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E’ giugno e fa molto caldo. Il tasso di umidità è alle stelle e le mosche e le zanzare se lo godono. Alle mosche piace molto questa umidità che ristagna nell’aria e rende fosca l’alba.  Il cielo è opaco e, col suo torpore, rallenta il risveglio delle case e delle attività. E’ l’ambiente naturale degli insetti. Loro vivono qui da molto più tempo degli uomini.
Noi umani abbiamo potuto insediarci in queste terre dopo che furono bonificate (1200 d.c.) dai monaci Benedettini e trasformate in zone agricole molto fertili, anche se perennemente umide.

La scuola è quasi finita e io devo studiare per la maturità che inizierà fra due settimane. Ci aspettano sia lo scritto che l’orale di tutte le materie di quest’ultimo anno di superiori.  La commissione è composta da professori esterni alla scuola, nominati dal provveditorato. Della stessa commissione fa anche parte un professore della mia scuola, il “membro interno” che è il docente di latino. Un bravo professore anche se burbero e molto severo. Si chiama Silvio Buner.
Sa a memoria tutti gli orari dei traghetti che attraversano la Manica e tutti i nomi degli attori che animeranno i vari spettacoli in cartellone al teatro Vivarelli. Usa tutto questo suo sapere didascalico per far colpo sugli studenti e per spaventarli con la sua autorevolezza un po’ bacchettona. Buner è anche un tipo solitario, abita da solo, studia da solo e passeggia nei giardini di Vergania come se fosse un illuminista del ‘700.
Non ha moglie e non ha figli. Va a trovare una sua vecchia zia alla casa di riposo tutti i sabati e le porta un sacchetto di biscotti. Lo so, perché la mamma di una mia compagna di scuola lavora come infermiera in quella stessa casa di riposo e lo vede arrivare tutti i sabati alla stessa ora. Mi chiedo se non sappia a memoria tutti i nomi dei vecchi che vivono in quel posto, tutte le loro date di nascita. Lui è il nostro “protettore” agli esami, colui che deve lavorare perché i nostri voti siano buoni. Data la sua autorevolezza è una garanzia in questo senso, fatta eccezione per i ragazzi che lui considera “asini” perché invece di aiutarli, farà il contrario.

Una volta è arrivato a scuola con un segno sulla faccia che sembrava un morso. Ovviamente non ha detto a nessuno cosa gli fosse successo, ha raccontato all’insegnante di pedagogia di essere inciampato sulle scale. Il professore cammina dritto come un bastone e muove la testa come un periscopio, non ci sembra molto probabile che sia inciampato. Un mio compagno ha detto che deve aver litigato con una donna focosa, ovviamente abbiamo riso tutti e così facendo, abbiamo rischiato una punizione esemplare. Se ci avesse sentito ci avrebbe costretto a studiare a memoria tutto l’inferno di Dante, o qualcosa del genere. Cosa gli sia davvero successo è un mistero e intanto lui ha continuato a spiegare i verbi irregolari con quella macchia sulla faccia come se non fosse sua, come se avesse appicciato per sbaglio un pezzo di carta rossa sulla guancia. Un incidente colorato che non ha portato alcuna incrinatura nelle sue abituali modalità di comportarsi, che non ha scatenato nessun imbarazzo apparente.

Gli orali degli esami saranno divisi in due momenti di interrogazione: uno per le materie ad indirizzo letterario ed uno per quelle scientifiche. Praticamente due orali in successione che preoccupano un po’ tutti: il presidente della commissione perché deve controllare che proceda tutto per il meglio, gli insegnanti perché devono interrogare e giudicare, il membro interno che si sente in dovere di “difendere” il suo operato e quello dei suoi colleghi (trovando il modo di far parlare il più possibile i ragazzi in maniera coerente e colta), gli studenti che devono rispondere (almeno) sufficientemente, per non rischiare di buttare alle ortiche un intero anno di scuola.
E poi ci sono i genitori in apprensione, i nonni e gli zii tifosi, i fidanzati e le fidanzate esclusi temporaneamente dalla vita dei loro innamorati a causa di forza maggiore, i fratelli come il mio che vorrebbe giocare a scacchi ma devono aspettare. Il nostro cane Toti disturba mentre studio, ulula se ripeto ad alta voce e in maniera cantilenante il De Bello Gallico. Un cane a cui non piace il Latino è proprio il nostro, non ci sono dubbi.
Gli scritti inizieranno il 2 Luglio e sono italiano, latino, matematica e disegno. Penso che andrò ad assistere agli orali dei compagni di classe che saranno interrogati prima di me, così mi faccio un’idea di cosa chiedono i professori e di quali sono le loro preferenze. La lettera del cognome con cui iniziare la chiamata all’orale viene estratta a sorte. Ad esempio, se viene estratta la B i primi ad essere interrogati sono: Baroni, Berettini e Bollani mentre se viene estratta la G, io che mi chiamo Ghepardi sono la seconda, prima di me c’è solo Galimberti e per finire la “G” tocca a Gobbi. Gobbi è comunque contento, ne ha sicuramente almeno due prima di lui da ascoltare e correre ai ripari, per quel che potrà fare in un giorno. Se viene estratta la “I” io sono la penultima, se viene estratta la “F” sono la terza. Per me c’è una bella differenza tra l’estrazione della “I” e l’estrazione della “F”, un numero molto diverso di miei compagni da poter ascoltare.

