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MEme
L’entrata del mercato coperto in via Boccacanale di S. Stefano

“Possiamo giocare con le idee? Certo che sì”. È con questo ideale che si apre il manifesto della seconda edizione di MEme: per due giorni il mercato coperto di via Boccacanale di S. Stefano torna a essere il centro di ritrovo dei makers, i moderni artigiani che coniugano tradizione e innovazione, incorporando creatività e idee negli oggetti che realizzano. Quest’anno c’è una sfida in più, non più solo “Makers Exposed”, ma “Learning Exposed”. Quello che il team di organizzatori, vuole realizzare è un vero e proprio esperimento di ecosistema innovativo temporaneo. “Nella prima edizione avevamo giocato con gli oggetti, in questa del 2015 vogliamo giocare con le idee, esporre la conoscenza, la capacità di progettare e rispondere a esigenze concrete e bisogni reali con i quali aziende che operano nel campo della cultura e della cooperazione sociale si scontrano tutti i giorni”, ci spiega Maurizio Bonizzi di Città della Cultura/Cultura della Città, la cooperativa culturale ideatrice e curatrice del progetto MEme.
“Meme.Learning exposed” è dunque uno spazio fisico e virtuale nel quale novanta partecipanti, tra progettisti, designer, sviluppatori, si incontrano e contaminano i rispettivi saperi per progettare soluzioni innovative, rispondendo a specifici bisogni appositamente espressi da imprese. “Per sedici ore, otto ore venerdì 18 e 8 sabato, il mercato coperto si trasforma in un grande laboratorio di lavoro”, continua Bonizzi.
Tema portante di questa edizione è l’accessibilità, come “caratteristica di un dispositivo, di una risorsa, di un servizio o di un ambiente urbano o turistico, che deve poter essere fruito da qualsiasi tipo di utente”. “Nuove idee” che considerino l’accessibilità non solo tecnologica, ma anche culturale e sociale, come punto di partenza per una maggiore condivisione, cooperazione, innovazione, in altre parole una maggiore democratizzazione dell’ambiente socio-culturale in cui viviamo.
Per farlo in questi due giorni si svolgono sei seminari, dalle opportunità offerte dagli open data ai piccoli comuni, ai modelli innovativi di organizzazione mutualistica per i nuovi lavori, fino al tema dell’open hardware e delle tecnologie democratiche, corporee e immersive, cinque “challenge”, a cui partecipano cinquanta makers, e tre “hackathon”, cioè maratone di programmazione, con quaranta partecipanti.

MEme
Lo spazio per le challenge e le hackathon

Le aziende emiliano romagnole e laziali che hanno deciso di “lanciare la sfida” per la risoluzione dei delle proprie esigenze riguardo una maggiore accessibilità sono: CIDAS per una serie da ausili da utilizzare durante lo svolgimento delle proprie attività nei confronti di soggetti con differenti patologie o necessità; Impronte sociali con bisogni legati ad attività relative all’agricoltura sociale; SAMA scavi archeologici e CoopCulture per attività relative alla condivisione del patrimonio culturale con diverse tipologie di fruitori; Camelot per la costruzione di un ecosistema tecnologico che proponga da un lato la raccolta di informazioni utili alla caratterizzazione delle persone che si trovano nella condizione temporanea di migranti e dall’altro fornisca informazioni rispetto al luogo in cui si trovano.

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I makers al lavoro. Dal profilo twitter di MEme

A fine giornata, dalle 17 in poi, i vari team o i singoli partecipanti che hanno deciso di raccogliere la sfida o di “correre” la maratona di progettazione presentano i propri progetti. “I vincitori di ciascuna challenge riceveranno un assegno di 800 euro e la possibilità di sviluppare la propria idea, mentre per le hackathon ci sono in palio premi tecnologici. In questi due giorni le persone dedicheranno tempo e lavoro ai progetti e, contrariamente a una tendenza sempre più dilagante, noi pensiamo che il lavoro vada pagato”, sottolinea Bonizzi.
“Giocare con le idee non è una ricetta per ricominciare a crescere perché non crediamo nelle ricette”, ci dice Sergio Fortini, anche lui in Città della cultura/Cultura della città: “è un’attitudine mentale, una modalità di pensiero, che dovrebbe aiutare la comunità a crescere traendo linfa dal cortocircuito fra gioco e realtà”. “L’innovazione – continua Fortini – per inverarsi ha bisogno sì di pensiero alto, quindi di lavoro e competenze, ma anche della capacità di prefigurare scenari diversi da quelli già in essere, proprio come potrebbe fare un bambino. Il motore primo sono le visione altre della realtà, temperate poi con la perizia tecnica e il ragionamento”.

Maggiori informazioni e programma completo su: memexposed.com

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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