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‘La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia la carne di cui si nutre’ scriveva Shakespeare nell’Otello, la sua opera che più di tutte interpreta la condizione velenosa e mefitica che spesso si traveste erroneamente di amore, orgoglio e fierezza. Occhi verdi, perché il verde, nella sua valenza negativa, era il colore della rabbia e della putrefazione, delle tuniche dei pirati che infestavano i mari del Nord Europa, del diavolo, delle streghe, dei serpenti, delle pozioni venefiche e dei draghi. Oggi ha solo cambiato nome, si chiama stalking ma continua ad essere una devastante condizione di ansia, sospetto, possessività, umiliazione e incertezza causato dal timore di perdere o non ottenere l’affetto della persona su cui si sono riposte emozioni, sentimenti, aspettative, puntando alla totalità della corresponsione. Una passione inconfessabile e a volte non riconosciuta a se stessi, che divora lentamente, giorno dopo giorno, consumata nell’arrovellarsi su fatti e azioni esterne che spesso non costituiscono movente e giustificazione di tale comportamento. Uno dei sentimenti più irrazionali e forti che l’essere umano possa provare e che, a livelli di ossessività, costituisce una pesante catena che impedisce di vivere sani, liberi e sereni, immersi come si è nel perenne sospetto dell’infedeltà dell’altro. In molti casi è un vero tormento per gli altri e profonda lacerante sofferenza per se stessi; altre, è solo cupa tristezza nel constatare come siamo semplicemente e facilmente sostituibili. Possiamo anche pensare che la gelosia sia puro atto di egoismo, un pretesto per mantenere quell’amore che poi finisce col logorare e distruggere o, in molte situazioni, una tragedia più per noi stessi che finisce col diventare atteggiamento ridicolo per gli altri, una farsa amorosa da operetta o melodramma. In qualunque dei casi è una condizione estremamente negativa, quella che normalmente suscita meno pietà e comprensione. La gelosia è anche argomento privilegiato in arte e letteratura, presente in tutta la sua veemenza nelle culture passate e presenti, nei miti, nelle canzoni, nelle leggende. La gelosia di Era nei confronti del marito Zeus è proverbiale e le sue temibili vendette che animano la mitologia greca, colpiscono qualunque donna osi avvicinarsi a lui, mortale o immortale che sia. Nel celebre romanzo ‘Le relazioni pericolose’ (1782) di Pierre Ambroise François de Laclos, la gelosia porta alla morte Madame de Tourvel, innamorata del visconte di Valmont che l’ha tradita. Intrecci, inganni, sregolatezza e cinici giochi di seduzione accompagnano la vita dell’aristocrazia francese di cui i due giovani fanno parte, mentre madame Merteuil, personaggio di spicco nell’opera, istiga alla trasgressione e induce alla rottura di ogni codice morale, finendo povera e sfigurata dal vaiolo. E parla di gelosia anche lo scrittore della Scapigliatura, Igino Ugo Tarchetti, nella sua opera più celebre ‘Fosca’ (1869). La giovane donna, particolarmente brutta, instabile di mente e cagionevole di salute ma sensibile e colta si innamora perdutamente di Giorgio, un militare di carriera che intrattiene una relazione con la bella Clara, donna sposata. Ben presto la situazione prende una piega tragica e il rapporto tra Giorgio e Fosca finisce con il logorare psichicamente e fisicamente ambedue, tra ricatti, minacce, sensi di colpa e la morte finale della giovane. Un senso ben diverso quello della gelosia, nel romanzo di Arthur Schnitzler del 1926, ‘Doppio sogno’, dove assume la funzione catartica in un rapporto di coppia ormai stanco. Il medico Fridolin e la moglie Albertine vivono una crisi coniugale di incomunicabilità e indifferenza routinaria. Ambedue cominciano a raccontarsi a vicenda l’attrazione che dicono di provare per estranei, incontrati nelle situazioni più strane e scabrose: lei, si dichiara affascinata da un ufficiale visto durante le vacanze danesi; lui, fagocitato da una esclusiva e segreta festa in maschera dai risvolti orgiastici. E racconta di una bellissima donna incontrata in quel contesto. Nella Vienna borghese degli Anni Venti, alla fine di tragici eventi, la coppia ritrova il proprio equilibrio e la gelosia diventa il collante che ha permesso di restare insieme. Non è così nel romanzo di Anita Schreve, ‘Come lui voleva’ (2005), ambientato nel New England nel 1899. La bella e misteriosa Edna Bliss, arrivata da poco, sfugge all’incendio del ristorante in cui cenava ed incontra Nicholas Van Tassel, uomo ambizioso, egoista, ipocrita che vuole sposarla a tutti i costi nonostante lei non lo ami. Il racconto della loro vita dominata dalle ossessioni, rabbia, invidia, possessività, è racchiusa nelle lettere di Edna che compongono il romanzo, dove lei scrive: “La gelosia si srotolò per tutta la lunghezza serpentina, e io mi resi conto di non aver ancora sperimentato questo sentimento sino in fondo…questo era qualcosa di più: era la parte nascosta dell’ammirazione, il lato oscuro dell’amore.” E poi ancora, parlano e si consumano di gelosia Anna Karenina di Tolstoj, Swann di Proust, Olive di Henry James, Tereza di Milan Kundera…Vite lastricate di sofferenza, disagio angosciante. Una malattia dell’anima. Oriana Fallaci aveva la percezione chiara della gelosia che pervade ogni centimetro dell’essere e scriveva: “Parlo della gelosia che svuota le vene all’idea che l’essere amato penetri un corpo altrui, la gelosia che piega le gambe, toglie il sonno, distrugge il fegato, arrovella i pensieri, la gelosia che avvelena l’intelligenza con interrogativi sospetti, paure, e mortifica la dignità con indagini, lamenti, tranelli, facendoti sentire derubata.”

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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