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“Premiata e finanziata dalla Regione mentre uno dei dipendenti usava la propria posizione per ricevere favori sessuali dalle donne immigrate. E’ questa la qualità che garantiscono le cooperative mantenute con i soldi dei cittadini? Non è la prima volta che operatori delle realtà locali che lucrano sul business accoglienza si dimostrano completamente inadatti al ruolo. Per le casse di queste coop passano milioni di euro l’anno, presi dalle tasche dei contribuenti, eppure non è chiaro con quali criteri venga selezionato il personale. Abbiamo chiesto un intervento alla Regione: che prenda provvedimenti verso la cooperativa e una posizione netta sul ripetersi di questi episodi gravissimi”.

Alan Fabbri, capogruppo in Regione Lega Nord, ha depositato un’interrogazione sul caso del dipendente della Camelot, addetto alla gestione dei permessi di soggiorno e accusato di aver promesso favori in cambio di prestazioni sessuali.

“Dopo il dipendente della Lai Momo che fece l’elogio dello stupro, dopo i tragici fatti di Rimini della scorsa estate, ecco un altro personaggio poco raccomandabile in un ruolo di contatto diretto con gli immigrati alle dipendenze di una cooperativa sociale foraggiata dallo Stato”, aggiunge Fabbri. “Evidentemente la qualità del personale impiegato non è all’altezza dei servizi affidati alle cooperative”, aggiunge Fabbri “e la beffa è che proprio lo scorso dicembre la Regione ha addirittura premiato la cooperativa per la responsabilità sociale d’impresa e l’innovazione sociale, con un premio consegnato dall’Assessore alle Attività Produttive della Regione Emilia Romagna, Palma Costi, magari proprio mentre il soggetto in questione agiva indisturbato”.

Ora alla Regione “chiediamo di sapere quali provvedimenti verranno intrapresi contro il dipendente di Camelot e quali iniziative l’ente intenda intraprendere per prevenire in futuro il ripetersi di simili episodi”, aggiunge Fabbri.

Ad aggravare la situazione c’è anche il fatto che l’operatore Camelot agiva dagli uffici comunali. “Il Comune concede in appalto a Camelot locali e attività delicate evidentemente senza verificare in modo accurato i soggetti che si mette in casa”, aggiunge Nicola Lodi, segretario comunale della Lega di Ferrara. “In questo caso, per esempio, è fondamentale andare a fondo alla questione: il soggetto aveva accesso a dati sensibili e trattava pratiche riguardo richiedenti asilo? Con quale criterio è stato assunto? Ha frequentato corsi specifici? Il comune ha fatto un colloquio conoscitivo prima di affidagli un compito così delicato?”, incalza Lodi.

“La gestione degli immigrati è affare di tutti non solo di chi si spartisce la torta. Camelot non può lavarsene le mani sospendendo semplicemente il suo dipendente”, continua il segretario. “Per serietà l’amministrazione dovrebbe sospendere ogni attività gestita a Camelot in quanto questo episodio getta fango sull’intera amministrazione comunale e la cooperativa dovrebbe subito chiarire se il dipendente in questione èa sua volta un richiedente asilo, comunicando subito alla prefettura il nominativo per la cancellazione dello status”.

Ufficio Stampa Regione Emilia Romagna

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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