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Quanto dura un rapporto senza dovere ricorrere alle cure palliative? E la persona giusta è un’intuizione immediata o una valutazione finale? Riccarda e Nickname dialogano A due piazze sulla fatalità di chi ti piove addosso e sugli spazi in cui farsi un po’ di posto.

N: È possibile una relazione affettiva che duri, francamente, per sempre? (“francamente” significa senza troppa ipocrisia, senza troppa finzione e con molto trasporto, altrimenti è troppo facile: durano tutte, se ci metti molta ipocrisia e finzione).
Secondo Nickname, tendenzialmente no. Secondo la mia interlocutrice, tendenzialmente sì.
È il “tendenzialmente” a fare la differenza (e pensare che dichiaro di detestare gli avverbi…). Secondo Nickname (trovavo ridicolo chi parlava di sé in terza persona), puoi lavorare finché vuoi sul rapporto, ma se la persona non è quella, lavorarci sopra è come una cura palliativa: migliora la situazione, ma non la risolve.
Secondo la mia interlocutrice, se lavori bene sul rapporto lo capisci, prima o poi, se quella è la persona giusta per te. Quindi dipende solo da te (da voi), da quanta energia e cura ci metti. La persona giusta per te esiste, difficile non beccarla (interlocutrice). La persona giusta per te esiste, difficile beccarla (Nickname).

R: A parte che parlare in terza persona lo faceva Giulio Cesare oppure lo fanno i bambini, capisco che “tendenzialmente” tu, Nickname, non ami la strategia delle cure palliative: pazienza, tempo, fiducia e coraggio di non pensare che sia così difficile beccare quella persona giusta. Pochi giorni fa, una mia amica mi ha detto che l’uomo giusto le è cascato addosso, all’improvviso, fatalmente, insomma l’ha beccato. Senza cercarlo. La mia amica non si chiede, ora, se sarà per sempre, ma “francamente” se ogni giorno sia l’incastro giusto. Per tanto tempo le ho sentito definire “faticoso” il suo vivere sfasato rispetto a un uomo del tutto disallineato.
Non credi che, allora, la proiezione temporale del “per sempre” abbia bisogno solo di una libera semplicità nel fare girare le cose?

N: Eccome se lo penso. Ma più lo penso, più quel “per sempre” finisce per assomigliare ad un “per ora”. I conti si fanno alla fine: se, alla fine, quella somma di momenti scelti e non subiti insieme, di “per ora”, ha dato come risultato un “per sempre”, vuol dire che quella era la persona giusta. Talvolta, ridurre la filosofia ad aritmetica mi alleggerisce l’animo.

R: Tu, ti conosco, non hai l’animo leggero e alla matematica hai sempre preferito gli orizzonti larghi della filosofia. Ma in amore non vale mai ciò che abbiamo amato, fatto, preferito. Un amico, che ha il coraggio di scrivere “ora voglio davvero solo lei”, dice di essersi stancato delle mezze persone. E allora credo che la persona giusta sia quella intera, con le sue parti mancanti, le sue cavità, i suoi spazi liberi in cui ti chiama facendoti posto.

Cosa ne pensate del “per sempre”? E la persona giusta la possiamo valutare solo alla fine?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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