Skip to main content

DUBLINO – Irlanda 2015, una nazione moderna: terziario avanzato e società all’avanguardia nei diritti civili. Solo pochi e straordinari eventi sono capaci di bloccare, di questi tempi, il consueto fervore quotidiano dei suoi cittadini: la festa di san Patrizio, una partita del Sei nazioni contro l’Inghilterra, una visita papale… E tra questi, immancabilmente come ogni anno, l’attesa finale dell’Eurovision song contest, kermesse musicale a forte rischio trash, che magari si sente poco in Italia (ove è conosciuto come Eurofestival), ma che per altri Paesi ai confini dell’Europa – non così fortunati, o masochisti secondo i punti di vista, da far conto su una quattro-notti sanremese – ricopre un’importanza non da poco.

irlanda-eurovison
Il logo del festival canoro

La tensione inzia già a farsi sentire qualche giorno prima. Al lavoro, le ladies delle risorse umane si chiudono nell’ufficio della direttrice. ‘Do not disturb’, riunione d’emergenza. Dai vetri offuscati riesci ad intravedere lo svolgersi di una discussione concitata. Forse la ditta è stata venduta? crack azionario? il megadirettore generale – si proprio quello con la famosa sedia in pelle umana, ebbene sì ci sono anche qui – è arrivato per una visita a sorpresa? Fronte che inzia a sudare freddo, ripercorri mentalmente gli ultimi disastri combinati sul lavoro e ti chiedi terrorizzato se stiano parlando di te. Gli occhi cercano la più vicina all’uscita d’emergenza. Poi passa il collega irish, che a certe cose è abituato fin dalla nascita, e con un mezzo sorriso ti indica una data sul calendario. “Relax buddy, questo fine settimana c’è la finale dell’Eurovision, stanno solo decidendo a casa di chi andare a vederla. E cosa preparare per cena”. Grazie, di cuore. La tesione si stempera, recuperi lucidità e vedi che dall’altra parte del ‘floor’ anche quelli del ‘finance’ stanno confabulando tra di loro. A pausa pranzo noti invece le ragazze del laboratorio, che non hanno il lusso di avere un ufficio tutto loro, sgattaiolare alla chetichella verso il sandwich bar all’angolo. E suona come ‘riunione in corso, stare alla larga’.
E così ogniuno si organizza alla sua maniera, in famiglia, tra amici o colleghi, per una gran serata di convivialità tra risate, critiche, glamour e un bel po’ di sano sciovinismo. In un clima che è una via di mezzo tra Giochi senza frontiere ed un evento mondano. E poi c’e anche la musica che pero’ conta già molto meno, come spesso provato dal brano vincitore. Si approfitta della serata per cucinare una qualche specialita, gustare vino sovraprezzo ed incompreso, farsi belli o almeno provarci. E le donne soprattutto, che azzardano quasi un abito da sera, un tacco alto, un filo di trucco più spinto. Anche se alla fine si sta sul divano a guardare la tv. Ma è pur sempre un Gran galà, ed ogni occasione per mettersi in tiro viene buona quando vivi in un Paese nel quale, ipoteticametne, potrebbe anche piovere 365 giorni all’anno.
Non manca la nota dolente. Se i Paesi europei piu grandi (I big five: Spagna, Francia, Italia, Germania e Regno unito) sono ammessi direttamente alla competizione, per la maggior parte delle nazioni, e tra queste l’Irlanda, si apre la fratricida battaglia eliminatoria per accedere alla finale. Alle semifinali l’Eire, rappresentata dalla giovanssima Molly Sterling che interpreta il bel brano “Playing with numbers”, fallisce la qualifica. Clima da psicodramma l’indomani con i maggiori quotidiani ad interrogarsi sui motivi della debacle. Ed in prima pagina, che per un giorno tutto il restro può passare in secondo piano. Su un canale radiofonico nazionale una voce profonda e molto, molto seria – sicuramente un ministro, un alto prelato o un generale – elenca con precisione marziale nomi di Paesi europei, percentuali e dati statistici. Drizzo le orecchie, forse una crisi internazionale? è scoppiata la terza Guerra del golfo? Niente di tutto ciò, sta snocciolando dati sull’Eurovision song contest. Analizzando i perché del fallimento. Sotto sotto un po’ me lo aspettavo. Psicodramma nazionale, appunto. Finale senza Irlanda per questo festival che è un po’ meno Eurotrash ed un po’ più Eurovision. E con tutto il rispetto, e per quanto simpatici possano essere, almeno quest’anno niente babuske, pupazzi cantanti ed improbabili saltimbanchi. Sembra che la manifestazione sia presa sul serio e la competizione davvero serrata.

