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Ci guarda dritta negli occhi Avery Jackson, con l’ innocenza mista a sfrontatezza tipica dei suoi nove anni. La maglietta é rosa, così come alcune ciocche dei suoi capelli: “la miglior cosa di essere una ragazza è non dover più fingere di essere un ragazzo” dichiara.
Avery é un transgender ed é la protagonista di una copertina che fará storia: quella che il National Geographic, edizione Usa, ha dedicato alla storia di bambini transgender sparsi in tutto il mondo e che sarà in edicola, in edizione italiana, il prossimo 3 gennaio.

É la prima volta che una persona transgender conquista la prima pagina di una rivista.

Il suo direttore Susan Goldberg  ha spiegato ai microfoni della NBC: “Abbiamo voluto guardare al ruolo tradizionale della figura del gender nel mondo, ma anche a qualcosa di più introspettivo. Ci sono molte prime pagine sulle star, ma non c’è una reale copertura e comprensione riguardo le persone reali e i problemi che ogni giorno affrontano riguardo le questioni di genere”. Il 6 febbraio andrá inoltre in onda, sul canale National Geogeaphic, un documentario dal titolo “Gender Revolution: un viaggio con  Katie Couric ,” che parlerà di “tutto quello che volevate chiedere sui gender ma avevate paura di chiedere”.

Di Avery non é la prima volta che si sente parlare. I video postati su You Tube dalla madre Debi, che si dichiara una fervente credente, hanno totalizzato milioni di visualizzazioni: la bambina del Kansas parla di sé stessa con molta franchezza ” Quando sono nata i medici hanno dichiarato che fossi un bambino ma io sapevo dentro il mio cuore di essere a tutti gli effetti una ragazza”. I genitori sono diventati paladini della causa transgender dichiarando un amore incondizionato alla loro bambina. In un tweet comparso diversi giorni fa Debi Jackson ha scritto:”Sto tremando così tanto che riesco a malapena a scrivere. Grazie per aver scelto Avery” e ha lanciato l’ hashtag #transisbeautiful.

Un tema delicatissimo quella della disforia di genere, a maggior ragione perché coinvolge il mondo dei bambini, ma che il National Geographic ritiene di aver trattato in modo completo e positivo, raccogliendo le riflessioni e le esperienze di vita di bambini sparsi nei cinque continenti.

Nel nostro Paese, prima ancora dell’uscita della rivista a gennaio, é già in corso un acceso dibattito tra il direttore del National Geographic Italia Marco Cattaneo e il caporedattore di Avvenire, Luciano Moia. Quest’ultimo in un articolo intitolato “Bambini sbattuti in prima pagina per la propoganda transgender” aveva fortemente criticato la scelta operata dalla rivista scientifica di strumentalizzare, a suo modo di vedere, le storie private e problematiche dei minori coinvolti nel reportage. Per il giornalista la disforia di genere riguarda solo una piccola percentuale di “bambini nati con gli organi genitali non pienamente sviluppati o con gravi difetti nello sviluppo anatomico”: l’aver quindi titolato il discusso dossier “Gender Revolution” assume per il giornalista una valenza propagandistica fuori luogo.

All’accusa di strumentalizzazione e banalizzazione di Moia di quella che é, a suo modo di vedere, una “patologia”, ha risposto il direttore Marco Cattaneo il quale evidenzia come “Mi pare che l’autore dell’articolo apparso su “Avvenire” abbia trattato il numero con superficialità, senza approfondirne con attenzione i contenuti. Perchè National Geographic prende atto di una situazione di grande attualità molto dibattuta, e la analizza da tutti i punti di vista, senza pregiudizi né posizioni dogmatiche, senza piegarla ad alcun tipo di propaganda”.

Il dibattito é appena agli inizi e di sicuro l’argomento é destinato ad assumere sempre più importanza nella nostra societá. Avery Jackson ci guarda dritta negli occhi da una copertina destinata a passare alla storia e noi, a prescindere da come la si pensi, non potremmo non riflettere su quanto ci raccontano quei bambini.

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Simona Gautieri

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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