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«Di tutto quanto esiste è il mare, io credo, la gran meraviglia, o è soltanto la giovinezza? Chi può dirlo? Ma voialtri qui – tutti avete ricavato qualcosa dalla vita: denaro, amore (ogni volta che si scende a terra) – e, ditemi, non è stato quello il più bel tempo, quando eravamo giovani in mare, eravamo giovani e non avevamo nulla, salvo batoste e, a volte, l’occasione di provare la propria forza – non è questo soltanto che tutti rimpiangete?». Questo dice Marlow alla fine di Gioventù, romanzo breve di Joseph Conrad, che più di ogni altro scrittore ha saputo raccontare quel rapporto di formazione, sfida e sintonia unica che può legare le persone al mare, alla natura, agli elementi.

Vicino a Ferrara, in quell’ambiente straordinario che è il Delta del Po, un pezzettino di acqua, vento, forza e disciplina dà la possibilità a giovani uomini e giovani donne di provare la propria forza e di misurarla con quella della natura. Con rispetto e coraggio, umiltà e padronanza.

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Allievo del Centro nautico (foto Luca Pasqualini)

Questo posto è il Centro nautico del Lago delle Nazioni, uno dei tre centri italiani della Lega Navale, che è l’ente morale di cui sono emanazione diretta il centro delle Nazioni di Comacchio – a Ferrara –, quello di Taranto e quello di Sabaudia.

L’esperienza che possono fare ragazzi tra gli 11 e i 15 anni dura dodici giorni. E’ il tempo del corso, al termine del quale l’allievo ottiene un attestato di capacità tecnica per la conduzione di un’imbarcazione a vela e di una canoa. Dodici giorni durante i quali cominci prendendo confidenza con l’acqua, ti ritrovi prima al timone e poi a prua a manovrare le vele con l’istruttore e quindi ti vedi assegnare una barca da armare, ritirare in secca e disarmare. Al termine, davanti a familiari increduli, i ragazzini sono protagonisti del saggio non agonistico, che li vede impegnati a salire sulla propria barca, a fare bordi, virate, retromarce, prove di scuffiamento e poi di raddrizzamento del proprio mezzo.

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Giovane navigante (foto Luca Pasqualini)

Al quarantesimo anno di vita, il centro si rinnova un po’ e rilancia i valori nautici di sempre con un pizzico di attualità; come la pagina Facebook dedicata, dove seguire giorno per giorno progressi ed esperienze dei ragazzi. Lo racconta il nuovo direttore Marco Camirro. Che spiega: «La barca richiede la giusta concentrazione e preparazione. Bisogna imparare a sentire il vento, prendere confidenza con gli elementi senza mai dimenticare rispetto e attenzione, perché sennò scuffi. Questo fa parte dell’iniziazione alla disciplina; andare in barca vuole dire sapere valutare i propri limiti trovando di volta in volta il comportamento adeguato a ciò che l’ambiente circostante richiede». Una scuola di vela, insomma, che diventa scuola di vita. «La Lega navale – dice il neo direttore – è un ente pubblico morale, il cui obiettivo non è il profitto, ma la creazione di valori etici, che usano lo strumento della barca».

Lezioni di teoria si alternano alla pratica in acqua, il tempo libero è scandito dalle attività sportive con tornei di calcetto, ping pong e pallavolo. L’alloggio è all’interno delle tende, dove bisogna prendersi cura di ordine e quotidiane incombenze, perché la disciplina è la prima regola dell’aspirante navigatore. Un percorso di formazione che quest’estate si ripeterà cinque volte, nei cinque turni di vacanze sportive. Lunedì è partito il gruppo del terzo turno, che terminerà venerdì 18 luglio. Il turno successivo andrà dal 21 luglio al 1° agosto e l’ultimo dal 4 al 15 agosto con la conclusione che culminerà nella Festa ferragostana del lago.

Per diventare, così giovani, piccoli Naviganti come quelli della canzone di Ivano Fossati, «allenati alla corsa/allenati alla gara/e preparati a cadere/e a tutto quello che s’impara».
[ascolta il brano intonato]

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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