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2. SEGUE – L’allungamento della vita propone all’attenzione della futura Amministrazione locale diverse prospettive e nuovi bisogni. Cosa fare per una popolazione che invecchia fuori dai tradizionali modelli che aveva caratterizzato i cicli di vita del passato e che vedevano una dicotomia netta – segnata dal lavoro – tra stili di vita tra giovani e anziani? Per la seconda vita, che comincia nell’età anziana – e la cui soglia è sempre meno rigida – la questione decisiva è l’apprendimento: l’unica medicina efficace per allungare la vita buona e l’unica risorsa per evitare la marginalità.
Oggi, in un tempo così veloce, l’apprendimento è un’indispensabile risorsa per l’esercizio della cittadinanza. Le tecnologie ridisegnano i servizi e l’informazione: molti esempi potrebbero dimostrare che l’inclusione degli anziani passa anche dall’alfabetizzazione informatica. Ma l’apprendimento è anche l’occasione di socialità ed è, soprattutto, la via dell’integrazione. D’altra parte è evidente che una pratica di apprendimento continuo e produce intelligenza diffusa e contribuisce ad alimentare il capitale sociale di un territorio.

Le generazioni sono cambiate, ma come amo dire con una frase che sembra paradossale, a cambiare di più sono stati gli anziani. È destinata a crescere la percentuale di popolazione anziana che sarà variamente attiva e, come capita in molti paesi civili, sarà disponibile per diverse attività di volontariato.
L’approccio con cui si affrontano i temi dell’invecchiare devono essere ripensati. L’attenzione agli anziani non può essere ridotta al problema delle case protette. La non autosufficienza non può essere l’unico – per quanto encomiabile – punto di attenzione.
Uno dei temi da affrontare, oltre a quello già citato relativo alla formazione diffusa, riguarda le forme dell’abitare. Tra la completa autosufficienza e la disabilità vi è una gamma assai diversificata di condizioni. Nel mondo è ormai diffusamente sperimentato il cohausing, una modalità abitativa che consente di coniugare indipendenza e servizi in comune.
Auspico che la nuova Giunta si disponga ad affrontare il tema dell’ageing in un modo nuovo. Peraltro la generica definizione di anziani comprende condizioni assai diverse che sono influenzate dalla salute, dal livello d’istruzione e, non da ultimo, dalle condizioni economiche.

Sull’altro versante della catena generazionale, tra dieci anni la cosiddetta ‘generazione z‘ (i nati dopo il 2000) sarà quasi sulla trentina, sarà in condizione di governare. Pare che sia la generazione che vorrà recuperare la socialità nella vita quotidiana (non solo nella rete) e che sarà più attenta alla sostenibilità ambientale. Le cronache di questi giorni ci dicono che questa generazione ha un nuovo coraggio nell’assumere la responsabilità individuale sulle questioni del nostro tempo e anche di creare attorno a queste aggregazione, L’ambiente è un tema importante – come l’educazione del resto – potremo anticiparli o lasciamo da fare tutto a loro, ai quindicenni di oggi?

Credo che sia necessario un nuovo patto tra generazioni che a livello locale si fondi sulla costruzione di spazi di socialità e di scambio. Dovremo inventare nuovi luoghi di socialità, luoghi che mescolino cose da vedere (come cicli di film), cose da fare (per esempio corsi di pittura). Spesso si lamenta che la questione è la mancanza di risorse per coprire la mancanza di idee e di energie.
Ci sono a Ferrara associazioni culturali sorrette da generoso impegno che offrono straordinari appuntamenti culturali come l’Istituto Gramsci o come il Circolo del Doro, che opera nella periferia ma che da anni organizza, con intelligenza e apertura, incontri di egregio livello in clima di grande valore umano. Moltiplicare le occasioni di incontro è il migliore supporto a una democrazia inclusiva, è il migliore antidoto al populismo, è anche il collante sociale più importante di cui possiamo disporre nel futuro prossimo.
La città della bellezza, la città dell’apprendimento diffuso, la città della buona vita è una città che offre stimoli, favorisce relazioni e alimenta i legami sociali.

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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