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La poesia può essere anche allegria. Sì avete capito bene. I poeti li consideriamo spesso per la loro aurea melanconica. Più hanno vite complicate e tristi, più sono amati. Come se la componente principale dell’artisticità sia intrinsecamente legata alle vicissitudini di una vita poco facile e sofferente. E forse è anche un po’ vero, perché il loro malessere lo mettono su carta, la maggior parte delle volte. Perché è terapeutico scrivere, creare in questo stato d’animo dà senso a una vita difficile da affrontare. Il senso di frustrazione per ciò che non si può cambiare diventa una molla, la più forte per una produzione prolifica. Dubito però che anche i più grandi, quando si ritrovassero in bar letterari o osterie di quart’ordine, rimanessero indifferenti a quell’atmosfera che si crea tra pari, quell’atmosfera di tutt’altro genere che si può chiamare, in maniera non troppo melensa: cameratismo. Anche se si potrebbe parlare forse, in modo più appropriato, di vera e propria ‘comunità’.

Poesie su gli alberi 4

È quello che è successo ieri a Bondeno per l’iniziativa Poesie su gli alberi ideata da Lidia Calzolari e con il patrocino del Comune di Bondeno. Si è riunita non solo una ‘comunità di poeti’ ma un’umanità che si riavvicina, si stringe e si abbraccia, dopo una pandemia che ci ha lasciato isolati e costretti ad una solitudine mentale e psicologica, oltre che fisica. Con l’adesione in massa del Collettivo Poetico Ultimo Rosso, un pomeriggio freddissimo ma soleggiato, si è trasformato in un convivio colorato e festoso che ha emanato calore. Perché le solitudini a cui l’animo poetico è spesso soggetto, si sono unite e hanno fatto gruppo.

Poesie su gli alberi 3

I testi poetici dei partecipanti sono stati appesi sugli alberi, come addobbi natalizi, regali da donare ai passanti presso il viale centrale del paese. Le letture dei poeti si sono susseguite fino al tardo pomeriggio, quando per scaldare anche i corpi, si sono concessi anche una frittella di mele calda e un bicchiere di vin brulé, presso gli stand natalizi sotto il grande albero di Natale. Ma come si fa a coinvolgere anche i passanti più riluttanti? Semplicemente con l’allegria come hanno fatto alcuni dei poeti del Collettivo, fermandoli, scherzando con loro, giocando con le parole persino. Questa è la poesia che non si chiude nelle biblioteche, che non si ferma nei circoli letterari o sui blog di critica, dove analizzando freddamente contenuti, significati, metafore e anacoluti, si ci accorge che alla fine non rimane più nulla, ma che resta solo un grande discorso rivolto a nessuno e senza nessuna crescita.

Poesie su gli alberi 2

Cosa abbiamo imparato da una pandemia come quella che ancora stiamo vivendo? È ciò che molti si sono chiesti. Forse nulla, come dicono: il surriscaldamento globale continua a distruggere la nostra unica casa, le grosse multinazionali hanno trovato nuovi modi per far soldi e per sfruttare i più deboli, i politici più gentili cercano di conservare la loro poltrona e quelli più scaltri cercano di allargare il proprio potere, i giovani continuano e farsi strada faticosamente lungo il percorso della vita, mentre tutti, anche i meno giovani, cercano semplicemente di resistere e tenersi a galla.

Poesie su gli alberi 5

Rimane l’arte. Quella più incomprensibile ma che esterna e libera impressioni ed espressioni, oppure quella più semplice e comunicativa, rimane l’atavica convinzione che solo lei possa fare da ‘copertina di linus’ tra i poeti, tra le persone, tra i popoli, nelle società più fredde e distaccate. Esplosiva quanto salvifica, è sempre lei che può rendere un pomeriggio di una gelida domenica dicembrina, la maniera migliore di entrare in comunione con gli altri. Perché esprimersi e non castrarsi emotivamente, è la sola via di crescita e di creatività, di positività e di vita.

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Ambra Simeone

Ambra è nata in un paese di mare e ogni volta che si trova in un posto nuovo, lì lascia qualche goccia salmastra. Quando scrive si lascia trasportare dalle brezze marine, quando disegna non usa squadre o righelli, e per entrambe le cose la bussola fa più di un giro. Quello che legge e ascolta non è assimilabile ad un solo genere, perché per lei le parole e la musica non seguono nessuna corrente.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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