irlanda-eurovison
Il vincitore svedese Måns Zelmerlöw

Cala il sipario con la vittoria scontata di Måns Zelmerlöw cantante Svedese, bello e dannato, quel tanto che basta per piacere alle figlie ma sopratutto alle mamme, quelle che poi devono sborsare per comprarne i dischi. O così almeno sembrano decidere i misteriosi “giurati” che di fatto lo eleggono come vincitore del concorso. In ogni caso premio empatia per il belloccio, la sola esibizione capace di creare cinque minuti di silenzio ed attenzione ipnotica alle ragazze con cui sto seguendo la finale. Tra le quali la mia compagna. Auch. Prendo, incasso e porto a casa. Mi vendico a modo mio inviando la preferenza, e non solo per la canzone, all’artista Lituana Monika Linkytė. Ottimo piazzamento – terzo posto – per i ragazzi Italiani de “Il Volo” ai quali però manca purtroppo l’effetto “dannazione”, qualità evidentemente necessaria per una vittoria all’Esc anche se risulti essere il più premiato dal televoto. Fa invece tirare un sospiro di sollievo all’Europa, e non solo, il secondo posto ottenuto dalla Russia, la cantante Polina Gagarina che ce la mette davvero tutta per evitare un ulteriore aggravarsi delle relazioni internazionali tra il suo Paese ed il resto del mondo, scoppiando in un pianto liberatorio alla fine dell’esibizione.
Ed anche quest’anno l’Esc è passato ed un buon numero di brani – ed artisti – presenti in gara finiranno nel dimenticatoio musicale. Gli Inglesi continueranno stoicamente a partecipare sapendo di finire pressoché ultimi, minacciando di lasciare la competizione canora e già che ci sono di uscire pure dalla Eu. Ed i Francesi continueranno a portare qualche erede moderno della Piaf o Breil con un brano impegnato, giusto per essere sicuri di fare compagnia a fondo classifica ai loro vicini d’oltremanica. E tutti gli altri a cercare di proporre qualche buon artista e continuare ad interrogarsi sui misteri del televoto. In Irlanda, piu semplicemente, questa serata continuerà ad essere vissuta come un’occasione di convivialità vagamente glamour, consapevoli che in certe occasioni la musica può essere musica anche se non riesci a distinguere bene la chitarra e il kazoo.

Un estratto di tutti i brani presenti in gara [vedi].

tag:

Vittorio Sandri

Vittorio Sandri, nato e cresciuto a Ferrara, si e’ diplomato al Liceo Ariosto della città estense, al quale ha fatto seguito un percorso di studi in scienze politiche iniziato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e proseguito a Parigi presso l’Institut d’Etudes Politiques (Sciences Po) con l’ottenimento del Diplôme du programme international e terminato con il successivo conseguimento della Maîtrise en science politique all’ Université Paris Nanterre. L’autore ha trascorso lunghi perriodi in Europa tra Spagna, Francia e Inghilterra. Tutt’ora vive e lavora all’estero anche se considera la citta della metafisica, immutabile nella sua bellezza, un porto senza mare nel quale e’ sempre possibile fare ritorno.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it