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Gli Azimut debuttano con “Resistenza”, il loro primo ep. Il titolo non vuole evocare la politica del passato o attuale, Quella degli Azimut è una resistenza interiore e individuale: uno sguardo sulla psiche dell’uomo osservata e tratteggiata in diversi modi.
Il gruppo si è formato nel 2014 grazie all’incontro tra il cantante e chitarrista Enrico Ferreri, il bassista Edoardo Sacchi, il chitarrista Michele Palmieri e il batterista Cristhian Ferrini. La loro musica è di matrice indie-rock con inevitabili contaminazioni pop, addolcite da melodie quasi elastiche. I testi adottano una tecnica di sintesi sottrattiva, un illusorio ermetismo da compensare con la sensibilità di chi li ascolta.

La copertina di Resistenza
La copertina di Resistenza

I cinque brani del disco tracciano un percorso introspettivo seguendo i testi di Ferreri, autore anche delle musiche con Palmieri. Le dinamiche del viaggio passano attraverso “Abbraccio vago”, il brano raccontato dal video di Lorenzo Debernardi, con la rappresentazione dei sette peccati capitali. La canzone invita ad andare oltre le apparenze, a non nascondersi dietro a una maschera o a un velo, sorretta da chitarre a 1000 volt!
“Sala d’attesa” è un gioco di parole che racconta la fine di un amore, cercando di dimenticare e perdonare errori e bugie. Le parole si perdono tra i suoni in movimento e la voce moderna e pressante di Enrico Ferreri.
“Questa canzone non ha niente da dire, ma urlare forte mi farà sentire”, recita il testo di “Medico”, che invita a mostrare i propri punti deboli medicandosi i dolori. Ritmo quasi monocorde, efficace nelle varianti, da seguire lasciandosi andare senza freni.
“Piccola Pausa” è un punto di riflessione necessario per far bollire l’agitazione, dilatando le vene, allo stesso modo di un fermo immagine, nel momento in cui la spinta del salto si è esaurita e non è ancora iniziata la discesa: “Il gesto è sempre lo stesso, la gravità, no, non ti avrà…”.

Gli Azimut
Gli Azimut

Il rock degli Azimut è orecchiabile e privo di inutili fronzoli, spinto dalla base ritmica di basso e batteria. Nelle loro canzoni il testo ha una parte di rilievo, una visione del mondo e dell’uomo per nulla scontata, con citazioni complicate ma rese semplici dalle sottotracce che devono essere individuate. Il brano “Resistenza” riassume questi concetti, in una contrapposizione di ruoli che cerca di comprendere diverse prospettive. La loro è quella di “resistere” e di fare musica!

Guarda il video ufficiale di “Abbraccio vago”

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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