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“Questa Europa, con tutti i suoi difetti, è riuscita a far passare 70 anni senza guerre al suo interno forse una parte di merito la si deve al progetto federalista”, questa frase è uno dei luoghi comuni più persistenti tra coloro che difendono a spada tratta l’Unione Europea, a tratti confusa con l’unione monetaria denominata ‘Eurozona’. Cioè, se usciamo dall’euro usciamo dall’Unione Europea e magari rischiamo, oltre alla catastrofe economica, anche qualche guerra.
In realtà, questo inno alla pace già così suona un po’ egoista visto che continuiamo, come europei, a proporre guerre un po’ dappertutto nel mondo. Anche Hollande ultimamente ha detto che siamo in guerra, certo non con un’altra nazione europea, ma con il terrorismo e quindi credo intendesse con la Libia, la Siria, l’Afghanistan, l’Iraq, il Mali e ovviamente, visto che con i sunniti facciamo affari d’oro, con gli sciiti iraniani e di Hezbollah. Poi ultimamente ci sono anche la Russia di Putin e l’Ucraina da considerare, comunque l’elenco non è esaustivo.

Però in Europa non ci sono guerre, incontestabile, nel senso che non abbiamo truppe francesi ai confini con la Germania o con l’Italia e l’Inghilterra non sembra intenzionata ad attaccare la Spagna o il Portogallo.
Ma ha un senso storico questa affermazione? Il secolo passato di sicuro ci ha sconvolto con due guerre mondiali scoppiate e combattute in Europa, la seconda, tra l’altro, causata dalla cattiva gestione dei trattati di pace della prima.
A quella guerra l’Inghilterra arrivava ancora da protagonista e con scampoli di impero alle spalle, la Germania di Hitler era diventata una superpotenza e iniziava la guerra con, per esempio, più di 4.000 aerei da combattimento. La Seconda Guerra Mondiale la lasciò distrutta e divisa tra le forze di occupazione fino al 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, la Francia fu conquistata e occupata con un anno di guerra e l’Inghilterra lasciò lo scampolo di impero e di egemonia mondiale agli Stati Uniti che insieme all’Unione Sovietica presero possesso, oltre che del mondo, anche dell’Europa.

L’Europa tutta risorse dalle sue ceneri grazie al piano Marshall degli americani, che fu concesso a patto che che quei soldi venissero spesi per progetti comuni, del resto come avrebbero potuto ricostruire il loro mercato e riavere indietro i prestiti erogati se quelle ceneri non si fossero tramutate in ricostruzione?
Quindi in un mondo oramai diviso tra USA e URSS e che da entrambe veniva controllato con truppe, carri armati, aerei e navi lasciati esattamente dove erano arrivati nel 1945 e sulle macerie nostrane (oggi ancora in gran parte presenti), quale guerra sarebbe stata possibile? L’Unione, la Comunità europea, fu iniziata con la CECA per soddisfare altre pretese e l’idea federalista ha seguito non anticipato queste tendenze, pur ovviamente nascendo prima cronologicamente. Se non ci fossero state di fondo le ragioni economiche e geopolitiche americane, non si sarebbe sviluppato nemmeno il resto.

Il luogo comune, la pretesa, che il progetto federalista sia alla base della presunta pace in Europa è oggi fuorviante perché si confonde, a mio giudizio, un’intenzione con il risultato. Noi popoli europei non siamo in guerra dal 1945, non considerando i Paesi dell’ex-Jugoslavia che forse non sono europei come l’Italia o la Francia, perché non avevamo la forza e nemmeno l’autonomia per farci la guerra. Se mai ci fosse stata una guerra sarebbe stata tra coloro che potevano permettersi da farla, ovvero Stati Uniti e Unione Sovietica e purtroppo sarebbe stata combattuta in primis sul suolo europeo ma chi poteva si è reso conto che non avrebbe avuto molto senso, per questo non c’è stata.
L’Europa ha subito la pace, non l’ha decisa grazie al progetto federalista che tra l’altro non si è mai attuato perché gli Stati sono sempre andati ognuno per conto suo. E poi, perché fare la guerra tra Paesi avanzati, moderni, tecnologici con i carri armati, le bombe, i mitra quando i paesi democratici si possono controllare con le borse, i derivati, la finanza? Oggi la guerra è un affare da terzo mondo, servono posti e popoli a cui destinare i prodotti delle industrie delle armi e per affermare interessi geopolitici. L’Europa è già stata conquistata, quindi una guerra in senso stretto, classico da queste parti non ha più senso e allora, per favore, troviamo altri meriti al ‘progetto federalista’.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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