Skip to main content

I più vecchi fra noi si ricordano il giornalismo di una volta, quando non c’erano computer, iphone e i social come twitter.
I giornalisti della sua generazione avevano bisogno solo di matita, block notes e macchina da scrivere. E poi, soprattutto un giornalista del Novecento, quando scriveva Gaetano Tumiati, doveva saper scrivere velocemente. Montanelli uno dei vecchi leoni d’epoca disse una volta: “Un giornalista scrive sull’acqua ed è fuggente come una farfalla”. Cosa che anche Gaetano Tumiati pensava della sua professione.

Dalla sua personalità e dalla sua biografia noi della generazione più giovane – forse anche più disillusa – possiamo imparare molto: su un giornalismo serio che può cambiare l’opinione pubblica e su un’Italia che non c’è più.
Apparteneva a un’illustre famiglia ferrarese, come si può leggere dalla lapide in sua memoria in via Palestro 31. Sulla morte del suo amato fratello Francesco – fucilato nel 1944 a Cantiano, nelle Marche, da militi fascisti della Repubblica di Salo’ che lo avevano catturato – ha scritto un libro commovente e anche di grande valore giornaistico, ‘Morire per vivere’. Come giornalista, ha collaborato con ‘L’Avanti!’ di Milano. Memorabile il suo reportage dalla Cina di Mao Tse Tung e dalla Corea del Nord. Divertente immaginare un incontro diretto fra il piccolo dittatore Kim Jong-un e Gaetano Tumiati, il “più grande” giornalista italiano, anche solo per altezza di altezza: più di due metri. Poi ha lavorato come redattore-capo per ‘L’illustrazione italiana’, come inviato speciale per la Stampa, Panorama, il Corriere della Sera e il Secolo XIX.
Ha scritto anche romanzi pieni dei ricordi sulla sua famiglia e sulla sua amata Ferrara. ‘Il busto di gesso’, il romanzo di un uomo che deve la dirittura morale della sua vita a tre busti di gesso: il primo, quello familiare, della borghesia di provincia negli anni Venti; il secondo, la fede fascista, vissuta con l’inconscia adesione degli anni della giovinezza; il terzo, quello di un protagonista che trova nel socialismo il sogno di un mondo nuovo, fragile modello per una società più giusta e umana.
Dalla sua ironia, gioia di vivere e sorridere si poteva imparare molto. Depressione era per lui una parola sconosciuta, le conversazioni con lui erano sempre vivacissime e piene di battute. Era un uomo di grande statura e dunque ha avuto quasi l’obbligo di guardare in basso, ma mai in modo arrogante, sempre con grande gentilezza e compassione per gli uomini piccoli. Tutto era per lui una ‘Questione di statura’ (così il titolo di un divertissimo libro autobiografico). Da rileggere anche ‘I due collegiali’, il suo divertissimo ma anche amaro ricordo degli anni in un aristocratico collegio fiorentino. Tumiati apre con questo libro una finestra su un mondo elitario, su una realtà che probabilmente molti giovani privi della possibillità di accedervi avevano anche invidiato all’epoca, ma che invece nascondeva tanta infelicità, tanta desolazione e l’aspirazione a uscirne definitivamente. Così era la formazione cattolica e borghese della casta dirigente di una volta. “Perchè Ferrara ricorre in tutti i suoi libri?”, gli è stato chiesto una volta in un’intervista; “Perchè – rispondeva Tumiati – tutti i miei libri sono autobiografici. È per il fortissimo legame che ho con la mia famiglia d’origine e la casa di via Palestro dove ho vissuto fino alla prima giovinezza. Accade ne ‘Il busto di gesso’ come anche in ‘Questione di statura’ in cui ricordo fra l’altro le partite a tennis con Giorgio Bassani al Club Marfisa o le ragazze che mi chiedevano di scendere dai marciapiedi per non accentuare il già sensibile dislivello. […] Ferrara è diventata un punto di riferimento essenziale. Rispetto a sessant’anni fa, quando il benessere era riservato a poche famiglie, i progressi sono stati immensi. Vedo in giro tanta bella gente, una volta a stare bene era una élite. Certo, sento parlare di crisi. Ma per chi appartiene alla mia generazione è difficile vederla”. Un uomo del suo ottimismo e gioa di vivere manca a Ferrara al giorno d’oggi, pieno di un pessimismo diffuso e incertezza del futuro che verrà.

tag:

Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it