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da: Fratelli d’Italia, Federazione di Ferrara

“Le continue rivelazioni e testimonianze che sentiamo dalle udienze relative all’ Ospedale di Cona sono una continua stilettata per le finanze, la sanità e la pazienza dei ferraresi” esordisce così Paolo Spath portavoce provinciale di Fratelli d’Italia a Ferrara in merito alle ultime dichiarazioni del cosiddetto Processo Cona.
“Perché dopo aver aspettato oltre 20 anni per la sua realizzazione, e dopo aver speso abbondantemente più del doppio di quanto preventivato, ora ci vengono anche a dire, e in molti casi a confermare, che il nostro ospedale è fatto strutturalmente male e che durerà (o meglio è garantito che duri) per la metà del tempo per cui è stato progettato.” Attacca l’esponente politico di destra che è anche Rappresentante degli Studenti di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara che hanno come sede di lezioni e tirocini proprio la struttura di via Aldo Moro.
“Ci vengono a dire che il calcestruzzo usato non è lo stesso della progettazione ma è un prodotto di qualità inferiore, che dai 100 anni che per legge la struttura deve essere garantita, la stima si abbassa ad appena mezzo secolo. Tutto questo, nonostante ancora manchino le infrastrutture, le aule universitarie, gli spazi, la metropolitana di superficie e tanto altro.” Continua il giovane esponente di Fratelli d’Italia “Non c’è nessuna volontà di entrare ancora una volta nel merito della costruzione del “nuovo” Sant’Anna fuori città e della mancata ristrutturazione del “vecchio” ospedale di via Giovecca o del mantenimento del Pronto Soccorso. Tanto è stato detto, non si è voluti tornare indietro quando tutto era ancora possibile e la nostra posizione è chiara.” afferma Paolo Spath “Ma ora che abbiamo questo ospedale nuovo, per il quale sono stati spesi oltre mezzo miliardo di Euro e per il quale i ferraresi hanno dovuto aspettare 20 anni, rinvii su rinvii, promesse mai mantenute e servizio sanitario a singhiozzo per mesi, senza contare le ricadute a pioggia sul resto dei presidi e ospedali della provincia e in particolare del basso ferrarese; vorremmo davvero che Cona fosse un fiore all’occhiello, un centro di eccellenza. Purtroppo però – continua – questo non sembra accadere, con l’università (vera eccellenza in termini di formazione, di ricerca e assistenza) che vive sempre con le continue dichiarazioni e smentite di “cessione”; con gli spazi per gli studenti, gli specializzandi, i medici in formazione ancora assenti; con le strutture a disposizione di medici, infermieri e sanitari sempre più sacrificate e le risorse sempre più scarse; con le scoperte di ricerca e assistenziali di primaria importanza nate nel nostro ospedale e accreditate altrove (vedi il caso dello screening HPV). E le recenti dichiarazioni, perizie e processi di certo aggravano ancora di più questa situazione. Siamo – affonda Spath – davanti ad una continua delusione. Siamo continuamente messi davanti agli enormi limiti e errori di questa progettazione, struttura e amministrazione. Le responsabilità politiche sono chiare, sempre dalla stessa parte, e sono noti i nomi e cognomi e partiti di riferimento. Politicamente – conclude il portavoce provinciale di Fratelli d’Italia – AN a Ferrara – non possiamo fare altro che denunciare quanto emerge, sottolineare l’incompetenze e i paraocchi di chi ha voluto costruire questa opera e che ora sta facendo poco o nulla, a parte qualche operazione di facciata, per sopperire ai tanti e troppi errori commessi. Errori che, lo dico con sincerità, vorrei che mai fossero stati commessi, e conto i quali ci impegneremo come ogni volta per poterne limitare i danni. Errori e danni che sono a tratti vergognosi, a tratti tragicomici. Ma davanti ai quali non possiamo davvero fare finta di nulla o girarci dall’altra parte perché a farne le spese non sono le tornate elettorali ma gli utenti, i cittadini, i medici e sanitari, gli studenti, i pazienti e i malati, le loro malattie, sofferenze e speranze.”

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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