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di Lorenzo Bissi

Dico la verità: Ferrara per un giovane non è l’ambiente più bello ed esaltante in cui vivere. Capita di sentirsi un po’ oppressi, tenuti a freno, insoddisfatti, in un luogo dove nessuno esita a dare giudizi sul prossimo, dove nonostante le amicizie, i modi in cui passare il tempo diventano sempre meno, e dove un po’ tutto sembra già visto, già percorso, già vissuto. Il buon vecchio Seneca a tutti quelli come me direbbe che è folle stupirsi di ciò, poiché anche se viaggiassimo ci porteremmo appresso noi stessi: dovremmo cambiare il nostro animo, e non il cielo che sta sopra le nostre teste.
Nonostante tutto ciò trovo che Ferrara abbia qualcosa di più che magico. Mi capita infatti di dover raggiungere i miei amici in Centro: “perché non passare per corso Ercole d’Este?”– mi dico, visto che è così bella.
Ma quella strada non è speciale solo perché architettonicamente e artisticamente perfetta, ma perché piena di storia. Mi guardo intorno ed ecco la magia: mi viene in mente l’ode alla città di Ferrara di Giosuè Carducci:
(…)
Lampeggia, palazzo spirtal de’ dïamanti,
e tu, fatta ad accôrre sol poeti e duchesse,
o porta de’ Sacrati, sorridi nel florido arco!
(…)
Così la mia fantasia viaggia all’indietro nel tempo, in un mondo pieno di galanti signori, di splendide duchesse, di saltellanti giullari e di illustri poeti, sempre pronti ad intrattenere i loro mecenati. Si tengono tutti i giorni eventi mondani a Palazzo dei Diamanti e Palazzo Prosperi-Sacrati, ma di certo nessuno di questi potrà superare gli opulenti banchetti tenuti dagli Este nella loro grande residenza, il Castello: si vedono posate donzelle, abbigliate con lunghe e sfarzose gonne conversare con nobili galantuomini coperti da mantelli, sempre accompagnati dalla loro fedele spada. I migliori musicisti del ducato allietano la serata con canzoni in lingua francese, e in alcune stanze si tengono le recitazioni degli ultimi componimenti lirici dei poeti.
Sono così preso dall’incanto di quel mondo così lontano cronologicamente da quello in cui vivo, eppure così vicino geograficamente, che non mi rendo conto che sono in ritardo al mio appuntamento. Un ultimo inchino davanti a duca Ercole I, e poi accelero il passo, e cerco una scusa per la mia mancata puntualità.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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