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La serie di Candy Candy e l’archetipo della crocerossina. Scrivono a I dialoghi della vagina le bambine degli anni ottanta.

Prevenire è meglio che curare

Cara Riccarda,
impossibile liberarsi di Candy Candy, quasi l’unica forma di educazione sentimentale per le bambine degli anni ottanta. Ci ha puntellato in testa che noi donne dobbiamo avere l’istinto della cura. E, chiaramente, quante fregature sono venute di conseguenza!
M.

Cara M.,
è stata una iattura e la mia amica B. non vuole convincersene. B. si giustifica dicendo che però c’era il valore dell’amicizia e dei buoni sentimenti. Ma quali buoni sentimenti, Candy viveva fra le serpi e l’invidia degli altri, marginalizzata, incompresa e, soprattutto, con l’istinto della cura. Sempre.
Ma un po’ di sano egoismo per l’autotutela non possiamo praticarlo? Candy rappresentava l’opposto. Ciò che più mi ricordo di lei, è l’inafferrabilità della gioia, la brutta sorpresa sempre in agguato e il senso di ingiustizia. Mi angosciava, eppure la guardavo lo stesso. A pensarci, qualcosa di simile l’ho replicato anche da grande.
Riccarda

Da Candy alle Winx… passando per Padre Ralph

Cara Riccarda,
non so dirti quante volte, da bambina, ho guardato la serie di Candy Candy. Mi piazzavo a mezzo metro dalla tv per seguire le sventure della mia eroina. Davanti a quelle immagini di sofferenza e a quella musica malinconica, capivo che c’era qualcosa di affascinante nel destino dell’orfanella, lei era un passo più avanti rispetto a me perché aveva vissuto davvero. Non so quanto mi sia rimasto del suo spirito di crocerossina, trovavo più interessante le vicende d’amore col bellissimo Terence che poi speravo di sognare. Da adolescente spesso sognavo a occhi aperti e speravo di incontrare un ragazzo che assomigliasse a un idolo della tv, cosa che non è successa mai.
Poi sono cresciuta, oggi ho due figli che hanno vissuto l’epoca dell’esibizione dei corpi delle Winx e un mondo parallelo dove tutto è possibile. Sarebbe bello dire ai figli facciamo un disegno o impastiamo una torta, ma bisognerebbe essere mamme Wonder Woman. I figli davanti alla tv o allo smartphone, se vogliamo riuscire a preparare la cena o altro, ci sono e ci saranno sempre . Magari, con un genitore che spieghi loro che la realtà è tutta un’altra cosa.
Elena

Cara Elena,
se all’epoca, qualcuno mi avesse detto che si possono anche fare scelte diverse, cioè un po’ più felici, e che le cose possono andare meglio, avrei guardato Candy con maggiore serenità, ma forse meno interesse.
Quanto alla più rassicurante Uccelli di rovo, ricordo ancora che fu lì che chiesi a mia madre come si fanno i bambini. “Così”, mi rispose lei, indicando lo schermo e dandomi da leggere l’ultimo volume dei Quindici.
Riccarda

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

  • La rubrica I dialoghi della vagina riprenderà venerdì 11 gennaio 2019.
    Auguriamo serene festività a tutti i lettori.
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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
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