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Nickname ama scrivere, sostiene che in coppia la parola scritta sia il mezzo per la confidenza, la verità, la confessione. Riccarda, invece, vuole un uomo che non scriva niente.
A due piazze, dialogo mensile fra Riccarda e Nickname.

N: Gli amanti devono imparare a scriversi. Al netto degli equivoci insiti nella messaggistica, scrivendo ho rivelato cose che non avrei detto in faccia. Cose molto dirette, personali. Vere. Come quando si scrive una lettera: si vogliono comunicare cose confidenziali, altrimenti non si scriverebbe una lettera. Forse allora il problema non è scrivere, ma è scrivere bene, essere accurati, attenti, precisi. Scriviamo male, mentre facciamo altre cose, e poi ci lamentiamo degli equivoci, delle incomprensioni. Impariamo a scrivere.

R: Tu sai bene quanto certe donne amino credere e immergersi in quei caratteri scritti, scambiandoli per qualcosa di vero. Ricordo cartelle di messaggi in cui volevo vedere ciò che la realtà poi smontava continuamente. Più la prosa è magnifica e più penso si debba fare attenzione: un messaggio scritto ‘bene’ può contenere a tal punto compiacimento da diventare un semplice esercizio retorico. Vuoto, inutile, da cancellare immediatamente. Ed è questo che genera l’equivoco fra l’estetica del messaggio e la sua mancata concretezza.

N: Non parlavo di virtuosismi fasulli della parola. Di gente che ti frega con le parole ce n’è in giro, ma ce n’è che ti frega anche con la postura, il non verbale, l’arte retorica vuota di franchezza. I tribunali ne sono pieni, ne sono piene le piazze, gli studi televisivi. Dico altro. Dico che una buona prosa, accurata, precisa, può essere più vera di una conversazione fisica. Riscopriamo la forma epistolare, anche se non usiamo la carta.

R: Voglio un uomo che non scriva niente, soprattutto niente di inebriante, ma capisca tutto e mi faccia le domande giuste quando sono lì di fronte, bevo il caffè e non so dove guardare. Le parole scritte sono troppo fisse, non mi permettono di reagire subito e io ho bisogno di rispondere, contraddirmi, palleggiare il discorso e farlo finire da un’altra parte. Le lettere che ho ricevuto le ho tenute per anni come reliquie, ma nel frattempo la vita era andata avanti e a cosa mi serviva conservarle se non per narcisismo? Ho scritto anch’io lettere, spero siano andate perse o si siano bruciate per autocombustione perché io non sono più quella, anche se lo sono stata.
‘Vediamoci, devo dirti un sacco di cose’ è diventato il mio messaggio scritto preferito.

E voi? Affidate, come Nickname, alle lettere la vostra parte migliore o parlate rischiando l’imbarazzo, ma anche di cogliere i segnali dell’altro?

Scrivete a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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