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Gaia: “si uccisero da soli, io non feci null’altro che spargere il vento, non fu colpa mia”

Intervistatore: “eppure parevano esseri intelligenti”

Gaia: “no, non era così. Si fidavano dei loro padroni, applaudivano e tifavano senza pensiero. Le loro menti ragionavano in un circuito binario, non capirono mai che era il sistema che li stava uccidendo. Democrazie e dittature correvano insieme verso l’autodistruzione.”

Intervistatore: “e lei, non fece nulla per evitare il disastro”

Gaia: “guardi che io ho miliardi di anni, quei piccoli esseri senza testa, mi camminano in capo da pochi secondi, confronto alla mia vita. Sono sempre stati loro a dipendere da me, non viceversa. Loro appena usciti dalla caverne hanno iniziato a sfruttarmi, poi a succhiare ogni mio frutto, poi a inquinare, e volevano sempre di più. Si uccidevano fra loro, per fare grandi alcuni. Più si sviluppavano e più cercavano divinità altre da me. Pensi che ai loro albori ero la loro madre e il loro padre assieme. Poi hanno pensato di non aver e più bisogno di me.”

Intervistatore: “ma ci furono tra quegli esseri elementi di spicco?”

Gaia: “si ogni tanto ne nasceva uno, ma spesso veniva deriso, o criticato e spesso ucciso. Non ebbero mai la capacità di vivere senza un padrone, senza confini, senza frontiere. Ingrassavano l’animale più crudele e col petto in fuori andavano a prendere i fendenti per lui. Esseri incredibilmente stupidi, invece di unirsi tra loro, morivano per i loro capi.”

Intervistatore: “ma poi come finì?”

Gaia: “come era naturale che finisse. Producevano, consumavano, combattevano, si uccidevano, mi uccidevano. Quando tutto fu in mano a pochi, non ne ebbero ancora abbastanza. Bombe, guerre, fumi, inquinamento. Fino a che uno o più, di loro, spinsero un bottone. Perché volevano avere, avere, avere. E io non feci altro che far soffiare il vento. Le nubi portarono i loro veleni ovunque. Io attivai le stagioni, le maree, la siccità e poi gli uragani, il caldo torrido, il freddo glaciale. Quello che ho sempre fatto nei mie milioni di anni di vita. Questa volta non servì neppure un aiuto dall’esterno. Nessun meteorite mise fine a quello strazio. Ci pensarono da soli. Piccoli esseri stupidi.”

Intervistatore: “e ora che succede?”

Gaia: “io vivo bene, assieme ai miei insetti, qualche animale robusto, qualche pesce. E pensi che ne esistono ancora di quegli esseri, vivono nudi o vestiti di stracci nelle caverne, sono deformi, pochi e senza ricordo. Vivono nella loro immensa stupidità. E forse un giorno si evolveranno di nuovo, per poi ritornare ad essere le bestie stupide che sono sempre state. Produci, consuma e muori. Questo è il loro circolo vitale, adorano feticci, baciano i piedi ai potenti. No, speriamo che questa volta non si evolvano di nuovo.”

Intervistatore: “Grazie signora.”

Gaia: “di nulla caro. Io sono sempre qua. Loro no.”

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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