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da: ufficio comunicazione ed eventi di Unife

Venerdì 31 gennaio a Rovereto il primo convegno nazionale sulle buone pratiche nella formazione universitaria e nella cura delle persone più vulnerabili

Curare e accompagnare le persone più fragili e vulnerabili perché possano migliorare il loro benessere psico-sociale, diventare protagoniste della propria vita, inserirsi o reinserirsi in modo positivo nelle relazioni interpersonali e nella quotidianità. Questo il cuore dell’attività dell’educatore professionale. Una figura della quale sembra esserci sempre più bisogno.

Per capire come ci si prepari a tale professione oggi in Italia, per analizzare e valorizzare le buone pratiche e le esperienze più interessanti, venerdì 31 gennaio a Rovereto si terrà il convegno “Educazione professionale tra azione e formazione. Università e territorio si incontrano nel tempo della crisi”, organizzato nell’ambito del Corso di Laurea interateneo di Educatore Professionale delle Università di Ferrara e Trento . I lavori, che si aprono alle ore 9, si svolgeranno principalmente a Palazzo Istruzione (corso Bettini, 84). Sono previste una sessione plenaria con tavola rotonda, una “poster session” e una “workshop session” dedicate ai contributi di ricercatori, docenti, formatori ed educatori professionali esperti chiamati a Rovereto all’interno di un progetto di ricerca-azione.

«L’obiettivo di questo primo convegno – spiega il responsabile scientifico Dario Fortin (Università di Trento, Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive) – è dare impulso allo sviluppo di percorsi di ricerca, di formazione e di intervento educativo. Siamo positivamente meravigliati dalla risposta in quanto si conteranno quasi 300 partecipanti provenienti da 13 regioni d’Italia, un interesse che probabilmente evidenzia un bisogno di appartenenza ad una comunità scientifica fino ad ora lasciata un po’ ai margini. Infatti, nella venticinquennale storia dell’educazione professionale italiana, la formazione e la ricerca universitaria sono ancora in fase iniziale. Due dati: i corsi di laurea per diventare Educatore professionale (Social Health Educator) in Italia sono 13. Ed è solo da 13 anni che la formazione a tale professione è passata di competenza alle università. Uno dei corsi di laurea è quello attivato nel 2006 dalla positiva collaborazione interateneo tra l’Università di Trento e l’Università di Ferrara. La sede amministrativa è a Medicina di Ferrara, ma il corso si svolge interamente a Rovereto, nel Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive e a tenere le attività didattiche sono docenti dei due atenei. Il 90% dei 227 laureati sono residenti in Trentino e il mercato del lavoro fino ad ora li ha assorbiti per circa il 90% in strutture pubbliche o del privato sociale convenzionate con la Provincia autonoma di Trento nelle aree della disabilità, salute mentale, minori, dipendenze, anziani, emarginazione giovanile e adulta, promozione della salute e del welfare territoriale».

“Al convegno – afferma Enrico Granieri, Direttore della Clinica Neurologica di Unife e coordinatore del Corso di Laurea interateneo di Educatore Professionale delle Università di Ferrara e Trento – si confronteranno esperti che a vario livello operano nel settore della formazione e dell’intervento educativo. In questo contesto è fondamentale il ruolo dell’Università che ancor di più deve perfezionare programmi di studio e di tirocinio mirati e efficaci e progetti di ricerca condotti con metodologia efficace e adeguata. Con questo spirito si opera a Rovereto sin dal 2006, anno di istituzione del Corso di Laurea, maturando gradualmente esperienza e competenza e favorendo la nascita e lo sviluppo di progetti di ricerca – azione. “

E sull’importanza dell’educatore professionale Fortin aggiunge: «Comprendiamo tutti che in questi ambiti sono richieste figure preparate, appassionate e mature nelle competenze relazionali per facilitare il protagonismo delle persone, delle organizzazioni socio sanitarie e delle comunità. Vediamo che la situazione di crisi economica globale aumenta le disuguaglianze e influisce più pesantemente sui diritti e sulla salute dei cittadini vulnerabili ed oggi ha bisogno di educatori in grado di agire in una realtà difficile, in veloce mutamento e di collegare settori che spesso hanno operato separatamente. Anche per questo vanno promossi progetti di ricerca in grado di supportare più logiche educative che assistenziali e su questo il Trentino ha iniziato a svolgere un ruolo di apripista».

Informazioni e programma: http://events.unitn.it/mappesnazionale-2014

A cura di:
Ufficio Stampa Università di Trento e Ufficio Comunicazione ed Eventi Università di Ferrara

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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