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Da: Ufficio Stampa 

Il 25 aprile, il Giorno della Liberazione, per tutti gli italiani è stata una data spartiacque, tra un regime totalitario e una guerra spietata finita con l’occupazione tedesca e la nuova libertà.

Questo passaggio significativo va ricordato e spiegato alle nuove generazioni che non lo hanno vissuto, soprattutto ora che avremo sempre meno testimoni di quel momento così significativo per la nostra storia, non come semplice sguardo rivolto al passato, ma come necessaria elaborazione dell’identità di ciascuno per poter affrontare il presente e guardare al futuro.

Perfino, e soprattutto, in tempi di crisi, come quello che stiamo vivendo a causa della emergenza Coronavirus.

Sta a noi tutti, oggi, continuare a riflettere su quegli eventi e a proteggere la libertà e la democrazia che i nostri nonni e i nostri padri sono riusciti a ricostruire dopo un periodo buio per l’Europa e per tutta l’umanità. Sta a noi rendere ancora vivi questi valori, perché il presente sia migliore e il futuro ci veda ancora liberi.

Quelli della Libertà sono valori che troviamo nell’opera del grande scrittore concittadino Giorgio Bassani, di cui quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della morte. A lui va il pensiero, in questa data, e a tutti ferraresi di religione ebraica, perseguitati, tanti fino alla morte. Sono ben 158 quelli scomparsi nei campi di sterminio. Giorgio Bassani ebreo antifascista, partecipò alla resistenza, conoscendo il carcere e la persecuzione e nelle sue opere raccontò la Ferrara di quel periodo di leggi razziali, di guerra, di occupazione tedesca, di deportazione rivelandone lo sgomento, l’angoscia, la paura, la tragedia. Ci basta ricordare il suo racconto “Una notte del ‘43” (a cui si ispirò il film di Florestano Vancini “La lunga notte del ‘43”), che racconta l’eccidio del 15 novembre 1943, il primo eccidio di guerra civile che segna in modo indelebile la storia della nostra città. Ferrara pagò un grande tributo alla guerra e all’occupazione, ben 1071 furono le vittime civili, 431 i patrioti uccisi dai nazifascisti nella lotta di liberazione.

E se l’eccidio estense segna l’inizio del terribile biennio (tra il 1943 e il 1945), oggi vogliamo ricordare anche la fine di quella tragedia collettiva. Vogliamo farlo, simbolicamente, e in nome di quella unità di intenti a cui i più alti principi ci ispirano, attraverso il racconto dell’avvocato Giorgio Franceschini (padre di Dario, ministro della Cultura).

Il 24 aprile 1945 sullo scalone della residenza Municipale Franceschini (antifascista, nel 1944 insieme ad alcuni amici aveva costituito la prima organizzazione democratica cristiana ferrarese e nella primavera del 1945 faceva parte del Comitato provinciale clandestino di Liberazione Nazionale) accoglie gli ufficiali alleati in una Ferrara già liberata, insieme agli altri componenti del CLN sventolando la bandiera italiana, che era stata cucita da sua madre.

Riportiamo le sue parole che descrivono quell’esaltante momento: La popolazione esce esultante dai rifugi e si riversa sulle strade… Ogni quartiere e ogni via della città rinasce… Chi ha vissuto quelle ore le ricorderà per sempre; riappariva la speranza, al suono delle cornamuse scozzesi in Piazza Cattedrale e nel tripudio della Festa solennissima del Santo Patrono: la speranza di una nuova Italia.

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COMUNE DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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