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Se hai 24 anni e come Aurelia sei appena arrivata a Ferrara dalla Moldavia, quando cammini sui ciottoli di via Cammello potresti anche non fermarti incantata a guardare le decorazioni in cotto della chiesetta di San Gregorio, ma magari spiare dubbiosa ogni incrocio cercando di riconoscere quello che porta in via Brasavola, dove c’è la sede della Caritas che ti sta dando aiuto per mettere in regola le carte e fornirti le energie per un nuovo inizio.
In quel momento, in effetti, ad Aurelia veniva da pensare a cose molto più presenti e urgenti che non al fatto di trovarsi nel cuore del ‘castrum’ – come ha spiegato invece la guida turistica dell’associazione Itinerando, Chiara Ronchi – ovvero quell’area dove venne costruito il primo insediamento di tipo militare, che è poi il nucleo da cui si è espansa la città. Lo stesso pezzo di strada è diventato invece primo insediamento personale e quasi un’estensione della sua casa per Samira, arrivata a 20 anni dall’Iran come studentessa dell’Università di Ferrara, quando un annuncio le ha fatto trovare un appartamento in affitto proprio qui, in condivisione con una sua connazionale. E allora lei sì – ha raccontato – che ci faceva caso alla bella chiesa costruita attorno all’anno Mille e ai suoi fregi in cotto sopra al muro in mattoni a vista della facciata in stile romanico; anzi, l’albero che fiorisce nel suo piccolo cortile l’ha rincuorata a ogni primavera e rimarrà un luogo d’incanto nella mappa geografica delle sue emozioni.

Guide e operatori di Camelot alla partenza del Migrantour a Ferrara in via Cammello (foto Luca Pasqualini)

Inizia così il MigranTour Experience, la visita guidata fatta a Ferrara sabato 27 ottobre 2018, in occasione del festival ‘Itacà – Migranti e viaggiatori’, dedicato al turismo responsabile, etico e rispettoso dell’ambiente e di chi ci vive. A organizzare l’insolito accompagnamento alla scoperta della città estense sono stati gli operatori della cooperativa Camelot che hanno coinvolto ragazze e ragazzi originari di altri Paesi che, a Ferrara, ci sono arrivati per studio, lavoro, richiesta d’asilo.

Passaggio in in via Mazzini per l’edizione ferrarese del MigranTour (foto Luca Pasqualini)

Lamin, per esempio – che viene dal Mali, nell’entroterra del nordovest africano – ha rivelato quanta gioia gli avesse dato camminare per via Mazzini quand’era tutta coperta dagli ombrelli colorati, perché gli ricordava la sfilata variopinta di una festa che si fa nel suo paese. Sul Listone, accanto al campanile di piazza Trento Trieste, è stato Muddasar Ali, studente pakistano di 22 anni, che ha raccontato con estrema proprietà di linguaggio e accento impeccabile ma anche ironico, dello stupore e della soggezione che gli incutevano tutti questi orologi che campeggiano in città, perché nel Paese dove è nato ci si dà appuntamento con molta meno precisione, basandosi solo sullo scandire dell’ora di preghiera che risuona dai minareti.

Sosta sul Listone per il Migrantour ferrarese (foto Luca Pasqualini)

Davanti alla statua di Savonarola parla Sitta, rifugiato del Benin, che mostra la foto della statua di un antico re del suo Paese alla quale ha detto di pensare sempre quando guarda il piglio e i gesti orgogliosi dell’antico predicatore ferrarese, perché entrambi tendono il braccio e la mano dell’eroe africano è aperta e solida davanti a lui, in quel caso per mettere un freno all’avanzata dei francesi.

Migrantour a Ferrara: largo Castello con Sitta che mostra la foto della statua di un antico re del Benin (foto Luca Pasqualini)

In corso Ercole I d’Este tutti i migranti-guida hanno raccontato di esserci passati tante volte per fare la fila alla Questura e poi, pian piano, di aver cominciato a guardarsi intorno notandone la bellezza. In particolare per Keita, un giovane richiedente asilo del Gambia (piccolo Stato affacciato sull’Oceano Atlantico nel nord dell’Africa), questa strada è stata una rivelazione quando ha visto che si apriva su tanti spazi verdi e soprattutto su Parco Massari, dove ha ritrovato la gioia di correre sull’erba e in mezzo agli alberi come era normale fare per lui nel paese da cui proviene.

Migrantour a Ferrara: il passaggio in corso Ercole I d’Este (foto Luca Pasqualini)

Il MigranTour – tour cittadino a cura dei migranti – si è concluso nei locali della contrada di San Benedetto dove Guy, mediatore interculturale originario del Camerun, ha raccontato la somiglianza tra le attività del palio di Ferrara e quelle di una rievocazione storica con i cavalli che si fa a Bafou. Tutto il mondo è paese, insomma, e i giovani che a Ferrara sono arrivati pieni di speranze, ma anche di timori e spaesamento, hanno saputo raccontarlo con semplicità ed emozione. Chissà che non ci siano nuove edizioni del MigranTour: un’iniziativa coinvolgente per le persone che a Ferrara ci sono nate e cresciute e che con curiosità, in questo modo, si possono affacciare a guardare il resto del mondo dalle belle vie familiari rivisitate attraverso gli occhi degli altri.

Sosta in piazza Savonarola (foto Luca Pasqualini)
Largo Castello con le guide-migranti (foto Luca Pasqualini)
Passaggio in corso Ercole I d’Este con Guy (foto Luca Pasqualini)
Nella contrada di San Benedetto (foto Luca Pasqualini)
Tappa alla contrada (foto Luca Pasqualini)

Nella foto di copertina in apertura da sinistra il mediatore interculturale camerunense Guy cammina accanto alla collega mediatrice Aurelia originaria della Moldavia, alla studentessa iraniana Samira e alla guida di Ferrara Chiara Ronchi lungo via Mazzini (foto-servizio di Luca Pasqualini)

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore del mantovano volante” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” dedicato all’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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