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Per una bambina di un anno una rivista è un Ipad che non funziona [vedi]. Tra i 2 e i 4 anni: 4 bambini su 10 usano uno strumento touch screen per giocare o guardare video. I nuovi schemi mentali consentono di usare intuitivamente il medium senza pensare, hanno effetto sulla percezione del corpo e dello spazio, ad esempio la tastiera entra stabilmente negli schemi motori.
Ho riflettuto su questi temi nel corso di una conferenza organizzata da Daniela Cappagli nell’ambito del ciclo promosso da Istituto Gramsci e Istituto di storia contemporanea di Ferrara e rivolto agli insegnanti. Ragionare sui cambiamenti indotti dalle tecnologie sull’apprendimento significa assumere che le tecnologie non sono semplici strumenti, ma pratiche condivise che cambiano le abitudini e le opportunità per gli individui e che creano un nuovo ambiente. Per definizione un ambiente propone sfide di adattamento.
Il termine nativi digitali sottolinea la discontinuità nei modi di utilizzare le tecnologie delle generazioni cresciute al tempo di Internet. Non si tratta però di un concetto anagrafico, ma cognitivo ed esperienziale: è una questione di capacità. Le conseguenze delle tecnologie della comunicazione nella costruzione dell’identità e delle relazioni non sono interpretabili in termini di fuga verso il virtuale. Le reti divengono luoghi del quotidiano, segnati dalla condivisione di esperienze con un numero ampio e indefinito di persone. Si crea un nuovo spazio sociale in cui entrano anche persone mai incontrate dal vivo. Mentre si riducono le distanze relazionali, si crea un’identità fluida e flessibile, ma talvolta precaria e incerta. Cresce l’influenza dei legami deboli, vale a dire dei legami esterni alla famiglia e ai gruppi ristretti, ma le reti non sono egualitarie: non tutti i membri di una comunità usufruiscono gli stessi vantaggi dall’appartenenza ad una stessa rete. Si apre un nuovo contesto di informazioni, che ha aspetti positivi e negativi. Quelli positivi hanno a che fare con l’esplorazione (la rete dilata i contesti entro cui fare esperienza del mondo esterno. Ciò vale per la dimensione privata e individuale quanto per quella pubblica e sociale) e lo scambio di risorse attraverso le sharing practice.
Quelli negativi sono stati fin troppo richiamati. Rischi di superficialità, distrazione, imitazione, persuasione, solitudine, ansia. Più interessante la linea di analisi che sottolinea le trasformazione del funzionamento cerebrale, per effetto di un sovraccarico cognitivo e l’impossibilità di assimilare l’eccesso di informazione o per l’esternalizzazione di funzioni come la memoria.
Diverse ragioni rendono indispensabile che gli insegnanti si misurino con le sfide proposte dal nuovo ambiente del Web. Il Web è una palestra per imparare ad abitare i luoghi sempre più complessi del nostro quotidiano. Il web richiede competenze: competenze tecnologiche sempre più raffinate e competenze sociali per gestire i diversi contesti di relazioni in cui siamo coinvolti, governare gli spostamenti da uno all’altro e per renderli coerenti o almeno non dissonanti tra loro.
Si ampliano le opportunità di espressione creativa: la possibilità di realizzare progetti, di lavorare insieme, di pensare con le mani. Soprattutto, si ampliano gli ambienti di apprendimento informale, quelli più rilevanti per la nostra formazione.

Maura Franchi  è laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi e Social Media Marketing. Studia i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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