Giuseppina si chiama di cognome Cavalcanti, quindi i nostri orali non saranno lo stesso giorno. Così io posso accompagnare lei quando è il suo turno e viceversa. Giusi ha assoldato sua nonna che deve pregare tutti i giorni perché esca la lettera “D”, così comincia gli orali D’Antoni e lei è l’ultima. Sua nonna non voleva pregare per una cosa del genere, ma quando ha visto sua nipote piangere si è impietosita ed è andata a comprare tante candeline quante sono i giorni che ci separano dagli orali. Se andiamo avanti così, esce davvero la “D” e io sono tra le prime. Ho provato a dire alla prozia Ciadin di pregare perchè uscisse la “I”, ma lei mi ha detto che non si prega per cose del genere, che la nonna di Giuseppina è matta e che, anche se dovesse uscire la “G”, me la caverei comunque benissimo. Così la situazione è impari, Giuseppina ha la nonna che prega per lei e io nessuno … mi hanno detto tutti che devo studiare e cercare di fare bella figura e che, se avrò studiato tanto, i Santi saranno contenti per me quanto lo saranno loro.

Umberto Del Re mi ha detto che a lui non importa che lettera esce, vuole solo cavarsela e prendersi il diploma, suo padre gli ha promesso che se è promosso gli compera il motorino e lui è molto affascinato da questa idea. Quel ragazzo mi piace molto. E’ bello, molto bravo in ginnastica e dipinge benissimo. Quando disegniamo alla lavagna, il professore lo mette sempre nella postazione migliore e, finita l’ora, cancella tutte le lavagne tranne la sua. Così i disegni di Umberto continuano a fare bella mostra di loro in un cimitero di lavagne nere. Gli altri professori, che ormai lo sanno, ogni tanto passano in aula di disegno a vedere cosa ha dipinto Del Re. Se lui disegna un tulipano, sembra un bel tulipano appena raccolto in un campo. Se io disegno un tulipano sembra un crisantemo o una margherita o un ranuncolo, non si capisce bene. In compenso Del Re non è bravissimo in matematica, credo che consideri quella materia noiosa, mentre io, in quella, sono particolarmente brava. Simili non siamo proprio, però a me piace lui perché ha gli occhi nocciola, è gentile, parla bene ed è, a modo suo, anche buffo. Mi ha detto che abita in un paese che si chiama Pontalba. Sono andata a vedere sulla cartina dove sia questo paese. E’ in provincia di Trescia a circa 40 km da qui. Non l’ho mai visto. Lo zio Erminio, che vende la stoffa e va in giro a fare i mercati, mi ha detto che lui va a Pontalba tutti i venerdì e che è un bel paese, pieno di vegetazione perché a Pontalba passa un fiume che si chiama Lungone.

Guardo il mio libro di Italiano aperto su “A Zacinto” di Foscolo. Questo autore sicuramente me lo chiederanno.
Né più mai toccherò le sacre sponde/ ove il mio corpo fanciulletto giacque/ Zacinto mia, che te specchi nell’onde/ del greco mar da cui vergine nacque/ Venere …”
Il componimento è dedicato all’isola del mar Ionio (Zacinto, più nota come Zante) dove Foscolo nacque, ed affronta il tema dell’esilio. Povero Foscolo che vita sofferta, l’esilio è una vera disgrazia.

Chiudo il libro e penso che berrò un bicchiere d’acqua poi andrò nell’orto a raccogliere qualche fragola, le lavo con l’acqua del pozzo e poi me le mangio. Le cose davvero belle della vita sono queste: l’acqua fresca, le fragole del mio orto, la mia mamma, mio fratello che vuole giocare a scacchi e non capisce che io devo studiare. Non posso certo dirgli che sono alle prese con un povero signor Foscolo che è finito in esilio e che ormai è morto da moltissimo tempo, non apprezzerebbe.

Chiudo il libro, è leggero, di carta quasi trasparente e un po’ ingiallita, l’ho comprato di seconda mano perché a casa mia non ci si può permettere di acquistare libri nuovi. Mi sorprendo a pensare che sia meglio così, che i componimenti di Foscolo stiano molto meglio in quel vecchio libro di carte usate e scurite dal tempo, piuttosto che in un anonimo libro nuovo con tanto di figure posticce e colorate in maniera discutibile. Anche i libri devono essere adatti a quello che ospitano. Un libro che racconta di vecchie storie è bellissimo usato, non ci sono stonature, tutto fluisce secondo un tempo già passato e immortalato così. I libri sono preziosi nella misura in cui è prezioso quello che contengono. I contenuti e la materia su cui si depositano formano un tutt’uno imprescindibile che arricchisce di senso ogni pagina, ogni momento di lettura. Quando qualcuno entra in quel mondo e in quella dimensione un po’ vecchia che sa un po’ di muffa, si regala una poesia eterna e senza arroganza. Senza artificio, così come è sempre stata.

Lascio il libro, mi avvio verso l’orto e le fragole. Chissà se a Umberto piacciono. Lui non è un libro e, per fortuna, non ha il fascino di ciò che è già stato e non tornerà.

N.d.A.
I protagonisti dei racconti hanno nomi di pura fantasia che non corrispondono a quelli delle persone che li hanno in parte ispirati. Anche i nomi dei luoghi sono il frutto della fantasia dell’autrice.

Per leggere tutti i racconti di Costanza Del Re è sufficiente cliccare il nome dell’autore.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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