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di Cecilia Sorpilli

Nuove tipologie familiari nascono e si affermano nella società di oggi. Cosa si intende per “famiglia ricostituita”? Di seguito un’interessante analisi sul fenomeno delle famiglie allargate e atipiche

L’universo Famiglia è composto da diverse costellazioni familiari; tra queste, una delle più diffuse è la famiglia ricostituita. Ultimamente questa tipologia familiare appare in molte fiction e film, segno che la società sta “normalizzando” questo nuovo modello familiare. Ma cosa si intende realmente per famiglia ricostituita?
Gli studiosi stanno ancora dibattendo sul termine più adatto per definirla: famiglie ricomposte, ricostituite, famiglie aperte, famiglie estese o nuove costellazioni familiari?
Sembra però che il termine più usato sia quello di “famiglia ricostituita” che è la traduzione dell’espressione inglese “reconstituted family” e indica una famiglia formata dopo un divorzio. Generalmente, infatti, questa famiglia è formata da un ex coniuge che vive con i suoi figli, il nuovo compagno o compagna, e gli eventuali figli di questo o questa, e a volte con i figli nati dalla nuova unione. Altri studiosi invece, preferiscono utilizzare i termini “famiglia ricomposta” o “costellazione familiare ricomposta” per indicare che in queste famiglie non vi è una sostituzione dei membri del nucleo precedente con quelli del nuovo, ma vi è un aggiunta; ai precedenti si aggiungono i nuovi membri della famiglia e la loro rete di parentela, formando così costellazioni familiari complesse. Laura Fruggeri, psicologa e psicoterapeuta e professore ordinario di Psicologia delle relazioni familiari presso l’Università di Parma, afferma che “la coppia genitoriale non coincide più con quella coniugale. In considerazione della sua particolare complessità, essa è stata definita da alcuni studiosi famiglia pluricomposta o, sotto il profilo strutturale, famiglia plurinucleare, con i figli che fanno da ponte tra un nucleo e l’altro.”
Le famiglie ricomposte possono presentare diversi gradi di complessità: un minor grado di complessità è presente quando uno dei partner viene da una separazione o convivenza da cui non sono nati figli, mentre un grado di maggior complessità si verifica quando entrambi i partner hanno figli nati dalle precedenti unioni, che vivono con loro, e nel tempo si aggiungono figli nati dalla nuova unione. Nel caso in cui la relazione del figlio con il genitore non convivente sia discontinua e labile, la famiglia ricomposta può divenire una risorsa grazie alla molteplicità di relazioni che vi si trovano al suo interno, tra sorelle, fratelli, nonni e altri parenti acquisiti. Questo insieme di relazioni può sostenere e compensare in parte il vuoto lasciato dalla assenza di relazione con il genitore non convivente. Anna Laura Zanatta, docente di Sociologia della famiglia presso l’Università di Roma La Sapienza, afferma che “Può crearsi così una rete di solidarietà familiare molto densa ed estesa, che va in un certo senso in controtendenza rispetto alla crescente nuclearizzazione e isolamento della famiglia contemporanea”.
L’allargamento delle relazioni, però, può anche creare difficoltà e momenti di criticità all’interno delle famiglie ricomposte perché è complessa l’identificazione e la definizione dei confini familiari. Non esistono modelli o regole per queste nuove costellazioni familiari a cui i membri possano riferirsi per affrontare le sfide e le criticità del quotidiano in un contesto di complessità relazionale; questo perché nella nostra società il modello dominante tende a rimanere il modello tradizionale di famiglia nucleare. Queste forme familiari non disponendo di un identità definita a livello sociale e giuridico faticano ad essere accettate dalla società. Molti genitori di famiglie ricostituite affermano di provare ansia al momento dell’ingresso dei propri figli in strutture educative, perché vengono messi a conoscenza di altre persone aspetti della loro vita familiare che spesso faticano ad essere compresi e quindi accettati all’esterno della famiglia.
Altra sfida per i figli di queste famiglie è quella di capire come poter chiamare il nuovo compagno/a del proprio genitore. Sembra che solitamente bambini e ragazzi si rivolgano a questa figura chiamandola per nome e questo evidenzia quanto i bambini sentano distante questa persona e non sappiano come definirla, non potendola così comprendere a pieno sia psicologicamente che socialmente. Anche da parte del nuovo compagno/a c’è la difficoltà di non sapere come gestire la relazione con i figli del proprio partner. Il terzo genitore, ovvero il nuovo convivente del genitore affidatario, si trova in una posizione complessa e incerta perché non ha modelli di riferimento a cui rivolgersi non essendo mai stata definita la sua identità né sul piano educativo nè giuridico. Questi genitori devono quindi creare nuove modalità per acquistare autorevolezza e rispetto agli occhi dei figli della compagna o del compagno, non dimenticando però che questi bambini/ragazzi hanno un altro genitore con cui mantengono un rapporto più o meno frequente, e che questo genitore spesso teme che la compagna o il compagno dell’ex coniuge possa degradarlo dal suo ruolo educativo e minacciare l’influenza che ha sui suoi figli.
Quando si costruisce una famiglia ricomposta gli adulti coinvolti devono quindi impiegare molte energie per creare un sistema di relazioni interne al nuovo nucleo ed esterne con gli altri nuclei coinvolti. Come spiega Fruggeri è importante vi sia “apertura di spazi al genitore acquisito per l’esercizio della genitorialità; -coalizione genitoriale-, cioè una coordinazione tra i genitori biologici e acquisiti per la definizione dei rispettivi ruoli nei confronti dei figli; infine, gestione flessibile dei confini dei nuclei familiari per favorire la pluriappartenenza ed evitare i conflitti di lealtà”.
La famiglia ricomposta o plurinucleare si discosta molto dal tradizionale modello di famiglia nucleare, ma non per questo deve essere considerato un modello familiare fallimentare; ogni tipologia di famiglia ha punti di forza e di criticità, come ogni persona che sceglie di appartenere a questo o altri modelli di famiglia.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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