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Il capodanno dell'”altra”

Cara Riccarda, caro Nickame,
un capodanno diverso: sono diventata l’amante di un uomo sposato e con un figlio piccolo. Ho cercato di fare finta di niente e non pensarci il più possibile ma poi il 31 dicembre è arrivato e io mi sono trovata da sola. Il messaggio di auguri di mezzanotte e un minuto non è servito a niente. Non è bastato. Lui me lo aveva detto che non sarebbe stato con me, è ovvio. Ma finché non ci ho sbattuto contro, non ho capito quanto male faccia.
Buon anno.
Fa

Cara Fa,
se scegli di fare l’amante di un uomo sposato, non puoi cedere alle convenzioni. La parola capodanno non la devi neanche pronunciare, ma nemmeno Natale e forse neanche compleanno, a meno che, casualmente, lui non sia libero proprio quel giorno lì.
Per assumersi certi ruoli, ci vuole fisico, altrimenti è meglio lasciare perdere. È molto facile raccontarsela finché il capodanno è lontano, il problema è quando il 31 dicembre ti ricorda che è tutto vero. E lui, avendotelo detto in anticipo, si è alleggerito, ha tagliato discussioni e pretese sin dall’inizio. Ti ha messo dalla parte di chi non può chiedere. Non è mai una categoria felice e soddisfatta.
Hai davanti 11 mesi per organizzarti un meraviglioso capodanno che non comporti rinunce.
Riccarda

Cara Fa,
la prossima volta studiala prima. Organizza una serata speciale con lui nel giorno del capodanno cinese. A meno che lui non sia cinese, naturalmente.
Nick

Salto della cavallina, salto della quaglia… no, salto del capodanno!

Cara Riccarda, caro Nickname,
anch’io sono passato direttamente al 2, ma con leggerezza e non per ripiego.
Ale

Caro Ale,
con leggerezza, ti invidio. Ma ci vuole allenamento.
Riccarda

Caro Ale,
credo tu sia una marmotta, o un ghiro. Oppure sei un alieno. In ogni caso, buon per te.
Nick

La felicità a capodanno? Essere buddisti!

Cara Riccarda, caro Nickname,
leggendo l’articolo, ho incominciato a pensare su come sono stati i miei capodanni in passato. Devo premettere che ho 56 anni. E questo fa la differenza.
Da piccola ascoltavo i ragazzi più grandi, che il giorno dopo facevano a gara a chi era andato a letto più tardi. Poi è toccato a me. In quei tempi, l’ultimo dell’anno, era un’occasione per stare fuori di più la notte. Che frenesia! Tutto doveva essere eccezionale. Poi quando rientravo a casa, mi rendevo conto che non era stato poi tutto questo eccezionale.
I miei ultimi dell’anno più belli sono stati da sposata, con i figli. Mi piaceva organizzare tra noi genitori e vedere le facce felici dei figli emozionati perché sapevano che per quella serata sarebbero stati tutti insieme fino a notte inoltrata. E così gioivo della loro gioia.
Poi i figli sono cresciuti e ovviamente e giustamente hanno incominciato a festeggiare per conto loro.
Ho incominciato a riflettere su queste ricorrenze. Penso che siano giorni che fanno sentire più solo chi è solo, più povero chi è povero, più sfigato chi si sente sfigato. Allora forse invece di ascoltare tutto il rumore che c’è fuori, di guardare tutte le luci, di farsi coinvolgere da tutto il frastuono come in un vortice, ci si dovrebbe fermare un attimo. E fare silenzio. Rientrare dentro, dentro se stessi. E ci si dovrebbe chiedere: ma io cosa voglio veramente fare? Con chi voglio veramente stare? Cosa mi interessa veramente? Cosa dirò quando mi chiederanno: allora cosa fai l’ultimo dell’anno? Mica ci posso fare la figura dello sfigato. Allora ti ci vuoi buttare ancora nella mischia, e rischiare di tornare a casa, con quella sensazione di vuoto, quella sensazione di avere investito tanto. Per poi sentire che non ne è valsa la pena? Che eri là in mezzo alla gente, ma guardavi tutto come in un film e ti sei chiesto? Ma che ci faccio qua?
Credo che essere veramente grandi, essere veramente fieri, significa fregarsene. Significa avere creato dentro di sé quella libertà, quella indipendenza del cuore, che se ne frega di quello che gli altri possano pensare se alla domanda rispondi: sono stata a casa, ho fatto una bella cena di pesce con mio marito, ci siamo guardati un bel film a mezzanotte abbiamo brindato, abbiamo tranquillizzato i nostri cani impauriti dai botti, e poi siamo andati felici e contenti a letto. Il bello è venuto il giorno dopo, siccome sono buddista, e per i buddisti il primo dell’anno è un giorno importante, a casa mia ho avuto la fortuna di accogliere 41 persone, abbiamo parlato di vita, di amore di compassione. E mi son sentita veramente felice.
Buon anno a tutti.
S.

Cara S.,
ti rispondiamo insieme perché sei un po’ la sintesi e l’aspirazione di tutti e due. Noi non abbiamo cani da tranquillizzare, peggio: abbiamo una vocina interiore che ci disturba soprattutto quando va tutto bene. Il trionfo è durante le feste quando la vocina si fa supponente e più fastidiosa che mai. Un tempo arrivava a parlare al posto nostro, ora ci siamo fatti accorti, le diamo uno spazio, la lasciamo sfogare e poi la richiudiamo in quell’angolo dove mettiamo i pensieri scomodi che devono avere un tempo limitato, un’importanza relativa. Fino al prossimo capodanno.
Riccarda e Nick

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
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