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di Lorenzo Bissi

Ammettiamolo: tutti noi abbiamo almeno un parente che è andato altrove, negli States, a rincorrere l’American dream, “perché -diceva- qui non mi sentivo realizzato”.
E se non sono i cugini, sicuramente conosciamo qualcuno che ha vissuto o vive là, grazie ai quali abbiamo potuto imparare molto sul loro modo di fare politica (che forse non è poi così lontano dal nostro…)
Justin Trudeau, attuale primo ministro canadese, ha vinto le elezioni nel 2015, dopo 13 anni di governo del conservatore Stephen Harper, presentandosi da Sinistra come un ottimista innovatore ma anche rottamatore: aveva fra le sue principali intenzioni quella di dare una svolta alla politica tradizionale in Canada, in modo da dare un’identità più forte al Paese, che fino a quel momento aveva dipeso da qualche altra potenza.
Ma dietro alla faccia di questa nuova Sinistra così politicamente corretta che alla parola “cambiamento” attribuisce anche il significato di “miglioramento”, le posizioni che adotta in merito alla tematica dell’ambiente, dei lavoratori, e della politica estera non sono poi così democratiche e di certo non mirano a tutelare quella base elettorale su cui la sinistra ha sempre contato (lavoratori, piccola- media borghesia, minoranze etniche).
Jordy Cummings, attivista e critico canadese lo definisce una “Ted conference vivente”, e sottolinea come la sua immagine di premier muscoloso e piacente, e primo ministro dei selfie stia ormai spopolando in tutto il mondo. Per ora però non ha ancora fatto irrimediabili torti a nessuno, quindi gode ancora di un buon consenso.
Viste le doti da rottamatori, uomini della nuova Sinistra, bravi oratori e soprattutto assi dell’autoscatto, sembra che Justin Trudeau e Matteo Renzi possano avere qualche gene in comune. E pensare che condividono anche lo steso incarico non può che confermare questa tesi.
Basti spostarsi poco più a sud geograficamente, ed ecco che ci troviamo negli U.S.A., dove l’otto novembre il popolo ha scelto come suo presidente Donald Trump.
The Donald non ha niente in comune con Trudeau, né con Renzi: nonostante sia il leader del partito Repubblicano, non ha niente a che vedere con la politica tradizionale, ma si pone davanti ai suoi elettori prima come cittadino, poi come politico. Nella sua campagna elettorale si è presentato fiero dei suoi successi, un self-made man, la prova in carne ed ossa che chiunque ce la può fare a diventare ricco e possedere ciò che vuole se solo si applica e dedica la sua vita al duro lavoro. Che poi abbia avuto migliaia di flirt con belle donne, forse è una conseguenza dei fattori elencati prima, visto che la bellezza non è la sua dote principale, soprattutto non è il suo ciuffo a colpire…
Dunque come, davanti a tutti questi elementi, non ci si può richiamare a Silvio Berlusconi?
Se non sono parenti, sicuramente sono ottimi amici!
Ma non dimentichiamoci che siamo al di qua dell’oceano: e mentre Renzi vorrebbe essere percepito meglio dall’opinione pubblica e dalla gente, proprio come il suo “cugino” Justin; durante i suoi mandati da primo ministro, Berlusconi avrebbe di certo desiderato avere un Presidente della Repubblica come Donald Trump.

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Redazione di Periscopio


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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