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Si chiama ‘Ad Alta voce’ uno storico, magnifico programma di Radio 3 che propone la lettura integrale dei classici della letteratura. E si chiama ‘Ad alta voce’ la rassegna promossa e finanziata da Coop Alleanza giunta alla sua 18esima edizione, che quest’anno fa tappa a Ferrara dal 25 al 27 ottobre. Davvero ben fatto il video-copertina che si apre e si chiude con un campo lungo sulle Mura Estensi.

A volte passo per un bastian contrario, come quel vecchio carosello in bianco e nero dove una famigliola gira per i negozi di elettrodomestici alla ricerca della lavatrice perfetta dichiarandosi “incontentabile, sempre!” Voglio allora dire subito che sono grato a quella grande azienda della distribuzione che è Coop Alleanza per dedicare attenzione, tempo (e anche denari) alla diffusione della cultura e alla promozione della lettura. E di aver scelto la nostra città come sfondo animato per l’edizione 2018 intitolata significativamente: ‘Origini. Parole che trasformano‘.

Tutto cominciò a Bologna, all’alba del millennio, da un’idea di Roberto Roversi. E proprio le parole di questo grande ed eccentrico intellettuale  – poeta, libraio, organizzatore culturale, fondatore di riviste e altro ancora – fanno da epigrafe alla manifestazione ferrarese: “Là dove entra un libro, o si ascolta una voce, esce rapido un cattivo pensiero. E la nebbia della noia è soffocata o spazzata via dal vento di una buona sorpresa; e i luoghi sembrano popolarsi di gente amica. Nessuno è mai solo con un libro in mano. Adesso, anche chi lo racconta, basta chiamarlo e arriva”.
Roberto Roversi è scomparso nel 2012, ma è proprio alla sua lezione che dobbiamo rifarci per capire l’impronta, la cifra distintiva che ha caratterizzato sin dall’esordio bolognese ‘Ad alta voce’. Lo ricordo gentile, sempre disponibile al dialogo, nella sua tana di via Castiglione, la mitica libreria Palmaverde, quando giovane studente universitario andavo a brucare tra gli scaffali carichi di edizioni del Novecento. Roberto Roversi era davvero convinto che la cultura può cambiare il mondo. A questa utopia – così straordinaria e così poco in linea con il sentire dell’Italia contemporanea – Roversi ha dedicato la sua operosa vita. La cultura quindi, con al centro naturalmente la parola, il libro, la lettura come piacere e come conquista di libertà.
Una cultura, quella cercata e promossa da Roberto Roversi, lontana dall’accademia e dalle élite, ma immersa nella passione, nell’impegno, nel cuore della società e della città. Una cultura che rigettava le categorie alto e basso, che sceglieva la strada invece delle stanze chiuse: ritroviamo qui, ancora una volta, il motore che anima la rassegna di Coop Alleanza. Così, continuando ad essere prima di tutto poeta e libraio, verso la metà degli anni Cinquanta Roberto Roversi fondava con l’amico Pier Paolo Pasolini la rivista ‘Officina’; dieci anni dopo scriveva i testi delle poesie-canzoni dei due dischi più belli di Lucio Dalla (riascoltate quel capolavoro di ‘Tu parlavi una lingua meravigliosa’); e all’inizio degli anni Settanta, in nome della libertà di espressione, andava in soccorso al quotidiano ‘Lotta Continua’ a rischio chiusura, accettandone la direzione pur non condividendone la linea politico editoriale.

Mi accorgo, e me ne scuso, di aver parlato molto di Roberto Roversi, che ho conosciuto e amato, e troppo poco della manifestazione che per tre giorni porterà a Ferrara poeti e narratori, critici e intellettuali di grande spessore: da Stefano Boeri (l’architetto del Bosco verticale) al “nostro” genetista e saggista Guido Barbujani (è appena uscito il suo primo romanzo per i tipi di Marsilio), dall’enigmista di razza e studioso della lingua Stefano Bartezzaghi al critico letterario Marco Belpoliti (curatore dell’edizione completa delle opere di Italo Calvino e Primo Levi), dallo scienziato neurobiologo Stefano Mancuso al grande giurista Gustavo Zagrebelsky. Gran finale sabato 27 al Teatro Nuovo con le parole e le letture di tanti autori, come Paolo Rumiz, Ermanno Cavazzoni, Silvia Avallone e tanti altri. Gli eventi, gli incontri dibattito e le letture sono a ingresso gratuito (per consultare il programma e prenotare clicca QUI), mentre le location – un plauso agli organizzatori – non sono solo nel centro storico ma anche in periferia, al Consorzio Wunderkammer e presso l’Associazione viale K.

Dunque un programma ricco con la promessa di affrontare temi trasversali e stimolanti. Mi sia però concessa un’unica critica preventiva o, più modestamente, un piccolo consiglio per le edizioni prossime venture. Leggendo il programma di questa edizione ferrarese mi è sembrato che ‘Ad alta voce’, con il passare degli anni, abbia un po’ perso per strada la sua “spinta centrifuga”, la sua capacità di contaminare tutto il territorio urbano, di seminare libri, letture e voci narranti in ogni angolo della città. Ho partecipato alle prime edizioni bolognesi dove si leggeva davvero ovunque: dentro il carcere della Dozza e negli ospedali, nelle scuole come nelle case di riposo, nelle piazze come nei mercati. Ecco, forse sarebbe bene riprendere quello slancio iniziale. Del resto Ferrara può essere definita un terreno fertile, non è infatti nuova a esperienze di questo tipo, basti ricordare le tradizionali maratone di lettura di Ferragosto alla Biblioteca Bassani (l’ultima sul tema della pace e della nonviolenza) o la recente impresa gloriosa della lettura integrale (a voce alta naturalmente) dell’Orlando furioso.
Se vogliamo credere, non solo che “i libri non finiranno mai” – e gli ultimi dati, per buona sorte, smentiscono la cupa profezia della morte del libro – ma anche, con Roberto Roversi, che “la cultura può cambiare (in meglio) il mondo”, le voci dei libri devono uscire sempre più dai palazzi e dai musei e andare per strada, cercare ascolto in ogni luogo – in ogni “ambito” avrebbe detto l’architetto Carlo Bassi – nei cuori e nelle menti dei cittadini distratti.

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Ad alta voce

Tu parlavi una lingua meravigliosa

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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