresi” che per me, culturalmente parlando, è stata una mamma putativa. Non ho mai quindi abbandonato la voglia di scrivere.

Credo che Ferrara sia una città molto viva, culturalmente parlando. Cosa ne pensi?
Ferrara ha una sua vita culturale molto viva. Ci sono tantissime associazioni formate da persone che dedicano il proprio tempo libero alla promozione della cultura, a promuovere libri. Io stessa faccio parte dell’associazione “Gruppo del Tasso” e condividiamo il nostro amore per i libri organizzando degli incontri alla Biblioteca Ariostea. Giovedì 13 alle 17, per esempio, abbiamo presentato il libro “ Il Battello Scalzo”, una raccolta di racconti inediti per ragazzi.

Parlando di emozione: con che stato d’animo affronti questa nuova avventura?
Sono entusiasta, è un nuovo orizzonte di luce. Ho voglia di imparare cose nuove, di viaggiare. A settembre, dopo molte riflessioni, mi sono decisa a prendere un anno sabbatico dalla scuola. Avevo la necessità di tornare a dedicarmi alla scrittura a tempo pieno, a far riemergere parti di me che avevo dovuto accantonare perché presa da tanti impegni.

Vorrei mi lasciassi con un verso di una tua poesia che possa sintetizzare ciò che stai vivendo in questo momento
Non so…Non sono mai stata a così stretto contatto con la musica, però penso che la musica metta le ali alle parole. Amo la poesia perché fatta anche di spazi bianchi, di pause. Amo l’idea che, grazie alla musica, le parole non muoiano chiuse in un libro ma possano volare e raggiungere persone diverse in diverse situazioni. Una rinascita anche per loro. Scusa, ho parlato a ruota libera ma non ho citato nessun mio verso.

Evidentemente era necessario poter esprimere questo flusso di parole in libertà…
In genere non mi piace fantasticare troppo nel futuro, ma frequentando la scuola autori di Mogol mi piacerebbe dare forma ai sogni.

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Simona Gautieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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