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Da MOSCA – Sabato 12 aprile sono passati esattamente 95 anni dal primo Subbotnik o sabato comunista. Nel lontano 1919, nel deposito ferroviario della linea Mosca-Kazan, 15 lavoratori comunisti e simpatizzanti sacrificavano il loro sabato notte per riparare locomotive che sarebbero servite al paese. Decisero che avrebbero continuato l’esperienza regolarmente.

Vi domanderete, ma perché ne parliamo oggi? Vi dirò per quale motivo. La parola è la combinazione dei vocaboli Subbota (sabato) e Nik (giorno di lavoro volontario, non pagato, per il bene della società). Evidentemente, la storia del sabato comunista ha avuto la sua evoluzione, per fortuna. Se, infatti, il 1° Maggio 1920, il Partito Comunista annunciò il primo subbotnik ufficiale, al quale partecipò anche Vladimir Lenin nella Piazza del Cremlino (dipinto da Vladimir Krikhatsky), l’evento fu utilizzato dalla propaganda sovietica per mostrare quanto il padre della rivoluzione fosse davvero vicino ai lavoratori.

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Lenin al sabato comunista nel Cremlino. Mosca, maggio 1920

Divenuti poi parte del sistema, i sabati si trasformarono in eventi simbolici utilizzati per aumentare l’entusiasmo del popolo e promuovere l’idea di socialismo, fino ad arrivare a ricoprire un ruolo fondamentale e cruciale nel costruire la società socialista, unendo studenti e insegnanti, lavoratori di ogni categoria, capi e dipendenti in un impulso comune. Negli ultimi anni dell’era sovietica, il subbotnik veniva organizzato all’inizio della primavera, subito dopo lo scioglimento della neve. Per questo motivo, venne associato ai lavori di pulizia dopo l’inverno: si lavavano le strade e le finestre, si raccoglieva la spazzatura, si pulivano i giardini e le facciate grigie degli edifici. La gente piantava alberi, fiori e piante. Durante il periodo dell’U.r.s.s. l’evento divenne obbligatorio, come quello annuale, che si teneva il giorno del compleanno di Lenin, il 22 aprile (chi si rifiutava di partecipare andava incontro a dure repressioni). Negli anni ’50, i sabati comunisti vennero promossi anche nei paesi del blocco comunista, in particolare nella Germania dell’Est e in Cecoslovacchia, dove presero il nome di Akce Z. Qui non erano amatissimi ma comunque diffusi.

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‘Tutti al subbotnik!’ (ovvero anche tu!)

Lontani da ogni ideologia, della quale ne è stata oggi del tutto spogliata, l’usanza del subbotnik è rimasta viva in Russia e in altre ex Repubbliche sovietiche, per esempio nella raccolta di rifiuti e di materiali riciclabili, nelle riparazioni di beni pubblici e in altri servizi a beneficio dell’intera comunità. In tutta la Russia, da tempo ormai, questo subbotnik continua a vivere, in un forte spirito collettivo e di solidarietà. A Mosca, quest’anno, fra il 12 e il 26 aprile, i cittadini si mobilitano per pulire città, parchi e giardini. E non solo nella capitale. Il volontariato ambientale oggi si vede.

 

 

 

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Mosca, il 20 aprile 2013, più di 400 volontari hanno partecipato all’iniziativa di pulizia del parco Muzeon

L’anno scorso, ai subbotnik organizzati a Mosca hanno preso parte 1 milione e 300mila persone. La settimana successiva ci si è spostati in un altro parco moscovita, quello di Sokolniki. Scomparsa la neve, in primavera, i volontari liberano prati e vialetti dai rifiuti e dalle foglie vecchie, riverniciano le panchine e piantano fiori nelle aiuole. Il numero dei volontari cresce.
Le imprese russe, poi, organizzano i subbotnik se hanno la necessità di creare un team building speciale. L’organizzazione di subbotnik aziendali comincia a diventare un business, in Russia. Al tema ambientalista sembrano interessarsi le imprese più avanzate in cerca di nuove idee per motivare i collaboratori. Molti lo considerano solo uno svago, un modo per passare il tempo insieme e socializzare; molti altri, invece, dopo aver partecipato alla pulizia dei parchi, cominciano a fare la raccolta differenziata anche a casa. Non bisogna sottovalutare l’effetto psicologico: nei luoghi dove si tiene pulito, i rifiuti diminuiscono del 50 per cento.

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Mosca, Parco Muzeon

Oltre ai subbotnik aziendali si moltiplicano le iniziative di volontariato ambientale organizzate da associazioni di entusiasti. Una di queste è il movimento “Rifiuti zero” che esiste dal 2004 e raccoglie attivisti di cento città russe. Tutto ha avuto inizio dai cortili di casa: gli spazzini pulivano intorno alle case, ma alle aree giochi per bambini non ci pensava nessuno. Per questo, Denis Stark organizzò nove anni fa la prima iniziativa di volontariato ambientale nella sua città natale, San Pietroburgo. Agli otto organizzatori si unirono allora dieci persone. Denis noleggiò un camion a proprie spese per trasportare i rifiuti. Nel 2010, al subbotnik annuale organizzato dal suo movimento in tutta la Russia, i partecipanti furono 1.500; nel 2011, 9mila e nel 2012, 85mila. I volontari organizzano le proprie azioni attraverso i social network, utilizzando tutti gli strumenti per coinvolgere i cittadini: annunci in rete, pubblicità nella metropolitana, volantinaggi, iniziative pubbliche per illustrare le azioni in programma. A settembre 2013, il movimento ha organizzato un nuovo subbotnik nell’ambito del programma internazionale di volontariato ambientale World Cleanup 2013. L’edizione è partita il 30 marzo 2013, con la manifestazione “Ghiaccio pulito nel Baikal”.

Ecco perché volevamo parlarvene: perché dal vecchio subbotnik è nata una nuova, forte e giovane coscienza collettiva. Strade, parchi e giardini di Mosca docent.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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