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La stabilità del Governo è salva, grazie al “sacrificio” di Mattarella. Questo, in estrema sintesi, il risultato a cui siamo giunti, le considerazioni sono le più ampie, mi permetto pertanto alcune valutazioni personali.
Premetto che nutro una grandissima stima per il Presidente della Repubblica, figura che associa senso dello Stato, cultura – non solo istituzionale – ed equilibrio. Siamo però alla  seconda anomalia consecutiva, avviata con il secondo mandato di Napolitano nel 2013. Forse non ha più neppure senso parlare di anomalia, quanto di incapacità della politica di fornire risposte sul piano istituzionale, oltre a sovvertire il senso stesso della Costituzione. Parlando con decine di persone, sia addetti ai lavori che normali cittadini, la sensazione che ha lasciato il teatrino di questa settimana è di una generale incapacità di dialogo, certificata da un tecnico a capo del Governo e un garante a capo dello Stato. Si è parlato più volte di un Presidente donna, ma averlo annunciato senza aver fatto nulla in concreto per individuare un nome condiviso – e ci sarebbero state diverse figure con le caratteristiche idonee a questo ruolo – è sembrata solo l’ennesima presa in giro.
Il centro destra è arrivato all’appuntamento con la maggioranza relativa, ma questo significa ben poco per un’elezione che prevede numeri ben più alti e l’incognita del voto segreto.
Personalmente mi spiace molto per il risultato a cui è andata incontro la Presidente Casellati, primo perché è stato fatto troppo poco affinché la sua candidatura fosse condivisa da un bacino più ampio, secondo per i grandi elettori della coalizione che non l’hanno votata.
Il mio auspicio è che i vertici nazionali di tutti i partiti possano colmare quella distanza che ora è più che mai avvertita tra mondo delle istituzioni e Paese reale proprio per evitare in futuro pessime figure come questa. Come? Possibilmente modificando le logiche attuali, oppure arrivando all’elezione diretta del capo dello Stato. Una modifica che sicuramente starebbe a cuore ai cittadini e che dovrebbe essere accompagnata da altre riforme costituzionali idonee a rendere più funzionale la macchina dello Stato.

Paola Peruffo
Capogruppo Forza Italia
Comune di Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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