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Da Istituto di storia contemporanea

Un confronto fra populismi ed elezioni

Immigrazione, difesa dei confini, terrorismo, sovranità monetaria e disoccupazione. Sono solo alcuni degli argomenti che affronterà “Francia, andata e ritorno”, un confronto con chi ha vissuto di persona l’ultimo anno della grandeur, tra populismi ed elezioni. Lunedì 19 giugno, alle 21, al Consorzio Factory Grisù si comincerà proiettando il documentario Francia sola andata. Chi ha paura del Front National?, curato da Francesco Altavilla, Gianluca Durno e Stefano Galiberti. A dialogare con gli autori saranno Nicola Genga, direttore del Centro per la Riforma dello Stato, e Francesco Ronchi, docente dell’Università “Sciences Po” di Parigi, nonché collaboratore WSJ. Modera Pietro Pinna dell’Istituto di Storia Contemporanea e introduce il consigliere comunale Leonardo Fiorentini.
Il video è stato ricavato dall’omonimo libro, un viaggio che tocca i luoghi cardine della campagna elettorale del Front National. L’estrema destra francese ha conquistato località del paese di tradizione socialista. Dalla periferia di Marsiglia alla Piccardia, il malcontento che ha permesso a Marine Le Pen di far valere le sue ragioni ha cause economiche e sociali trascurate dai governi precedenti. Due reportage approfondiscono la questione delle frontiere e la loro difesa dagli immigrati, attraverso la percezione diretta di chi vive il fenomeno: uno parte da Ventimiglia, confine tra Italia e Francia, l’altro da Calais, che fino a poco tempo fa ospitava “la giungla”, il campo profughi più vasto d’Europa. A queste premesse si sono sommate la paura e l’instabilità scatenate dagli attentati, sentimenti incontrollabili sui quali il Front ha fatto leva per allargare il proprio consenso. Durante l’inchiesta Durno e Galimberti si trovavano a pochi chilometri da Nizza e hanno raccontato il day-after dell’attentato che il 15 luglio scorso ha ucciso ottantasei persone a passeggio sulla Promenade des Anglais. Oltre ad accostare la storia con l’attualità, il passato politico con i risultati del presente francese, la serata non tralascerà gli strumenti comunicativi impiegati dallo staff della Le Pen, compreso il linguaggio chiaro e coinvolgente che l’è valso undici milioni di voti.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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